Spira e il Canzoniere
Quando è stata inventata la stampa tipografica, a metà del Quattrocento, la religione e la cultura erano ancora dominate dalla lingua latina.
La prima grande opera stampata della storia, la Bibbia di Gutenberg, non era in tedesco ma in latino. Come pure era in latino il Donatus, una grammatica di cui lo stesso stampatore si era occupato in precedenza. (Lavorò anche a qualche opuscolo in tedesco, a quanto si sa).
In Italia il primo libro stampato sarebbe il De Oratore di Cicerone, Subiaco 1465, di nuovo in latino.
Stavo cercando informazioni sul primo libro stampato in lingua italiana, ma c’è pochissima enfasi sull’argomento, almeno sul web.
Sitographics scrive che i “primi libri in lingua italiana” sarebbero Il Canzoniere del Petrarca e una traduzione della Bibbia, realizzati a Venezia da Wandelin von Spyr, chiamato anche Vindelino Da Spira, dopo la morte del fratello Johan (Giovanni).
Sul sito Misinta si possono vedere alcune pagine del Canzoniere. I caratteri sono romani, e non sembrano particolarmente strani per quanto riguarda la forma delle lettere. Che certo possono essere un po’ goffe rispetto ai nostri standard, ma bene o male hanno la stessa concezione.
A rendere insolito il testo sono alcune convenzioni ormai desuete. Soprattutto l’uso della s lunga al posto di quella normale, che è una specie di f senza il trattino orizzontale. E l’uso della u al posto della v.
Al posto della congiunzione e viene usata la &.
Ovviamente gli specialisti notano tanti piccoli dettagli che distinguono quelle lettere da quelle che usiamo noi. Si può osservare il contrasto tra i tratti più spessi e quelli più sottili, oppure la forma delle grazie, che qui tende ad essere triangolare, anche se la forma precisa è inafferrabile: l’inchiostro si sparge in maniera diversa di volta in volta, per cui ogni lettera non è sempre identica a sé stessa come nelle stampe moderne.
Una lettera concepita in maniera leggermente diversa rispetto alla versione attuale è la h, che in effetti è disegnata come una b aperta in basso, e può essere confusa.
Nelle pagine in questione però il testo non è la prima cosa che si nota, visto che i margini sono riempiti di miniature: disegni a colori che raffigurano gli episodi di cui si parla nell’opera.
Disegni di “non altissimo spessore qualitativo e opera di un miniatore dilettante” eppure “ricchi di immaginose invenzioni, di gustose trovate e brio narrativo che trasfigura in racconto galante-cavalleresco l’interiore esperienza amorosa del poeta”.
Il decoratore si chiamava Antonio Grifo, lo stampatore era Vindelino Da Spira, l’anno il 1470.
La copia di cui parla Misinta si trova conservata alla Biblioteca Civica Querniana di Brescia.
È un pezzo unico. Sarebbe interessante
vedere come apparivano le copie non miniate, ma le foto che si
trovano sul web si riferiscono tutte a questo volume.
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