Manuzio e i libri in ottavo
Il nome dell’editore italiano Aldo Manuzio è famoso in tutto il mondo. Fu Manuzio il primo a stampare libri in corsivo, nel 1501, con un carattere appositamente realizzato, in cui le lettere hanno l’asse inclinato in avanti, a differenza di quelle che si usavano in precedenza, ad asse verticale.
Lo stile è rimasto in uso fino al giorno d’oggi, ed è praticamente obbligatorio realizzare una versione corsiva di qualunque font. Laddove manca, i software di videoscrittura sono comunque in grado di inclinare in avanti l’asse, anche se così facendo si ottiene non un corsivo aldino ma un corsivo obliquo. Le lettere aldine sono caratterizzate non soltanto dall’asse inclinato, ma anche da particolari accorgimenti che riguardano lo spessore delle aste, la presenza di tratti discendenti e soprattutto la forma delle grazie.
Il fatto che l’invenzione di questo stile sia avvenuta in Italia ha fatto sì che il nome scelto nel mondo anglofono ma anche in quello francofono per designare questo stile sia italico (italics in inglese, italique in francese), anche se questo rischia di creare confusione con le scritture italiche che venivano usate nella penisola prima degli antichi Romani.
Dice Wikipedia in italiano che “i caratteri utilizzati assomigliavano alle lettere dei manoscritti greci da cui i libri a stampa erano copiati”. Nell’articolo si legge che Manuzio aveva una vera e propria passione per il greco, come pure gli intellettuali che frequentava.
Il primo libro stampato in corsivo però fu un’edizione delle Bucoliche di Virgilio, il cui autore era romano, non greco.
Il libro costituisce una pietra miliare nella storia della tipografia, perché fu il primo di una collana di volumi in formato in ottavo, ossia in piccole dimensioni, che potevano essere tenuti in mano (encheiridion, in greco). All’epoca nessuno l’aveva mai fatto, mentre oggi è comunissimo. Quindi Manuzio viene considerato in pratica l’inventore del libro moderno.
Secondo il sito MetaPrintArt i fogli di carta all’epoca sul mercato misuravano 32x42 cm. Piegandoli tre volte si ottenevano sedici facciate da 10,5x16 cm. E questo è appunto il formato in ottavo.
All’epoca non c’erano i font scalabili, quindi la prima cosa che bisognava decidere in fase di produzione era la dimensione. Quanto erano grandi i primi caratteri corsivi della storia? Apparentemente la domanda non se la pone nessuno. Tanto più che i punti tipografici vennero inventati solo alcuni secoli dopo.
Non trovo scannerizzazioni delle bucoliche, ma sul sito GriffoGGL vediamo due pagine delle Opere Volgari del Petrarca, 1503, immagino nello stesso formato. Facendo le proporzioni, mi pare che 27 righe entrerebbero in 14,1 cm. L’equivalente di un Times New Roman corpo 13, all’incirca.
Un carattere un po’ grandicello, secondo gli standard attuali.
Il sito istriano in lingua italiana LaVoce Del Popolo ha dedicato un articolo a Manuzio, sottolineando il fatto che l’editore “inventò sia il libro che il bisogno di leggerlo! Come racconta Alessandro Marzo Magno, autore di una biografia su Manuzio, dopo avere pubblicato il volume, Aldo lo mandò a un suo amico suggerendogli di ‘leggerlo nei momenti di pausa, quando sei libero, quando vuoi passare un po’ di tempo in maniera piacevole’, creando così il nuovo passatempo del leggere per diletto”.
Inizialmente esistevano solo le minuscole corsive, che venivano combinate con le normali maiuscole romane.
E l’intero testo del libro era in corsivo. L’idea di usare il corsivo in combinazione col romano per mettere in evidenza alcune parole all’interno del testo venne soltanto in seguito.
Il primo corsivo stampato però non compare nel testo di un’opera, ma in un’illustrazione che venne inclusa nell’edizione delle Epistole Devotissime di Santa Caterina nel 1500, come racconta Tipoteca.
In italiano di solito si usa la parola corsivo anziché la parola italico. Tuttavia anche questa ha vari significati che possono creare malintesi, come spiega il blog di Mestiere Di Scrivere in un post del 2014.
La parola corsivo infatti si usa anche per indicare la scrittura veloce a mano, con lettere unite e occhielli vari, non necessariamente ad asse inclinato.
Quindi se un calligrafo dice “italico corsivo” non sta ripetendo due volte lo stesso concetto, ma si sta riferendo ad una scrittura a lettere unite e asse inclinato.
In tipografia invece per corsivo si intende un carattere stampatello a lettere separate ma per necessariamente con asse inclinato. I font a lettere unite vengono rientrano nella categoria dei calligrafici (anche se pure questa parola è ambigua, visto che può indicare anche lettere stampatelle disegnate a mano con linee sinuose).
In effetti esistono anche font che vengono chiamati “upright italic”, nei quali le lettere sono disegnate secondo le regole dei corsivi aldini, ad esempio coi tratti che terminano arricciandosi anziché poggiare su delle grazie, ma con asse verticale.
L’aspetto è insolito, e in effetti non sono molto utilizzati.
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