Tani

La scrittura Tani è stata inventata nel 2001 da un certo Tony Koyu per trascrivere un gruppo di lingue sino-tibetane parlate nella regione indiana dell’Arunachal Pradesh.

Si basa su un alfabeto completamente nuovo, in cui alcune lettere ricordano quelle bengali. La direzione di scrittura è da sinistra a destra.

Non credo sia usato dalla popolazione. Piuttosto potrebbe essere usato dagli studiosi che vogliono conservare le tradizioni di alcune tribù che non hanno un alfabeto per trascrivere ciò che viene tramandato oralmente usando vari dialetti.

Omniglot mostra una tabella con tutte le lettere, in una versione italica inclinata verso destra, e poi ci aggiunge un testo di esempio, in cui invece i glifi hanno l’asse verticale e parecchi tratti rettilinei anziché curvi.

I font usati in entrambi i casi sono abbastanza rudimentali. Alcuni lettere hanno i tratti più spessi di altre e il risultato è un testo che non ha una unica tonalità uniforme, guardandolo nel complesso.

Nelle scritture normalmente in uso parecchi disegnatori hanno lavorato per decenni o secoli per rifinire tutti i dettagli e le più piccole sfumature. In questo caso evidentemente non ci si è sforzati più di tanto.

Esiste una proposta per assegnare codici Unicode a queste lettere, che non penso sia stata accettata.

In effetti mi pare che i motori di ricerca non restituiscano nessun font contenente questi glifi, magari sfruttando l’area di uso privato.

E senza font è anche più difficile che gli studiosi locali inizino ad utilizzarlo.

Il sito India Typing non prende minimamente in considerazione questa scrittura nel suo strumento per la traslitterazione delle lingue indiane.

Inserendo un testo all’interno di una casella, il sito lo traslittera automaticamente in un’altra delle lingue indiane, a scelta.

Le lingue supportate sono Devanagari Hindi, Bengali, Oriya, Punjabi, Gujarati, Kannada, Telugu, Malayalam, Tamil, Sinhala e Tibetano.

La spiegazione del funzionamento della pagina è in inglese, ma lo strumento non supporta l’alfabeto latino. Questo significa che se volessimo traslitterare una parola, ad esempio il nostro nome, in una delle lingue indiane, il sito non ci sarebbe di nessun aiuto.

Normalmente le scritture locali servono per trascrivere parole nella lingua locale. Se voglio scrivere la parola “stampa” in caratteri devanagari, prima la devo tradurre nella lingua locale. Tuttavia a volte non si può effettuare nessuna traduzione. È il caso dei nomi propri, che vanno traslitterati così come sono, magari adattando dei suoni che non esistono nella lingua locale usando i caratteri disponibili.

Wikipedia permette di passare facilmente da una lingua all’altra. Quindi ci si può fare rapidamente un’idea di come funziona il tutto. Qui ad esempio troviamo il nome di Cristoforo Colombo trascritto coi caratteri che si usano per la lingua hindi.

Sul web si trovano anche gruppi di appassionati che hanno elaborato dei sistemi per traslitterare le parole della propria lingua usando i caratteri di una lingua straniera. Ad esempio si può scrivere in italiano usando lettere arabe, ebraiche o cirilliche.

Tuttavia non esistono strumenti universali che effettuano la traslitterazione in automatico, anche perché alla stessa lettera latina possono corrispondere suoni diversi, da una lingua all’altra ma anche nella stessa lingua.

L’unico settore in cui mi è capitato di vedere che sono stati raggiunti risultati avanzati in questo campo è quello collegato con le tengwar, le lettere inventate dallo scrittore Tolkien per trascrivere le lingue dei popoli immaginari che compaiono nei suoi romanzi.

Il sito Tecendil contiene parecchie impostazioni per traslitterare qualunque parola in quella forma di scrittura, tenendo conto della lingua di partenza. Più passa il tempo e più vengono aggiunte nuove funzioni.

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