C’è Old English e Old English

C’è una compilation con i singoli della band americana No Doubt. Si intitola The Singles 1992-2013.

Mentre il titolo dell’album è in corsiva inglese, il titolo è in Old English.

Facile fare una scritta simile, visto che l’Old English viene dato in dotazione col software Microsoft.

Invece no, perché nel font Microsoft la N maiuscola ha la forma della minuscola, asta verticale a sinistra e curva sulla destra, mentre sull’album vediamo una N di zigzagante con tre tratti rettilinei.

Se cerchiamo per somiglianza su Identifont al primo posto viene un Old English come quello della Microsoft, disegnato dallo staff della Monotype nel 1994, pubblicato da ITC e Letraset, “Basato sul Caslon Black, un blackletter realizzato dalla fonderia di William Caslon in Inghilterra intorno al 1760”, dice la descrizione.

Ma due posizioni più in basso ci troviamo un altro Old English, sempre della Monotype, dove invece la N è come quella che vediamo nella grafica dell’album.

Anche questo è molto diffuso. E le differenze dal font omonimo sono tantissime.

Identifont ne individua solo due: l’assenza di tratto discendente nella J e il trattino singolo nella Z.

Basta però confrontare a vista i due set di lettere per rendersi conto che non ci sono due lettere uguali.

Data una lettera singola è possibile individuare al volo se fa parte dell’uno o dell’altro.

Quello scelto dai No Doubt è basato sul secondo, anche se ci sono dei pallini sulla cima delle aste sottili che nell’anteprima di Identifont non si vedono.

L’Old English che otteniamo dalla Microsoft invece è molto simile al Cloister Black di Jason Castle, CastleType. In questo caso molte lettere sono simili, ma non tutte. Ad esempio V e W si differenziano notevolmente tra di loro.

Il sito non lo dice, ma il disegno originale del Cloister Black risale al 1904, e porta la firma di Morris Fuller Benton.

Lo stile blackletter si è sviluppato nel medioevo per esigenze pratiche. Siccome bisognava ottimizzare lo spazio a causa della scarsità di materia prima (pergamena), le lettere venivano strette così tanto da essere formate da molti tratti rettilinei verticali con poco spazio bianco tra l’uno e l’altro, da cui il nome.

Con l’invenzione della tipografia, vennero realizzati caratteri per impaginare il testo in questo stile. Il primo font della storia era un blackletter, seppure nella variante tedesca anziché in questa inglese. Col tempo, ha prevalso lo stile antiqua, ispirato alla scrittura degli antichi romani e dei carolingi, che è quello che utilizziamo ancora oggi. Il blackletter è rimasto confinato ad usi particolari. Nel mondo anglosassone lo si usa per intestazioni ufficiali e inviti ai matrimoni. Oppure è associato alle celebrazioni ecclesiastiche. O al giornalismo prestigioso, vedi la testata del New York Times (e questo vale anche da noi col Messaggero di Roma).

Ovviamente in Italia può essere usato per rievocazioni medievali, menù di ristoranti caratteristici e cose simili.

Ma il genere è sopravvissuto in usi impensati. Viene spesso usato per copertine di dischi punk, hip hop, metal, o per i tatuaggi delle gang ma non solo. Insomma è collegato con parecchie sottoculture.

A differenza delle lettere romane, per cui scrivere parole tutte in maiuscolo è normale (non solo per marchi, cartelli stradali, nomi e scritte brevi, ma anche per testi più lunghi), un gotico tutto maiuscolo è abbastanza illeggibile.

Ciononostante non è raro trovare scritte in Old English all-caps, purché siano brevi. Tatuaggi, per esempio, o la copertina di questo album, oppure quella di Sing Sing Death House dei Distillers (altro genere ma stesso ambiente). In quel caso però le forme sono quelle del Cloister.

Una volta mi è capitato di vedere un messaggio nella bacheca di una chiesa medievale, in Italia, tutto scritto in Old English. Ma mentre il testo era facilmente leggibile, il titolo “Orari delle messe” tutto in Old English maiuscolo era una pessima idea.

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