Sul Corriere negli anni Novanta

Nel libro “L’Italia in prima pagina” di Aurelio Magistà sono pubblicate molte prime pagine dei giornali italiani, dai quelli seicenteschi fino a quelli dei primi anni di questo secolo.

Tra le altre cose c’è la prima pagina del Corriere della Sera che annuncia in apertura l’abbandono della magistratura da parte del giudice simbolo di Mani Pulite, Antonio Di Pietro, nel 1994.

“Me ne vado, con la morte nel cuore” è il titolo virgolettato, per tutta la larghezza della pagina (non si può dire a nove colonne perché l’impaginazione è più dinamica rispetto ai decenni precedenti, per cui le colonne si allargano e restringono a seconda delle esigenze).

La cosa strana è che la t è alta quanto la l, e ha il trattino orizzontale molto rialzato. Una cosa così non si è mai vista da nessuna parte, e non può essere vera.

E infatti cercando sul web si trova anche una versione in cui c’è una t dalla forma più consueta, nulla di strano.

Ma si trova anche la versione con la t lunga.

Dove è nata questa versione sbagliata? Chissà.

Per quanto riguarda la versione giusta, pure c’è un’osservazione da fare: che la t e la r che la precede si toccano fra di loro.

Evidentemente le lettere sono state avvicinate digitalmente, per rendere le parole più compatte e permettere un titolo più lungo a parità di corpo.

Chiedendo a What The Font di identificare il carattere viene fuori una lista con in testa Sequel Sans Headline Black di OGJ Type Design, Plak Black della Linotype, e poi la risposta probabilmente corretta, Helvetica Now Display ExtraBlack di Monotype.

Il sito però mostra la versione base del font in questione, mentre sul Corriere evidentemente c’è una versione condensata.

Vado a vedere la versione Condensed ExtraBlack e ancora non ci siamo. Devo schiacciarla di un quinto, fino all’80% della larghezza iniziale per ottenere un effetto pressoché uguale a quello che si vede sul giornale.

A dire la verità le controforme del Corriere mi sembrano più spaziose. Evidentemente non è proprio la stessa identica versione, ma se uno non sta cercando di fare un falso ma solo un titolo nello stesso stile, quest’opzione va più che bene: Helvetica Now Pro Display Condensed ExtraBlack, schiacciato ulteriormente all’80%, e con lo spazio tra le lettere ridotto abbastanza da far toccare la r con la t.

Già che ci siamo diamo un’occhiata a quello che dice il Matcherator di FontSquirrel.

Gli passo solo la lettera a e l’unico risultato gratuito che viene fuori è il Suede di un certo James, su Fontzillion.

Che non è certo l’Helvetica e ha molti dettagli fastidiosi, tra cui il fatto che le linee curve scendono tantissimo sotto la linea di base.

Diciamo un tentativo dilettantesco che andrebbe migliorato. Ma possiamo migliorarlo? Il sito non conosce la licenza e nemmeno l’autore.

Lo stesso font è anche su Dafont da prima del 2005, ma anche in questo caso non si hanno informazioni precise.

Insomma, non c’è da essere troppo entusiasti.

Purtroppo Google non ha ancora messo a punto uno strumento gratuito di riconoscimento font a partire dalle immagini.

Scorro la lista per trovare qualcosa di simile e trovo quasi subito l’Anton di Vernon Adams, che è un classico per chi vuole imitare le lettere strette che comparivano sui giornali d’epoca. Solo che la O è ad anello di catena, ossia ha due lati verticali rettilinei (come nel Suede) mentre quello che vediamo sul Corriere è ovale.

Molti dei font di Google hanno una versione Black, ma non c’è modo di includerle tra le anteprime dell’home page. Bisogna cliccare su ciascun font per dare un’occhiata.

I sans serif di maggior successo, a differenza dell’Helvetica, hanno il tratto inferiore della e che termina in obliquo.

Bisogna arrivare fino al Karla per trovare una e col taglio finale orizzontale, ma qui il font non viene presentato nella versione Condensed.

Anche una M come quella che vediamo sul Corriere è difficile da trovare sul sito. 

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