Alfabeto semaforico

Quando ancora non erano disponibili le ricetrasmittenti palmari, in Marina esistevano vari sistemi per comunicare a distanza. Tra due navi si poteva usare un sistema basato su bandiere di colori diversi, una per ogni lettera, che venivano issate sul pennone. In presenza di elettricità o comunque di una fonte luminosa si poteva usare il codice morse, aprendo e chiudendo ritmicamente una tendina davanti alla sorgente di luce. Un sistema meno complicato da mettere in pratica era il cosiddetto alfabeto semaforico, che richiede soltanto due bandierine con gli stessi colori.

Le lettere dell’alfabeto sono ottenute allungando entrambe le braccia come fossero le lancette di un orologio, ma posizionandole su un immaginario quadrante con otto posizioni anziché dodici come per le ore.

Ogni posizione dista dalle più vicine 45 gradi, e le lettere vengono assegnate in sequenza, quando possibile, per facilitare la memorizzazione. Bandierina sinistra in basso e bandierina destra in basso a destra significa lettera A. Spostando il braccio destro di 45 gradi verso l’alto otteniamo la B. Altri 45 gradi ed ecco la C. Di nuovo 45 gradi, il braccio destro è puntato verso l’alto, e questa è la D

 

Dal primo Manuale delle Giovani Marmotte. Qui il marinaio modello era Paperino in persona.

 

Non esistono posizioni particolari per i numeri, che vengono trasmessi come se fossero lettere dell’alfabeto, ma tra un segnale di inizio trasmissione numeri e uno di fine trasmissione numeri.

Quindi per trasmettere la cifra 123 prima ci si mette in posizione di inizio trasmissione numeri, poi si trasmette ABC, poi si fa il segnale di fine trasmissione numeri (che è la lettera J). La A è l’1, la I è il 9, la K è lo zero.

Cercando sul web vengono fuori due font gratuiti che sono ispirati a questo alfabeto, entrambi scaricabili da Dafont.

Uno è il SignFlags di Intellecta Design.

Che raffigura un omino coi baffi che indossa un’uniforme con cappello, forse di altri tempi.

I colori sono stati messi un po’ a caso. La bandierina certe volte è divisa in un triangolo bianco e uno nero, a volte è tutta nera. Idem per l’uniforme dell’omino, che a volte è bianca, a volte è nera, a volte è nera per metà, o solo a pezzi.

Tutti i glifi hanno la stessa altezza, e questo significa che sono state alterate le proporzioni, visto che la punta della bandiera dell’omino col braccio alzato è alla stessa altezza della testa dell’omino con le braccia abbassate.

Insomma, quando si va a comporre una scritta con questo font viene fuori che tutti gli omini con le braccia alzate sono più bassi di quelli con le braccia abbassate.

C’è il problema del nero che a volte è troppo e a volte è troppo poco. E c’è un problema di accuratezza e di completezza. Alla B c’è un uomo che sventola le bandierine con le braccia disposte a V, che dovrebbe essere il segnale di errore.

I numeri da 1 a 7 sono riempiti con disegni che non raffigurano le posizioni giuste, e tra l’altro 5 e 6 sono uguali. I numeri 0, 8 e 9 sono lasciati vuoti. 

L’altro font gratuito che riesco a trovare, sempre su Dafont, è il Fonts Vector Semaphore Flag di Vector.id, che si può scaricare anche da altri siti web.

Qui l’omino è stilizzato (la testa è semplicemente un cerchio) e raffigurato soltanto dalla vita in su.

Il contorno della bandierina è così sottile da essere quasi invisibile. In picole dimensioni l’occhio percepisce solo il triangolo nero.

La posizione delle bandierine sembra completamente arbitraria, o almeno non coincide con quello che si vede su Wikipedia e nell’altro font.

Lo spazio tra una parola e l’altra non viene lasciato vuoto, ma viene riempito con l’omino che punta entrambe le bandierine verso il basso, che è forse il comportamento corretto da tenere nella realtà per separare una parola dall’altra.

Ogni glifo ha la minima larghezza possibile, e questo significa che se non c’è nessuna bandierina protesa verso destra, non viene lasciato nessuno spazio vuoto a destra. Quindi tutti i glifi sono addossati uno all’altro, col risultato che gli omini sono più vicini o più lontani tra di loro a seconda di come hanno disposto le braccia. Se una lettera prevede di allungare le braccia verso la sinistra di chi guarda e la lettera successiva di allungarle verso destra, i due personaggi sono raffigurati spalla a spalla. Se devono allungare le bandierine uno verso l’altro, allora sono molto distanti tra di loro.

Se questi font avessero una qualche utilità, sarebbero più curati per ottenere un risultato decente dal punto di vista visivo. E non conterrebbero errori nella conformazione delle lettere.

Nella realtà, non c’è mai stato bisogno di un font del genere, neanche all’epoca. 

I messaggi venivano scritti normalmente su un foglio e letti, lettera per lettera, da un operatore ad uno sbandieratore. Sull’altra nave, un altro operatore interpretava le lettere e le dettava una alla volta ad un marinaio che le trascriveva su un foglio. Sempre in lettere normali.

Non c’è mai stato bisogno di regolare la distanza tra un glifo e l’altro, perché era lo stesso marinaio ad assumere in sequenza le varie posizioni. E non c’era nessun font del genere in uso: queste raffigurazioni comparivano solo nella tabella che serviva per insegnare il sistema alle reclute. 

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