Macchine fonditrici non compositrici
Per quasi quattro secoli dall’invenzione della tipografia da parte di Gutenberg i caratteri tipografici dovevano essere prodotti a mano. Non c’era modo di automatizzare il processo.
Nella fonderia veniva realizzato un punzone, a mano sempre, che veniva battuto su una matrice per ottenere la lettera in incavo.
La matrice veniva messa nella forma, un ingegnoso strumento composto di due parti staccabili che poteva essere regolato per produrre caratteri di larghezze diverse.
Nello stampo così ottenuto veniva versato a mano del piombo fuso, che si solidificava all’istante.
Ne veniva fuori un carattere tipografico che poi doveva essere rifinito a mano, per toglierci il metallo in eccesso e rendere lisce le superfici laterali.
Un filmato che mostra come si svolgeva il lavoro può essere visto su Youtube.
L’operaio addetto doveva essere in grado di produrre almeno sei caratteri al minuto, uno ogni dieci secondi, ma serviva un po’ di pratica.
Questo vale solo a piccole dimensioni: i caratteri più grandi richiedevano più tempo affinché tutto il metallo si solidificasse.
In tempi recenti la fusione dei caratteri non era più riservata alle fonderie. Le tipografie avevano a disposizione delle macchine che permettevano di comporre i testi digitandoli da tastiera, e fondevano sul momento tutti i caratteri necessari.
C’erano due sistemi: quello della Linotype, in cui veniva realizzata una intera riga di caratteri alla volta, e quello della Monotype, in cui venivano prodotti caratteri singoli sulla base di un testo memorizzato su un nastro di carta perforata usando una macchina a parte.
Tuttavia prima di pensare al sistema di comporre e fondere in una sola operazione, erano state ideate delle macchine per automatizzare la produzione di caratteri tipografici che poi sarebbero dovuti essere composti a mano.
Sul sito Circuitous Root c’è un lungo articolo che ricostruisce la storia delle macchine fonditrici non compositrici, con tanto di illustrazioni d’epoca.
La prima macchina di questo genere ad ottenere successo commerciale negli Stati Uniti fu la fonditrice di Bruce, la cui prima versione fu brevettata nel 1838 ma ottenne soltanto un uso limitato, mentre la seconda versione risale al 1843.
Tutto il lavoro di rifinitura doveva essere fatto a mano, in questo primo momento, mentre in seguito vennero progettate macchine in grado di produrre caratteri già pronti all’uso.
La fonditrice di Bruce prende il nome da David Bruce, di cui Wikipedia mostra un ritratto e una breve biografia.
Google non restituisce nessuna fotografia della macchina al giorno d’oggi, ma soltanto le illustrazioni stampate all’epoca.
Si sa comunque che almeno un esemplare è ancora esistente, ed è conservato al museo della stampa di Beccles, Suffolk, in Inghilterra.
Wikipedia dedica un articolo alla fusione dei caratteri tipografici soltanto in poche lingue, tra cui l’inglese.
Un paragrafo è dedicato all’automazione.
La prima macchina per la fusione dei caratteri sarebbe stata progettata nel 1805 da Henri Didot, il noto incisore francese, 33 anni prima di quella di Bruce.
Ovviamente il resto del paragrafo si sofferma sui modelli di fonditrici e compositrici che hanno poi avuto largo successo nel Novecento: Monotype, Linotype, Intertype e Ludlow.
Della macchina inventata da Didot l’articolo non dice niente, rimandando a un libro del 1994 in lingua tedesca.
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