Cartelli stazioni ferroviarie
Sul sito Stagni Web è possibile vedere una carrellata di alcuni cartelli ferroviari coi nomi delle stazioni risalenti ad epoche differenti e ancora esistenti.
A quanto dice il sito, i cartelli più antichi erano in nero su fondo bianco, in lamiera smaltata. Altri avevano le lettere nere applicate sullo sfondo bianco.
In alcuni casi venivano realizzate iscrizioni sulla parete in lettere separate. Vediamo lettere slab, un serif rétro e sottile, un sans serif in cui la G ha il baricentro basso e la R la gamba che scende giù verticale (caratteristiche difficilissime da trovare negli attuali font digitali).
Negli anni Settanta i cartelli erano neri con scritte in bianco.
Ne vengono fotografati due in cui la S ha una forma caratteristica, mentre la O è stretta.
A partire dagli anni Ottanta i cartelli sono blu con scritte in grigio chiaro.
Negli anni Novanta vengono scritti in corsivo, sempre in maiuscolo.
Gli ultimi sono quelli attuali, dove per la prima volta vediamo le lettere minuscole accanto alle maiuscole iniziali.
“Trovare dei font che riproducano esattamante i cartelli FS non è molto facile, a parte i più moderni che utilizzano font commerciali. Però per i tradizionali cartelli neri FS ho trovato tre font di Windows che più o meno vi rassomigliano abbastanza”, dice il sito.
Che allega (ahi!) uno zip coi font in questione: Agency FB Regular e Bold, Alternate Gothic No.2 BT, e Folio Bold Condensed BT.
Quest’ultimo ha una R con gamba verticale, mentre la G ha il trattino centrale molto alto e ha anche lo sperone.
Mi viene in mente il
Bahnschrift Condensed Bold, pure in dotazione col software Microsoft più recente, dove la R ha la gamba obliqua, la C è arrotondata
sopra e sotto, e la l curva nella parte bassa (ma tanto le minuscole
non compaiono).
Il file compresso contiene anche una pagina in formato .doc con un esempio di un cartello impaginato nei tre font in questione, che però non può essere visualizzata correttamente senza prima avere installato i font allegati.
I font sono porzioni di software e in quanto tali sono tutelati dalle leggi sul copyright. Il fatto che uno se li trova installati sul proprio computer può fargli credere che ne è il proprietario e può farne ciò che vuole. In realtà sono parte del sistema operativo o di un’applicazione ben precisa e non possono essere copiati e ceduti a chi ha software diversi.
Faccio un giro su Google Fonts, dove c’è una vasta collezione di font scaricabili e installabili gratuitamente, per vedere se c’è qualcosa adatto allo scopo.
Nel caso della scritta della stazione di Santuario usata per l’intestazione la lettera che mi colpisce di più è la O, stretta in maniera tale da avere una forma a mandorla. Impossibile che un font moderno abbia adottato la stessa soluzione.
La S poi ha un tratto centrale obliquo rettilineo e due curve ricalcate sulle circonferenze, con estremità tagliate obliquamente.
Scorrendo i font di Google l’occhio mi si ferma sul Francois One di Vernon Adams, per quanto riguarda la larghezza, ma è chiaro che non può essere un sostituto, avendo le estremità tagliate in modo molto irregolare.
E nessuna S mi dà la stessa sensazione di quella della foto. La prima che mi colpisce è quella del League Gothic, di Finck, Hadilaksono e Rich, che è fin troppo stretto, con una O dai fianchi rettilinei e paralleli. Con un po’ di spazio aggiunto potrebbe essere un sostituto, ma non è la stessa cosa.
Nel cartello di Gavonata, lettere nere su fondo bianco, la lettera che mi colpisce di più è la O, la cui controforma è pressoché rettangolare. Anche qui le lettere sono strette. Scorrendo la lista di Google mi soffermo sull’Oswald, ancora di Vernon Adams. Ma qui la O è ovale sopra e sotto, la G ha lo sperone e la A non ha il tratto orizzontale così ribassato come sul cartello.
Un’alternativa accettabile potrebbe essere il Teko, della Indian Type Foundry, dove le lettere G e O sono costruite su pianta rettangolare.
Nel cartello di Acqui Terme, scritta nera su fondo bianco, le lettere sono strette, l’impostazione è rrettangolare, e vediamo due lettere interessanti: la Q e la M.
La prima ha una coda centrale con un accenno di curva a destra.
La seconda ha il vertice centrale appuntito e rialzato rispetto alla linea di base.
Anche questa caratteristica è molto fuori moda.
Scorrendo la lista di Google mi soffermo sul Barlow di Jeremy Tribby, disponibile anche in versione Semi-Condensed e Condensed. Che è più largo, ma ha una Q con coda centrale, rettilinea e verticale però, e una M con vertice rialzato, ma non appuntita nella versione Bold, che è quella che si avvicina di più a ciò che si vede sul cartello.
Il Teko può andare bene anche per le lettere sans-serif a parete come nella stazione di Pietraligure. Certo la G non ha il tratto centrale ribassato, e la R non ha la gamba verticale. La E che si vede nella foto mi pare strana. Credo che abbiano fatto il tratto centrale uguale agli altri due, col risultato di ottenere la nota illusione ottica che sembra più lungo.
La prima R con gamba verticale che noto su Google è quella dell’Anton di Vernon Adams, che non va bene perché è le lettere sono strettissime.
Non ho scorso la lista fino alla fine per vedere se ci fosse qualcosa di più adatto.
La S sui cartelli neri con scritta bianca ha una particolarità: l’occhiello superiore è palesemente più piccolo di quello inferiore.
Oggi si tende a non metterci differenze così marcate.
Scorro la lista fino all’Hanken Grotesk di Alfredo Marco Pradil e Hanken Design Co. (troppo largo) e poi abbandono.
Dei font più recenti si è già parlato, qui e altrove.
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