Chelva
Di recente ho dedicato qualche post ad orologi strani, in cui magari i numeri visualizzati non sono quelli a cui siamo abituati. Ne ho trovati di indiani e di cinesi, ma forse il più strano di tutti è quello ebraico di Praga, dove non soltanto i numeri sono quelli ebraici anziché quelli arabi, ma l’andamento delle lancette va in senso antiorario. Se uno non conosce i numeri ebraici e non è al corrente di questa caratteristica, guardando solo la posizione delle lancette otterrà un orario sbagliato.
Adesso ho visto un altro orologio particolare, quello che si trova a Chelva, in Spagna, nell’entroterra di Valencia.
In questo caso la particolarità è che sulle circonferenze esterne, quelle più grandi e appariscenti, sono indicati i giorni del mese e della settimana.
In pratica più che un orologio è un giornologio.
Il cerchio più esterno contiene i numeri da 1 a 31. La particolarità è che i numeri da 0 a 9 sono composti di una sola cifra, quelli fino a 19 contengono il numero 1 come prima cfra che è abbastanza sottile, i successivi invece sono composti di cifre formate da più tratti. L’apparenza è che c’è tantissimo spazio tra un numero e l’altro nella parte superiore destra dell’orologio, mentre i numeri che si trovano a sinistra sono ammucchiati uno sull’altro con poco spazio libero tra di loro.
Il cerchio che si trova all’interno di questo contiene i giorni della settimana, o meglio solo le iniziali, spagnole, maiuscole, M, M, L, D, S, V, J, ciascuna all’interno di un cerchietto con fondo chiaro e bordo scuro.
Finalmente, nel cerchio più interno, ci sono le ore del giorno, anche se in effetti è difficile distinguere le lancette che le indicano, sia perché sono piccole sia perché si confondono con quelle più lunghe e con le loro stesse ombre.
Mentre i numeri del giorno del mese e le iniziali del giorno della settimana restano verticali su tutto il quadrante, le ore vengono ruotate in maniera tale da avere la base rivolta sempre verso il centro. Insomma, mentre mentre la scritta che indica le ore XII è l’unica verticale nel verso giusto, la scritta che indica le ore VI è capovolta.
Ma il dettaglio che ha più colpito la mia attenzione è la scritta sottostante: “ANO1887”, in caratteri molto grandi.
La particolarità è che le estremità superiori e inferiori delle aste sono biforcute, e le due grazie sono arricciate.
Il numero 8 è diviso in due parti le cui grazie si toccano a metà strada.
Ho provato a vedere se i siti per il riconoscimento automatico dei caratteri mi portano a qualcosa di simile, ma non ci si avvicinano neanche lontanamente.
Mentre oggi i caratteri tipografici si possono utilizzare anche per fare scritte enormi, sulle insegne ma non solo, ai vecchi tempi i caratteri tipografici standard si usavano solo per la stampa di libri o al massimo manifesti. Per tutti gli altri usi le lettere venivano tracciate o disegnate a mano, a volte sulla base di modelli. In gran parte tutto quel materiale non è stato mai digitalizzato.
Una caratteristica della scritta su questo campanile è che la A ha il trattino centrale a forma di V. Qualcosa che si vede spesso nelle iscrizioni dei secoli passati. E che in effetti rientra tra le caratteristiche insolite catalogate dal sito Identifont. Soltanto che i font che vengono elencati dal sito sono una manciata.
Evidentemente in epoca digitale è una caratteristica che non interessa quasi nessuno.
Passando solo il numero 7 al Matcherator di Font Squirrel viene fuori una lista di font che forse hanno le stesse metriche, larghezza e spessore, ma le estremità terminano nella forma consueta.
Cercando col What The Font di My Fonts invece, in mezzo a tanti risultati che non c’entrano niente, ne troviamo uno che si avvicina a quello che cerchiamo: Relic Island 1 Regular, di Jehansyah, un font il cui prezzo base è di appena 8 euro e 42. Evidentemente la richiesta è minima.
Qui tutte le estremità sono biforcute con grazie arricciate a spirale. Ogni lettera ha anche due trattini orizzontali che spuntano a destra e sinistra delle aste, a un quarto dell’altezza, oltre a vari ornamenti arricciati che spuntano qua e là.
Il 7 ha anche un tratto orizzontale a mezza altezza. Il numero 1 ha il trattino obliquo che in realtà è curvo, ad allargarsi verso sinistra.
La descrizione non dice da dove è stata tratta l’ispirazione.
La fonderia addirittura è indonesiana!
Tra i risultati curiosi trovo anche l’MFC Patisserie Monogram, di Monogram Fonts Co., che pure ha le estremità basate sul concetto di due riccioli che si allontanano in direzioni opposte. In questo caso però il font è disegnato sulla base di principi calligrafici, ed è pensato per i monogrammi, non per le insegne sui campanili.
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