L’alfabeto di Psalmanazar. L'impaginazione di un libro all'inizio del Settecento

A quanto pare non esiste nessun font basato sull’alfabeto di Psalmanazar.

Su Wikipedia si può vedere una tabella d’epoca con intestazione in stile gotico, lettere latine serif con contrasto nelle colonne di sinistra e lettere esotiche nelle colonne di destra.

Molte di queste sono basate su segmenti che si incontrano ad angolo retto, ma si notano anche forme geometriche diverse (il triangolo), lettere latine modificate (la E rovesciata) o qualcosa che ricorda l’ebraico (lettera Fandem) o l’arabo (lettera Xatara).

Conoscendo tutta la storia ci sarebbe un po’ da insospettirsi, ma a quanto pare gli studiosi dell’epoca presero seriamente in considerazione tutto quello che diceva Psalmanazar. Oltre all’alfabeto aveva messo a punto le basi di una lingua, abbastanza da riuscire a tirarne fuori una versione del Padre Nostro.

Psalmanazar fu un impostore che nel Settecento attirò l’attenzione degli europei raccontando di essere un abitante di Formosa, il primo a visitare il continente. Visto che all’epoca non si sapeva nulla di Formosa, Psalmanazar poteva sbizzarrirsi a piacimento inventando aneddoti su usi, costume, lingua, religione e quant’altro. Alla fine scrisse un’autobiografia in cui confessò di essere un impostore, raccontando che aveva cominciato fingendo di essere un irlandese e venendo smascherato in poco tempo, passando poi a fingersi un nativo giapponese e infine di Formosa, Paesi sempre più esotici per cui era difficile smentire le sue affermazioni.

Wikipedia in italiano ha una lunga pagina che lo riguarda.

Le sue opere sono state scannerizzare e possono essere sfogliate gratuitamente sul web.

E questo offre parecchi spunti a coloro a cui piace contemplare non solo i caratteri d’epoca,ma anche il modo in cui venivano impaginati i libri.

Prendiamo per esempio “Una descrizione storica e geografica di Formosa, isola soggetta all’imperatore del Giappone”, consultabile su Archive.org.

La pagina col frontespizio è piena di testo.

“An” scritto tutto in maiuscolo, ma in piccolo, “Historical and Geographical”, con uso di s lunga, “Description”, tutto maiuscolo più in grande, “of”, ancora maiuscolo, “Formosa”, italico, “An Island subject to the Emperor of Japan”, romano normale, l’ultima parola evidenziata in maiuscoletto, di nuovo uso della s lunga, legatura ct.

Tutto ciò occupa un quarto della pagina. Il titolo prosegue in caratteri romani “Giving an Account of”, “The Religion, Custom, Manners &c. of the Inhabitants. Together with a Relation of what happened to the Autor in is Travels...” eccetera eccetera per nove righe, più un altro paragrafetto di tre righe in cui se la prende coi gesuiti (e la sua testimonianza venne usata nei dibattiti sulla religione che all’epoca erano molto accaniti).

Linea orizzontale, “By George Psalmanaazaar”, dove nome e cognome sono scritti in maiuscoletto con uno spazio aggiunto tra una lettera e l’altra, “a Native of the said island, now in London”, con uso di s lunghe, la parola London in corsivo.

Tre righe per presentare l’edizione, due per le illustrazioni e figure, altre tre per l’indirizzo dell’editore e la data, 1705, paragrafi intervallati da linee orizzontali.

Tutto questo è inserito in una doppia cornice di segmenti separati tra di loro, con gli angoli formati in maniera irregolare: rettangoli costruiti usando lati di lunghezza leggermente diversa fra di loro. Tra una cornice e l’altra compare il prezzo “Price Six Shillings”.

Il formato della pagina è stretto e alto (quasi 9:5, mi sembra).

Nella dedica iniziale c’entrano 25 righe per pagina (circa sei parole per riga), con frequente uso di corsivo. La prefazione è impaginata in un font più piccolo, 32 righe per pagina (otto parole per riga). È in corsivo, con le parole da evidenziare scritte in tondo. Sono molto frequenti perché si tratta di tutti i nomi di località, nazionalità, ordini religiosi, mesi...

Testo del libro in caratteri romani, 37 righe per pagina, numero di pagina scritto in alto, a sinistra sulle pagine pari e a destra su quelle dispari, non troppo distanziato dal testo, sulla stessa riga della scritta “A description of”, sulle pagine di sinistra e “the Isle Formosa” su quelle di destra, con uso di s lunga, tutto in corsivo tranne la parola Formosa.

I capitoli sono separati da una normale linea orizzontale, a cui segue la scritta “Chap.” tutto in maiuscolo seguito dal numero in cifre romane seguito dal punto, e il nome del capitolo in corsivo, con righe successive rientranti per lo spazio di un paio di lettere .

Il capitolo si apre con un capolettera da due righe.

Ma la cosa più desueta è l’ultima riga di ogni pagina, che contiene la prima parola della pagina successiva, una cosa che oggi è considerata completamente immotivata ma che all’epoca era considerata utile in fase di lettura e in fase di impaginazione, come un link tra il testo della pagina precedente e quello della pagina successiva.

Sulla stessa riga ogni tanto compaiono anche alcune lettere che non hanno nessuna relazione col testo della pagina, ma che evidentemente sono indicazioni per il rilegatore. Seguono in linea di massima un’ordine alfabetico e sono accompagnate da un numero.

Per dire, se vediamo scritto a1 nell’ultima riga della pagina di destra, sappiamo che voltando pagina troveremo nella stessa posizione la scritta a2, poi a3, poi a4. Continuando a voltare pagina, per quattro volte lo spazio resterà vuoto, poi troveremo le indicazioni, b1, b2, b3 e b4 sulle pagine successive.

Questo perché le pagine non venivano certo stampate singolarmente: ce n'erano 8 su ogni facciata di un foglio grande, che poi sarebbe dovuto essere ripiegato a mano nella maniera corretta per formare il fascicolo da rilegare. E come fare a sapere da che parte piegare e quale era la pagina che doveva restare sul lato esterno? Queste indicazioni fornivano un riferimento.

In questo caso vengono usate le lettere maiuscole più alcune minuscole per i fascicoli iniziali.

In questo modo non si dovevano dare agli operai indicazioni specifiche che erano difficili da ricordare o che potevano essere ricordate male (“la pagina 209 deve essere la prima di questo fascicolo”): avrebbero seguito naturalmente l’ordine numerico, S1, S2, S3, S4 (e appunto la pagina 209 è quella che riporta l’indicazione S1).

Poi, per comporre ciascuna copia avrebbero semplicemente dovuto prendere i fascicoli nell’ordine giusto, sulla base della lettera che compariva nell’indicazione della prima pagina.

Nel caso in questione, l’ordine delle lettere è A, a, b, c, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, U.

Il libro contiene anche numerose tavole illustrate. Oltre alla tabella con le lettere dell’alfabeto che abbiamo visto all’inizio, ci sono illustrazioni che mostrano l’abbigliamento del re o la forma dei templi, e perfino un lungo corteo funebre serpeggiante, con foglio ripiegato di dimensioni superiori a quello della pagina del libro. 

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