Patrese a Montecarlo
Nel 1982 il pilota italiano Riccardo Patrese vince il suo primo gran premio di Formula 1, a Montecarlo.
Gli ultimi giri sono una girandola di colpi di scena. Il pilota che è in testa va a sbattere, Patrese passa al comando ma finisce in testacoda e viene superato da varie macchine prima di ripartire.
Senonché quelli che l’hanno superato si ritirano per problemi vari, e il pilota italiano taglia il traguardo per primo... senza rendersene conto. All’epoca non c’erano le comunicazioni via radio con le vetture in gara. Solo al momento di scendere dall’auto per la premiazione gli venne data la buona notizia.
Ancora oggi i giornalisti che lo intervistano gli ricordano quell’episodio.
Su Youtube è stato caricato un estratto della diretta di quel giorno, col telecronista inglese che ogni volta è costretto a rimangiarsi le proprie conclusioni, dopo avere fatto il punto su chi sta andando a vincere.
Le scritte in sovrimpressione sono quelle dell’epoca, in questo caso bianche su fondo trasparente. Il nome del pilota è scritto in minuscolo, con l’iniziale maiuscola, mentre il cognome è tutto maiuscolo.
Mi pare di avere visto altrove che le grafiche non erano unificate a livello internazionale, ma cambiavano di volta in volta a seconda delle apparecchiature in uso nella tv del paese ospitante.
In effetti l’indicazione dell’ultimo giro è in francese.
I caratteri sono monospace, ossia tutte le lettere hanno la stessa larghezza. Doveva trattarsi di caratteri bitmap, ed è anche possibile che fossero di sistema, senza possibilità di cambiarli.
La scritta era molto grande, non soltanto perché le apparecchiature di trasmissione non erano ancora evolute, ma perché i televisori degli spettatori non dovevano essere un granché. In Italia le trasmissioni a colori erano state inaugurate solo cinque o sei anni prima, possibile che alcuni guardassero ancora in bianco e nero.
Negli anni Novanta comparivano in sovrimpressione i nomi di sei piloti alla volta, oggi ci sono tutti, grazie all’HD, inclusi i tempi, i simboli delle squadre e magari anche un riquadro col cameracar.
Nelle immagini dell’82 invece vediamo sempre un nome alla volta, col nome della squadra scritto sotto, tra parentesi in maiuscolo, Lettere della stessa larghezza, ma alte la metà.
L’uso dei caratteri monospace è comune a parecchi sistemi computerizzati dell’epoca. In pratica lo schermo era concepito come una griglia, e ogni posizione fissa era controllata da un byte di memoria. Quindi, come per le macchine da scrivere che avevano una limitazione dovuta al passo del carrello scorrevole, anche qui bisognava fare in modo di allargare le lettere strette e stringere quelle larghe.
A quello che vediamo la M ha una forma abbastanza normale, a differenza di altre trasmissioni dello stesso periodo, dove per portare il vertice centrale sulla linea di base la lettera assumeva un aspetto singolare. Qui il vertice resta molto alto, con tratti spioventi pressoché a 45 gradi.
Ma la lettera più strana è la i, disegnata senza grazie sul lato superiore ma con l’estremità inferiore curvata a manico d’ombrello.
Il tratto verticale quindi si addossa
alla lettera precedente, anche se non c’è la percezione di spazio
vuoto con la lettera successiva.
Per il resto si nota una o che tende ad essere rettangolare con angoli arrotondati, e sullo stesso principio sono disegnate lettere simili, come la c e la a (a due piani).
Quasi nessuno dei monospace di Google Fonts contiene una i simile a quella che vediamo qui: di solito hanno una grazia all’estremità superiore, verso sinistra, per
mantenere un po’ di distanza dalla lettera precedente. L’unica eccezione è il
Nova Mono, che ha molte soluzioni originali per attirare
l’attenzione, e che a mio giudizio ha fin troppo spazio a destra
della i, non necessario.
Nello stesso filmato compaiono altre scritte in sovrimpressione, stavolta in lingua giapponese, chissà perché. E queste sembrano qualcosa di più evoluto: il numero della macchina è inserito in un quadrato, il nome della squadra è scritto in un sans serif grassetto non monospace, in piccole dimensioni, e mi pare che ci sia anche l’indicazione delle gomme usate (solo le iniziali), in caratteri serif con contrasto!
C’è anche il nome del pilota, ma in lettere giapponesi.
Per interpretarle non occorre imparare migliaia di logogrammi come avviene per il cinese. Si tratta di una scrittura fonetica, per cui basta conoscere un centinaio di simboli per le varie sillabe esistenti.In Giappone sono in uso due sillabari: hiragana e katakana. Le lettere che vediamo qui sono quelle del katakana.
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