Font alla gogna
Ieri mattina la notizia dell’apertura di un’inchiesta per istigazione al suicidio dopo la morte della titolare di una pizzeria in provincia di Lodi era in home page su vari siti web. Fanpage l’aveva messa al primo posto, il Messaggero al secondo, La Stampa al primo della sezione Primo Piano.
Stamattina sul sito dell’Ansa la notizia dell’ostilità contro i mass media per come hanno trattato e stanno trattando il caso era al terzo posto, subito dopo le guerre in Medio Oriente e Ucraina.
La ristoratrice era finita al centro di un bufera social alimentata da parte di chi l’aveva sospettata di avere falsificato una recensione negativa per farsi pubblicità.
Secondo la prima versione, un cliente si era lamentato per avere mangiato vicino a disabili e omosessuali e lei aveva dato una risposta ferma ed educata, chiedendogli di non tornare più nel locale fino a quando non avesse ritrovato in sé “i requisiti umani che nel suo atteggiamento sono mancati”.
Il botta e risposta aveva ottenuto un notevole risalto, ed era stato passato sotto la lente in tutti i suoi dettagli da varie persone, tra cui un paio di influencer famosi finiti a loro volta al centro di una bufera social, con tanto di minacce di morte.
Uno degli indizi che qualcosa non quadrava era il font utilizzato per i messaggi, che non è quello di Google. La qualità del testo dei messaggi era migliore rispetto a quella delle intestazioni, come se i contenuti fossero stati aggiunti al disopra di uno screenshot.
Così era emersa la seconda versione:
il primo messaggio era autentico, ma vecchio di mesi e non più
presente sul web. La risposta sarebbe stata scritta solo ora, dopo
avere riconosciuto nel locale la stessa persona che l’aveva
lasciata. Il tutto sarebbe stato assemblato come fosse stato un botta
e risposta. Senza conservare copia dello screeshot originale.
Il fatto che la donna sia stata interrogata dai carabinieri nell’ambito dell’indagine per risalire all’autore della recensione, il fatto che l’influencer le abbia telefonato per tempestarla di domande e che perfino il Tg3 abbia insistito per metterla in difficoltà potrebbero avere influito sull’equilibrio psicologico della donna in maniera drammatica.
I dettagli dell’episodio sono ricostruiti sul sito di Open. Il quale riporta anche una dichiarazione dello chef che ha intervistato la donna, e che dice che “Google Maps usa Product Sans” e che interlinea e spaziatura sono diverse rispetto a quelle dello screenshot.
Il fatto che si tratti di un carattere differente è palese: la a nello screenshot è quella ad un solo piano, come quella del Futura, mentre nelle recensioni vere compare una a a due piani, ossia in cui l’asta di destra curva verso sinistra sovrastando l’occhiello.
Ma è Product Sans?
In realtà no. Product Sans è un font di Google, ma ha una a dai tratti meno serpeggianti. Come si può constatare dal codice della pagina il font in uso è il Roboto. “Font-family: Roboto, Arial, sans-serif”. Il browser prende come prima scelta il Roboto. Se non dovesse riuscirci per via delle impostazioni o di un problema al server, prenderebbe l’Arial dal sistema. Se neanche questo font fosse installato sul computer dell’utente, prenderebbe il senza-grazie impostato dall’utente come default.
E nello screenshot pubblicato invece quale font c’è? La forma della a fa pensare immediatamente al Futura o all’Avant Garde. O a Century Gothic, o a tanti altri font derivati. Ma questi hanno una t a forma di croce, mentre qui vediamo che l’asta curva verso destra all’estremità inferiore.
La qualità dell’immagine è troppo bassa per i siti di riconoscimento automatico.
Ricorro ai vecchi sistemi: rispondo alle domande del questionario di Identifont. Che mi porta ad Harmonia Sans, un font disegnato da un certo Jim Wasco nel 2010 per Monotype.
Un font a pagamento di cui non avevo mai sentito parlare.
Possibile? E come c’è finito in mano alla ristoratrice?
Provo a cercare tra i font gratuiti di Google. E trovo qualcosa di quasi identico senza neanche fare troppa fatica: il Poppins, di Jonny Pinhorn, 2017. Scaricabile gratuitamente.
Se nel messaggio comparisse una M o una Q sarebbe facile distinguere uno dall’altro.
Una lettera distintiva molto più comune è la i: nel Poppins ha il puntino tondo, nell’Harmonia ce l’ha quadrato.
E nello screenshot? La qualità è bassa, la forma sembra intermedia. Però il punto di fine frase sembra tondo, e soprattutto la virgola sembra obliqua a spessore costante, mentre quella dell’Harmonia è un quadrato con un trattino aggiunto.
Insomma, direi che il font usato potrebbe essere il Poppins, un altro di quelli scaricabili da Google Fonts.
Per quanto riguarda Google Maps, nelle pagine oltre al Roboto compare un Google Sans che viene usato per indicare il nome del locale, per i pulsanti delle sezioni del sito e per le intestazioni, cioè quelle scritte che effettivamente compaiono nello screenshot sotto esame in qualità inferiore al testo. Immagino che sia un nome diverso del Product Sans a cui si accennava prima.
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