Frontespizi antichi
Martedì scorso il sito della Folger Shakespeare Library ha pubblicato un post sul suo blog in cui c’erano anche le foto di alcuni frontespizi di libri antichi.
Uno è la “Brevissima institutio, seu ratio grammatices cognoscendae, ad omnium puerorum utilitatem praescripta: quam solam regia maiestatis in omnibus scholis profitendam praecipit.”, datata 1557.
Il titolo è lunghissimo, come si usava all’epoca, suddiviso su varie righe usando font diversi e andando a capo a metà parola.
La parola “brevissima” è scritta in piccolo in alto, tutta in maiuscolo. “Institutio, seu ra-” è scritto in grande, usando le lettere minuscole, serif ovviamente visto che per alcuni secoli i caratteri senza grazie non sarebbero stati inventati. La s è nella versione lunga, che è come una f a cui manca la parte destra del trattino orizzontale. Qui vediamo anche la legatura tra s lunga e t nella parola “institutio”. Il puntino sulla i è piccolo e distante dall’asta verticale. La t ha pressoché la stessa altezza della parte centrale delle minuscole. C’è uno spazio sia prima che dopo la virgola. All’epoca era usuale mandare a capo le parole del titolo, anche quelle importanti, incuranti del fatto che nella riga successiva si sarebbe continuato con un font diverso.
Tutte le righe successive sono di sole maiuscole, normalmente romane, ma in un caso italiche, con svolazzi sulle lettere Q, R, A.
Scrivendo in maiuscolo, al posto della U viene sempre usata la V.
Le righe sono disposte in modo da essere in dimensione decrescente, ma soprattutto di lunghezza decrescente.
Tra una lettera e l’altra c’è uno spazio maggiore rispetto a quello che ci si aspetterebbe.
Nell’ultima riga troviamo anche due stelline, all’inizio e alla fine, ben distanziate.
Il titolo si conclude con un punto.
Sotto troviamo dei simboli decorativi combinati in maniera simmetrica: un asterisco, un segno calligrafico, un asterisco, un segno calligrafico e un asterisco.
A centro pagina c’è un’illustrazione che dovrebbe essere il logo dello stampatore: si vede un personaggio alle prese con una pressa da stampa, mentre a destra c’è il compositore al lavoro e a sinistra l’inchiostratore.
Dentro l’illustrazione c’è scritto “Ascensianum” mentre lungo i lati sinistro superiore e destro corrono le parole, all-caps, “In sudore vultus tui vesceris pane.” di nuovo con punto finale.
Sotto il lato inferiore c’è scritto “Cum privilegio.”
Infine c’è la data scritta in caratteri romani, con una specie di interpunctus e parecchio spazio tra un elemento e l’altro: “M. D. LVII.”.
Il punto non sta sulla linea di base, ma leggermente rialzato, pur senza arrivare a metà dell’altezza delle maiuscole.
Sulla pagina e soprattutto sulla pagina a fianco sono state aggiunte scritte a mano nella calligrafia dell’epoca, che ci permettono di vedere la particolare forma delle lettere. Sulla pagina di sinistra notiamo una d con un ingombrante tratto obliquo ascendente, mentre sulla pagina di destra c’è una d che forma un occhiello in senso antiorario, evidentemente di epoca successiva.
Più giù nel post troviamo il frontespizio di un libro intitolato “An apologie for Poetrie. ”, stampato a Londra nel 1595.
Prima riga in maiuscole italiche con svolazzi, la parola “Apologie” scritta in maiuscolo e in grande, “for Poetrie.” in minuscolo, con punto finale.
Seguono tre righe per specificare l’autore: “Written by the right noble vertu- / ous , and learned , sir Philip / Sidney, Knight.”, dove la seconda e la terza sono scritte in corsivo, ad esclusione di nome e cognome.
Poi viene il motto, in corsivo, “Odi profanum vulgus,et arceo.”, senza spazi attorno alla virgola. C’è una riga nera e un rettangolo decorativo che di questi tempi, distrattamente mi sembrava un Qr Code. Altra riga orizzontale.
Infine note sull’editore: “At London,”, scritto in maiuscolo, “Printed for Henry Olney, and are to be sold at / his shop in Paules Church-yard, at the signe / of the George, neere to Cheap-gate. / Anno 1595.”
Qui viene usata la s lunga tranne in finale di parola. Nome dello stampatore e anno sono in corsivo. L’anno è in numeri arabi, ossia quelli che usiamo anche noi, minuscoli (il 5 e il 9 scendono sotto la linea di base). Sono molto inclinati a destra.
Il post contiene anche alcune pagine interne di un libro di grammatica cinquecentesco, in inglese.
Qui notiamo che il testo è tutto scritto in caratteri gotici. Il capolettera di ogni capitolo è di altezza doppia rispetto alle maiuscole normali, e occupa una riga e un quarto. Nella paina di destra, dopo ogni a-capo, la riga successiva si apre con il segno del paragrafo, una specie di C. In quella di sinistra viene semplicemente indentata la prima riga, senza aggiunta di simboli particolari.
I titoli delle sezioni e le intestazioni non sono in blackletter ma in lettere romane, all-caps e spaziate.
Nessuna illustrazione. Testo giustificato.
A guardare meglio il testo ci si rende conto di una cosa: che non è omogeneo: quando si passa dall’inglese al latino, si cambia font. Le parole latine sono scritte in stile romano, mentre la loro traduzione è scritta in italico.
Insomma, in una sola pagina vediamo tutti e tre gli stili che esistevano all’epoca: gotico, romano e italico.
Molto interessante.
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