L’arrivo della stampa in India
La stampa arrivò in India grazie ai missionari portoghesi a Goa.
A quanto racconta Wikipedia in inglese, che dedica un intero articolo alla stampa nella regione, l’imperatore dell’Abissinia (oggi Etiopia) aveva richiesto al Portogallo di mandargli una pressa e dei missionari.
Il 29 marzo del 1556 i missionari e la pressa partirono, diretti in Etiopia su una nave spagnola.
La rotta prevedeva la circumnavigazione dell’Africa e una sosta a Goa, prima di tornare verso le coste africane. Senonché, quando la nave era ferma a Goa, arrivò la notizia che l’imperatore abissino non era entusiasta di ricevere missionari.
Il clero di Goa aveva bisogno di una pressa da stampa e il Governatore Generale mise a sua disposizione la pressa originariamente destinata all’Abissinia.
Era passato più di un secolo da quando la tecnica tipografica era stata sviluppata in Europa.
La pressa venne installata nel collegio gesuita di San Paolo, a Goa Vecchia.
La prima opera stampata, nel 1556, fu Conclusiones Philosophicas, a cui seguì un catechismo di dottrina cristiana. Nessuna di queste opere sopravvive al giorno d’oggi.
Il responsabile della stampa era un gesuita spagnolo, Joao De Bustamante, che aveva un assistente indiano.
Il più antico libro stampato in India e ancora esistente è il Compendio Spirituale Di Vita Cristiana, di Gaspar Jorge De Leao Pereira, un arcivescovo.
Un altro spagnolo, Joao Gonsalves, fece il primo tentativo di realizzare dei caratteri da stampa nell’alfabeto locale, il Tamil. Il risultato non fu soddisfacente, e padre Joao Da Faria fuse nuove lettere a Quillon (Kollam).
Questi caratteri vennero usati nel 1578 per stampare il primo libro in una lingua indiana stampato in India. Il primo libro in lingua tamil era stato stampato già a Lisbona nel 1554 in una scrittura tamil romanizzata.
Il frontespizio del Compendio Spirituale Di Vita Cristiana si può vedere sul sito History Of Information.
Tutto in lettere romane, niente gotico né italico. Cambiano però le dimensioni e gli stili. In alto c’è scritto “Iesv.”, tutto in maiuscolo, col punto finale.
Segue la parola “Compendio”, tutto maiuscolo, a tutta pagina, con molto spazio tra una lettera e l’altra. “Spiritval da vida”, tutto maiuscolo, in dimensioni più piccole. Le righe successive sono in lettere minuscole, tranne le parole “arcebispo”, “Iesv Christo”, “salvador” e “ovelhas” che sono tutte in maiuscolo.
La U e la V sono uguali soltanto nella loro versione maiuscola, mentre in minuscolo la u ha la forma normale e la v non compare mai nella pagina.
La s minuscola compare nella sua
versione lunga, che somiglia a una f senza trattino orizzontale ma è
più sottile e allungata. E forma anche delle legature, ad esempio
con la t o con un’altra s lunga. Però quando la s si trova in finale di parola, e succede abbastanza spesso, viene usata la sua versione normale.
Segue il simbolo del paragrafo e due paragrafi in minuscole romane, ma in corpo minore.
Qui notiamo la presenza di una Q dalla coda così lunga che va a sottolineare la u successiva.
Oltre alla é con accento acuto, compaiono varie a e o sovrastate da una tilde, visto che la scritta è in lingua portoghese.
La parte finale del paragrafo grande viene conclusa accennando a una punta: allineamento a centro, con righe sempre più corte verso la conclusione. E la stessa cosa viene fatta per l’ultimo paragrafo piccolo. Nel quale notiamo che per stringere la seconda riga non si è messo lo spazio dopo le virgole.
Dice il sito che gli stampatori furono Joao Quinquencio e Joao de Endem. L’autore invece è stato il primo arcivescovo di Goa.
Copie sono conservate nella biblioteca pubblica di New York e nell’University College di Dublino.
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