Taixuanjing

Tai Xuan Jing significa Canone del Mistero Supremo. È una guida per la divinazione composta dallo scrittore confuciano Xang Xiong, tra il primo secolo avanti Cristo e il primo dopo Cristo.

Cosa c’entra tutto ciò con un blog tipografico? In teoria nulla se non fosse che il sistema utilizza alcuni simboli particolari, che sono stati inseriti nello standard Unicode. Sono 96 e si trovano tra U+1d300 e u+1d25f.

Si basano su tre monogrammi: una linea continua, una linea divisa in due, una linea divisa in tre. I quali vanno combinati tra di loro in vari modi, a gruppi di due o di quattro.

L’opera è completamente sconosciuta in Italia, visto che su Wikipedia non c’è una voce apposita. In inglese c’è un articolo dedicato, ma anche qui manca qualunque informazione sui principi su cui si basa questo sistema. Solo altre cinque edizioni dell’enciclopedia si occupano dell’argomento.

L’ispirazone deriva dall’I-ching, che è molto più famoso,  e di cui si conosce il funzionamento nel dettaglio

Nell’I-ching ogni linea può essere intera o divisa in due. Varie linee vengono combinate assieme a gruppi di 6, ottenendo tutte le 64 combinazioni possibili.

Ai glifi è stato assegnato un blocco tra U+4dc0 e U+4dff. Si chiamano esagrammi.

Wikipedia ne parla in italiano in un articolo intitolato “Il libro dei mutamenti”.

Sul mio computer ho trovato i simboli dei Taixuanjing casualmente, all’interno del font Segoe Ui Symbol. Li avevo inizialmente scambiati per quelli dell’I-ching, ma poi ho notato che sono tetragrammi anziché esagrammi, e che alcune linee sono divise in tre anziché in due.

Ai tempi della tipografia basata sui caratteri in metallo, ogni lettera dell’alfabeto era realizzata in rilievo su un blocchetto in lega a base di piombo, disponibile in un gran numero di esemplari a seconda delle esigenze. Ad ogni acquirente venivano forniti soltanto i caratteri di cui aveva bisogno. Un tipografo che doveva impaginare soltanto testi in italiano aveva bisogno solo delle lettere latine di base e di alcune vocali accentate. Se doveva stampare un testo in greco doveva acquistare una cassa di caratteri greci. Per un testo in cirillico doveva acquistare una cassa di caratterici cirillici. Per un testo in arabo, doveva spendere altri soldi, e riservare spazio nel laboratorio per conservare la cassa piena di caratteri in piombo. A nessuno venivano forniti migliaia di ideogrammi cinesi se non ne aveva bisogno.

Ma al giorno d’oggi le memorie dei computer sono così vaste e i font occupano così poco spazio che non danno nessun fastidio. Così i dispositivi informatici vengono predisposti per visualizzare scritte in qualunque lingua, perché può capitare che un utente cerchi su Wikipedia informazioni su Tokyo o Gerusalemme e abbia bisogno di visualizzare il nome originale della città nei caratteri locali. I fornitori di software tendono ad includere nei loro font tutti i glifi esistenti senza costi aggiuntivi, col risultato che ogni utente si ritrova installati dei simboli che mai e poi mai userà. Sia perché non ne vede l’esigenza, sia perché ne ignora l’esistenza.

Il Taixuanjing è particolarmente laborioso perché per ogni linea esistono tre possibilità anziché due come nell’I-ching, dove si può semplicemente tirare una monetina per ottenere la base della divinazione.

Il sito di Russell Cottrell suggerisce, in inglese, un metodo basato su quattro monetine per ottenere ciascuna linea. Ma per il significato delle varie combinazioni rimanda a siti scomparsi o libri in vendita su Amazon.

In vetta ai risultati forniti da Google non c’è assolutamente niente che riguardi questo metodo. L’unica cosa che si riesce a sapere è che ognuno dei tetragrammi ha un nome ben preciso (Centro, Circolo, Barriera, Contrarietà, Opposizione, Divergenza, Attesa...) fissato da Unicode.

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