Rudolph Hell

Rudolph Hell è un inventore tedesco che nel 1965 ha sviluppato la Digiset 50T1, la prima macchina per la fotocomposizione digitale.

A differenza delle macchine diffuse fino a quel momento, in cui si impressionava la carta o pellicola fotosensibile colpendola con un raggio di luce che passava attraverso una finestrella in cui c’era la forma della lettera in trasparenza, in questo caso si usava un tubo catodico per disegnare la lettera che veniva proiettata sulla pellicola o carta fotosensibile.

Insomma, se fino a quel momento il font era un oggetto concreto, con la forma delle lettere visibile a occhio nudo, da quel momento in poi il font iniziò ad essere un insieme di informazioni numeriche immagazzinate su un supporto digitale.

I font non erano ancora scalabili, come lo sono oggi, ma erano in formato bitmap.

Per disegnarli c’era bisogno di una griglia in cui ogni quadratino doveva essere impostato ad acceso o spento. Al giorno d’oggi invece il type designer disegna solo il contorno delle lettere utilizzando linee di Bezier di cui vengono memorizzate soltanto le coordinate del punto di partenza, del punto di arrivo e di uno o due punti che controllano la curvatura. Quando poi la lettera viene visualizzata sullo schermo, è il software a calcolare quanti pixel deve essere larga e quali pixel bisogna colorare, con la possibilità di avere anche tonalità intermedie per ammorbidire le curve e i tratti obliqui o sottili.

Il primo font progettato appositamente per la Digiset è il Digi-Grotesk S, realizzato nel 1968 ma commercializzato solo negli anni successivi.

Il Digi-Grotesk è disponibile anche in versione scalabile, ma solo nello stile N Condensed Bold.

Alla voce “disegnatori” My Fonts cita l’Hell Design Studio, di cui il sito fornisce altri due font: Digi Antiqua, serif, e Olympia, monospace.

History Of Information parla dell’invenzione di Hell, ma non dice quanto era grande la griglia per ottenere il bitmap. Mentre nei computer fino agli anni Ottanta le lettere si ottenevano in griglie piccolissime, anche 8x8, nell’editoria le griglie erano enormi, mi pare di avere letto 100x200. Qualche disegnatore ha raccontato che non era affatto una bella esperienza stare lì ad annerire quadratini per ottenere le lettere.

Una foto di come era fatta la macchina si può vedere su Hell-Kiel.de, vicino a un articolo in lingua inglese. La foto mostra un mobile con quattro colonne di sportelli, tutti aperti a mostrare il contenuto. A prima vista non c’è assolutamente niente di familiare, se non forse una specie di soffietto come quello delle vecchie macchine fotografiche.

Uno schema in bianco e nero che neanche si nota su History of information mostra a che cosa andava collegata la macchina.

Le scritte sono in francese.

Il mobile a quattro sportelli è l’ “unité d’enregistrement numerique”, che porta alla macchina di sviluppo, da cui escono cassette di documenti fotografici o documenti interamente sviluppati.

L’input poteva venire da un lettore di bande perforate ottenute con un’apposita tastiera, o da un lettore di cassette ottenute direttamente da tastiera, o da un lettore di nastri magnetici, o di dischi magnetici, o da una postazione di controllo. Nastri magnetici o perforati potevano essere ottenuti con un apposito digitalizzatore di immagini Digigraph.

Inoltre la macchina poteva essere collegata a vari terminali per la correzione del testo.

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