La Gazzetta di Mantova attraverso i secoli
La Gazzetta di Mantova si vanta di essere il più antico giornale al mondo tra quelli che vengono ancora pubblicati.
L’inizio della pubblicazioni infatti viene fissato addirittura al 1664. I primi numeri sono andati tutti perduti.
Secondo Rsi il più vecchio numero ancora esistente risale al 1665. È stato esposto al pubblico nel 2014, quando il giornale ha festeggiato i sui 350 anni.
Nel Seicento la forma giornale ancora non era ben definita. Non solo mancavano le foto e i titoli, ma mancava anche la testata.
Le dimensioni erano quelle del libro, il testo era su un’unica colonna e la prima pagina si apriva semplicemente con il numero, la città e la data, col primo paragrafo che iniziava direttamente alla riga successiva.
All’epoca non c’era ancora la democrazia. La sezione politica era ripulita da ciò che potesse dare fastidio al governo, ossia al Ducato di Mantova gestito dai Gonzaga. Già perché l’unità d’Italia era ancora lontanissima. Si parlava di notizie cittadine, solennità religiose, visite da parte di regnanti e personalità, e resoconti delle varie guerre che si combattevano di volta in volta.
Gli eventi storici influirono sulle pubblicazioni, ai tempi della dominazione francese alla fine del Settecento e del fascismo nel Novecento.
La testata “Gazzetta di Mantova” comparve per la prima volta nel 1807. Il giornale divenne quotidiano nel 1866.
Nel 1989 il giornale viene acquistato dalla Finegil del Gruppo Espresso. L’estate scorsa è passato al Gruppo Athesis, a cui Wikipedia ancora non dedica un articolo.
Sul sito della biblioteca Teresiana è possibile sfogliare l’archivio digitalizzato dal 1665 al 1901, con l’aggiunta degli anni 2002 e 2003.
Il primo numero disponibile è appunto del 27 novembre 1665. La prima riga dice: “N.° 48”, in caratteri un po’ più grandi, seguito da una scritta in corsivo “Mantoua 27. Novembre 1665.” Notare la u al posto della v, e i punti dopo il numeri del giorno e a fine riga. Mentre tutte le lettere sono inclinate in avanti, i numeri hanno l’asse verticale. E sono minuscoli, ossia il 7 e il 5 hanno il tratto inferiore che scente sotto la linea di base, mentre il 6 ha il tratto superiore che si spinge al disopra dell’altezza degli altri. L’1 ha la forma della I maiuscola, pur avendo la cosiddetta altezza della x minuscola.
Il primo paragrafo ha un capolettera da due righe.
I paragrafi sono strutturati in maniera tale da avere la prima riga indentata più a sinistra rispetto alle altre.
La forma delle lettere non è poi così strana per quanto ci riguarda, a parte l’uso della s lunga, e la u al posto della v (“tuttauia”) e della v al posto della u ma solo nell’articolo indeterminativo (“vna”).
Le lettere hanno contorni sempre diversi, più che altro sono macchie d’inchiostro a forma di lettere. Anche il loro allineamento a volte non è perfetto, visto che non sempre sembrano poggiare sulla stessa base.
Le varie notizie, di pochi paragrafi, sono intervallate da un’intestazione a centro colonna, stesso corpo ma in caratteri corsivi, col nome della città da cui proviene la notizia seguita dalla data: “Vienna 7. detto.”, “Altra di Vienna 11. detto.”
Cento anni dopo, nel 1785, l’impostazione è ancora la stessa, ma con qualche miglioramento grafico.
L’intestazione “Num. 1 Mantova 4. gennaio 1785.” è in caratteri più grandi. La parola Mantova è in maiuscoletto.
Le intestazioni dei vari articoli sono in maiuscolo, con la spaziatura aumentata “VIENNA 16. Dicembre.”, “STOCKOLM 3. Dicembre.”.
Il capolettera è da cinque righe (la J di “jeri”, o “ieri” come scriveremmo noi).
Il testo è suddiviso in due colonne. I nomi di città e di nazioni spesso vengono scritti in corsivo. Si usa ancora la s lunga, e tutte le legature collegate (ss, st, si...).
Prendendo un numero del 1865 ci accorgiamo che nel secolo ci sono stati enormi passi avanti nel campo della grafica.
Il nome del giornale, Gazzetta di Manntova, è scritto tutto in maiuscolo in caratteri pesanti e stretti dalle grazie robuste e rettangolari. Slab, diremmo noi, caratteri egizi si diceva all’epoca.
La prima riga in alto contiene ancora anno, data e numero, ma in piccolo, lettere serif con contrasto, stile Bodoni.
Segue una tabella coi prezzi di vendita e tariffe di inserzione, con al centro l’illustrazione di una donna all’interno di una cornice tonda.
Sotto c’è una tabella con alcune indicazioni, tra cui il prezzo (“Un numero 10 soldi – Un arretrato 15 soldi” e indicazioni per la pubblicazione degli articoli (“Nessun articolo verrà pubblicato quando non abbia per guarentigia della Redazione la firma e l’indirizzo del corrispondente. Non si assume obbligo di restituire i manoscritti che non vengono pubblicati”) e per gli inserzionisti (“Le inserzioni si ricevono verso pagamento anticipato”).
Il testo della pagina è suddiviso in quattro colonne. Nella parte superiore ci sono le notizie, in quella inferiore l’appendice. Nel numero del 3 gennaio 1865 ad esempio l’appendice conteneva riflessioni sulle prediche di un sacerdote. Il titolo era “Intorno alla predicazione del signor don Giacomo Grandi nella basilica di Sant’Andrea”. Suddiviso in quattro righe, variando la dimensione e lo stile dei caratteri.
Dal punto di vista tipografico notiamo due nuovi stili che nel secolo precedente non c’erano: il black per mettere in evidenza alcuni titoli e addirittura il sans-serif, usato solo per la parola “Appendice”.
L’articolo di apertura si intitola ancora alla vecchia maniera, “Mantova, 2 gennaio”, ma senza il punto dopo il numero. La s minuscola ormai è quella moderna.
Ma l’articolo successivo, intitolato “Impero d’Austria” (serif black piccolo) si trova sotto la dicitura “Notizie politiche”, scritto in grande in caratteri serif stretti.
Il teso dell’articolo di apertura è scritto in caratteri più grandi, il secondo in caratteri di dimensione più piccola, l’appendice in corpo ancora più piccolo.
Purtroppo nell’archivio manca tutto il ventesimo secolo, per cui non possiamo fare un altro salto avanti di cento anni.
L’ultimo anno disponibile, il 1901, vede un giornale con una testata scritta a caratteri slab inclinati in avanti, in lettere minuscole, escluse le iniziali. Le colonne sono diventate cinque.
Mancano ancora le immagini, ma il testo è intervallato da titoli a una colonna che non indicano più solo il nome della città, ma si riferiscono al contenuto dell’articolo: “La gravidanza della Regina Elena”, “Un incidente nelle catacombe”.
Molti dei titoli sono in carattere senza grazie stretti. Ci sono senza grazie più larghi, serif in vari pesi e larghezze, e slab sia dalle proporzioni più normali, sia strettissimi.
Che ricordano il Playbill che è appunto il font scelto per la testata attuale, tutta in lettere maiuscole, che compare già sui numeri dell’ultimo anno disponibile sul sito, il 2003.
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