Quando è stata abbandonata la s lunga? E l'uso della u al posto della v?
Nel Seicento la Gazzetta di Mantova usava la u minuscola al posto della v, e la s lunga al posto della s normale. Dal 1693 ha smesso di scrivere Mantoua. Dal 1798 ha cominciato a usare solo la s normale.
La forma delle lettere che possiamo vedere su libri e giornali del Seicento e del Settecento non ci sorprende più di tanto. Certo, la qualità della stampa è bassa quindi le lettere sono imprecise e poco allineate. E poi le regole ortografiche erano diverse dalle nostre, ci sono parecchie parole desuete.
Ma il Garamond che è usato da parecchi editori ancora oggi è appunto modellato su lettere disegnate nel sedicesimo secolo, quindi quelle forme ci sono familiari.
Il dettaglio più insolito e magari anche fastidioso quando si tratta di leggere il testo, è l’uso della s lunga al posto della s normale.
La lettera, oggi caduta in disuso, è una specie di f ma senza
trattino orizzontale. Impossibile non notarla visto che parole con la s compaiono in italiano molto di frequente.
Ancora oggi si realizzano legature tra la f e la lettera successiva, visto che la lettera è sbilanciata in avanti. Quelle più comuni sono ff, fl, fi, ffi, ffl.
All’epoca si dovevano realizzare varie legature anche con la s lunga: ss, st, si...
Sul sito della Biblioteca Teresiana è possibile vedere le pagine della Gazzetta di Mantova, il più antico giornale al mondo ancora in attività, dal 1665 (non dal primo numero in assoluto, che è andato perduto) fino al 1901.
Nel primo numero disponibile, 27 novembre 1665, trovo nelle prime due righe un paio di parole con la doppia s lunga: “passato” e “Serenissimo”. E noto pure che all’epoca veniva usata la u al posto della v: “tuttauia”, “Gouerno”.
Anche nel 1765 trovo in prima pagina varie doppie s: “Arciduchesse”, “stesso”, “Sassonia”. Nella parola stesso troviamo ben due legature, st e ss. La parola Sassonia è in corsivo: visto che manca la legatura sso, c’è parecchio spazio tra la doppia s lunga e la lettera successiva.
Per quanto riguarda la u e la v, si tratta già di due lettere distinte.
Nel 1865 invece le lettere sono le stesse che usiamo oggi. Al limite cambia il modo di scrivere alcune parole, “quistioni” per dire “questioni”.
Spostiamoci allora indietro verso l’inizio del secolo. 1815. All’epoca il giornale si chiamava “Giornale del dipartimento del Mincio”, come conseguenza dell’occupazione francese. Le parole Austria e Russia nelle prime righe sono scritte normalmente.
Torniamo ancora più indietro: 1790.
“Il nuovo sistema urbario e del Catasto, stabilito...” Solo nella prima riga troviamo ben tre legature tra s lunga e t.
Andiamo di nuovo avanti: 1801.
Qui la testata è tipica della rivoluzione francese: “Mantova, 21 Ventoso anno IX. Repub.”, sotto le scritte in corsivo, più in piccolo “Libertà” e “Eguaglianza”. La rivoluzione aveva cambiato i nomi dei mesi e l’inizio del calendario. Per compatibilità, nella riga sottostante tra parentesi c’è la precisazione “12. Marzo 1801. v. s.” che potrebbe significare “vecchio sistema”.
Tutte le s hanno la forma consueta.
E allora torniamo indietro: 1795. “L’Augusto nostro Monarca...” ed ecco due legature con s lunga nelle prime poche parole.
1797. Il bollettino si intitola genericamente “Notizie di Guerra”. Le parole “necessità” e “siamo” compaiono nelle prime righe, addirittura in corsivo. Nel primo caso la legatura coinvolge tre lettere, le due s lunghe e la i, nel secondo due, si.
1798, 19 gennaio. “Nel ripigliare il corso de’ nostri fogli, già interrotto da sedici e più mesi a questa parte, crediamo di far cosa grata a chi ne è stato mancante, il dare in succinto un’idea di quanto è accaduto di rimarcabile in Europa nel decorso dell’anno antecedente”. Si parla dell’avanzata delle truppe del “prode Generale Buonaparte”. Le s sono tutte in versione moderna.
In conclusione: il passaggio dalla s lunga a quella corta a Mantova è avvenuto in corrispondenza della spedizione di Napoleone in Italia. Quindi non è stato un semplice restyling avvenuto da un giorno all’altro, ma si è palesato dal primo numero pubblicato dopo mesi di interruzione dovuti a cause di forza maggiore.
“Afflitta l’Italia per vari mesi di guerra, sostenuta lungo il Piemonte e nelle fertili pianure della Lombardia, stava attendendo la sorte di Mantova, che stretta per la seconda volta da un lungo e penoso blocco era ormai vicina ad arrendersi per la fame”, raccontava il giornale nel numero con cui ricominciava le pubblicazioni, intitolato “N. 1. Mantova 19. Gennajo 1798.”, con sotto la traduzione nel nuovo sistema, ancora in funzione secondaria, “30. Nevoso anno VI. Repubblicano.”
C’è da notare che sulle pagine del giornale in caso di doppia s è sempre stata usata in entrambi i casi la versione lunga, a differenza di quello che abbiamo visto altrove, ad esempio in America, dove la prima s veniva realizzata nella versione lunga e la seconda nella versione corta.
In inglese poi non si usavano le s lunghe in fine parola, per cui nello stesso testo la forma della lettera doveva essere scelta sulla base della sua posizione, e di volta in volta potevano esserci s lunghe o corte a seconda delle evenienze. In italiano non ci sono parole che finiscono per s. Bisognerebbe vedere come si regolavano i tipografi italiani nei testi in latino.
Facciamo la stessa ricerca nell’archivio anche per il passaggio dalla u alla v.
In questo caso non dobbiamo neanche leggere il testo degli articoli. Basta guardare il nome della città che compare sulla testata del giornale.
Fino al numero 52 del 13 novembre 1692
compare scritto “Mantoua”. Sul numero 4 del “22. Gennaro 1693.”
già compare la scritta “Mantova”. I numeri intermedi mancano in
questa collezione. All’epoca il periodico era ancora settimanale.
Sul giornale del 1693 il testo era impaginato ancora su una colonna. Un articolo era separato dall’altro dal nome della città da cui proveniva la notizia, scritto in corsivo, ma non su una riga a parte. Non ci sono spazi tra i paragrafi né linee di separazione. L’unica decorazione tipografica è un’iniziale quadrata da ben otto righe, usata come capolettera nel primo paragrafo.
Un ultimo dettaglio: sotto l’ultima riga completa c’è una parola isolata: è la prima parola della pagina successiva, come si usava all’epoca anche sui libri.
A gennaio 1694 l’usanza c’era ancora, all’inizio dell’anno successivo non più.
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