Windsor. Impaginazione giornali
Ieri l’Unità è uscita con il titolo: “I ragazzi negri non esistono: lo ha deciso il governo per decreto”, con la parola “negri” in rosso. L’intento è quello di far sembrare la destra più razzista di quanto non sia. Ovviamente la provocazione ha suscitato scalpore sulla stampa di destra. Il Giornale ha riportato la notizia con foto del direttore dell’Unità, mentre Libero preferisce scrivere nel titolo la parola “neg***”, con tre asterischi, pur mostrando nella foto la prima metà del titolo incriminato.
Comunque, visto che l’Unità ha attirato l’attenzione, diamo un’occhiata al font utilizzato: è un serif stretto, con le estremità spesse e arrotondate, e una E particolare, con baricentro lievemente rialzato e grazia sulla barra centrale leggermente inclinata a sinistra mentre le altre due grazie della stessa lettera sono protese verso destra, specie quella inferiore.
What the Font riconosce il Windsor Extra Bold Condensed, mettendo prima la versione della Monotype, poi quella di Elsner+Flake, infine quella di Urw.
Monotype offre sei stili, gli altri sette.
Quelli di Monotype sono Extra Bold Condensed, Regular, Bold, UltraHeavy, Elongated e Outline.
Elsner+Flake invece ha il Light anche nella versione Condensed ma non ha... il Regular!
Urw offre gli stessi stili di Monotype a cui aggiunge l’Antique Bold.
Mancano sempre i corsivi.
Un po’ questo disordine credo che sia una conseguenza di come si lavorava all’epoca. Il Windsor è stato disegnato nel 1905, quando le fonderie non concepivano fin dall’inizio una famiglia di font da declinare in tutti gli stili disponibili, ma aggiungevano stili a seconda delle esigenze. Ecco perché abbiamo il Bold ma non il Bold Condensed, mentre abbiamo l’ExtraBold Condensed senza avere l’ExtraBold. (Possibile anche che questi nomi siano stati assegnati in seguito. Nell’Ottocento era normale distinguere un font dall’altro solo dal numero in catalogo).
Altre fonderie forniscono il Windsor, ma non in tutti gli stili: Bitstream 5, Mecanorma 2, Tilde 3.
La prima pagina dell’Unità completa l’ho potuta vedere su Giornalone.it, e ne ho approfittato per dare un’occhiata anche all’impaginazione della concorrenza.
Una novità recente è che Il Giornale ha aggiunto sulla sua testata, nell’edizione cartacea (ma non sul sito), la bandiera israeliana che sventola dietro il tricolore italiano.
Una presa di posizione netta sui fatti che stanno avvenendo in Medio Oriente.
Nessun altro quotidiano ha fatto qualcosa del genere. Anzi, nessun altro quotidiano italiano ha bandiere così evidenti nella testata. Una mezza eccezione è La Stampa, che ha una striscia giallo-blu sotto il nome, che riprende i colori della bandiera ucraina e che è stata introdotta dopo l’inizio della guerra, l’anno scorso. In precedenza c’era una fascia blu scura al suo posto.
A quei tempi anche Latina Oggi aveva messo una grossa bandiera ucraina nella testata. Ora che gli animi si sono un po’ raffreddati, la bandiera ucraina compare ancora, ma in piccolo, accanto a quella italiana, subito sotto la testata. Entrambe sono ombreggiate, come se stessero sventolando.
Interessante invece quello che ha fatto Ciociaria Oggi, dove c’è disegnato nella testata l’angolo di una pagina che si solleva per far intravvedere i colori della bandiera ucraina, come se fosse al disotto.
Anni fa il Corriere della Sera metteva una piccola bandiera europea a centro pagina sotto la testata. Oggi non più.
Giornalone permette di vedere anche le prime pagine dei giornali stranieri. Non noto nessuna bandiera appariscente, a parte sul Jerusalem Post. Di nuovo si tratta di quella israeliana, sfumata, sulla destra. Il giornale è in lingua inglese, quindi immagino sia destinato principalmente ad un pubblico estero.
Vedere a confronto le pagine di giornali diversi rende immediatamente evidenti le differenze di impaginazione.
Il New York Times è mostrato accanto al tedesco Bild. Il quale ha la testata a lettere bianche su fondo rosso, accanto ad un titolo bianco su fondo nero sottolineato in rosso, con sommario di nuovo in bianco su fondo rosso. Sotto ci sono titoli impact nero e rosso, a destra troviamo caratteri in violetto e perfino in fucsia (anche a sinistra) e in verde.
Per contro il New York Times ha titoli sempre in nero, serif, anche a una sola colonna, in piccole dimensioni, bold o addirittura regular. Non ci sono sfondi colorati, e gli articoli occupano gran parte della prima pagina. Nonostante le fotografie a colori, il giornale può ancora essere chiamato The Gray Lady, la Signora in Grigio, come ai vecchi tempi.
Ancora oggi il New York Times può essere chiamato The Gray Lady. Qui è a confronto con il tedesco Bild. Titoli piccoli e sempre in nero, mai sfondi colorati, tanto spazio ai testi degli articoli. |
Invece il giornale più strano in assoluto, tra quelli che si vedono sul sito, è il Mainichi Shinbun. Pensavo che lo avessero messo storto, ma poi ho guardato come sono orientate le fotografie e le pubblicità.
Il giornale è scritto in lingua giapponese, e a quanto pare il giapponese si scrive in verticale, dall’alto in basso. Quindi non solo i titoli sono verticali, come certe scritte sulle facciate degli hotel, ma anche gli articoli sono fatti di righe verticali, che vengono interrotte dopo poche parole, come da noi, per continuare a fianco. Il risultato è simile alle colonne dei nostri quotidiani, ma orizzontali anziché verticali.
Visivamente, le colonne si dispongono a sinistra dei titoli. Vado a verificare su Wikipedia e ottengo la conferma: le righe vanno lette dall’alto in basso e da destra verso sinistra.
Il sito mostra anche un giornale in cinese, che chiama People’s Daily, evidentemente dalla traduzione inglese. Ieri c’era solo un titolo in verticale mentre articoli e testi sono scritti in orizzontale.
Il font usato nei titoli principali non ha tutte quelle caratteristiche calligrafiche che costituiscono il fascino della scrittura cinese. Evidentemente è un sans.
I numeri si riconoscono facilmente, perché sono gli stessi che usiamo noi.
Così come si riconosce l’indirizzo web, scritto per forza di cose in lettere latine, e il nome Renmin Ribao, in uno strano serif inline, sottto la testata in scrittura cinese, dove i caratteri hanno la forma irregolare di quelli tracciati con pennello e inchiostro.
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