Cicero
Avevo cercato inutilmente la tabella dei nomi titaliani delle dimensioni dei caratteri tipografici su Wikipedia in italiano, e l’avevo trovata poi solo su un’edizione in lingua straniera. La tabella però c’è, anche se è nascosta. Sta alla voce Cicero (Unità Di Misura).
È suddivisa in quattro colonne: nella prima c’è la dimensione in punti tipografici, nelle altre ci sono le denominazioni in italiano, francese e tedesco.
Il template dice che “questa voce o sezione sull’argomento metrologia non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti”.
Tolta la tabella, restano solo tre righe di testo che non fanno capire molto bene come stavano le cose, in generale.
Qualche informazione in più la troviamo alla voce Punto Tipografico.
In pratica tra l’invenzione della tipografia a metà del Quattrocento fino al Settecento non fu di uso comune nessuna misura specifica per i caratteri tipografici.
Erano invece di uso comune delle denominazioni generiche, di cui i manuali davano le proporzioni rispetto ad una unità di misura di uso generale. Ad esempio, nei paesi di lingua inglese si diceva la pica era la settantaduesima parte del piede inglese (o meglio, c’era scritto qualcosa tipo: pica – 72 to a foot).
Alla fine del Seicento un certo Truchet ideò in Francia una unità di misura chiamata ligne seconde, definendola come la dodicesima parte della ligne, che a sua volta era la dodicesima parte del pollice, che era la dodicesima parte del piede. In base a questa definizione, una riga sarebbe 2,2 millimetri circa, e una ligne seconde poco meno di 0,2 millimetri. Poco importa, perché questo sistema non entrò mai nell’uso comune.
Più fortunati furono Fournier e Didot, che diedero due definizioni diverse di punto tipografico.
Fournier ci arrivò nel 1737. Prese sempre il numero 12 come base. Un dodicesimo del piede francese era uguale a un pollice, il pollice andava diviso in sei parti chiamate cicero, e la dodicesima parte del cicero era il punto. Quindi in un piede ci entravano 864 punti.
“Il tentativo di Fournier rimase solitario e sconosciuto fino al 1760, quando un altro francese, Francois-Ambrose Didot uniformò il punto tipografico alla sesta parte di una riga, corrispondente a un 1/72 del pollice reale francese (punto Didot)”, dice in maniera un po’ confusa Wikipedia (è il punto ad essere la settantaduesima parte del pollice, non la riga).
Apparentemente il calcolo sarebbe uguale a quello attribuito a Fournier, ma il risultato è diverso: il punto Fournier era 0,3449 mm, quello Didot 0,3759...
L’articolo sul cicero attribuisce questa unità di misura a Didot, e l’anno sarebbe il 1780. Informazione che contraddice quello che è scritto nell’altro articolo.
Nella pagina non viene data nessuna misura in millimetri, ma si dice che il cicero “È simile ad un pica inglese, ma, essendo il pollice francese leggermente più lungo di quello inglese, vi è un rapporto di circa 1,061 cicero per pica”.
L’articolo dedicato alla Riga Tipografica non parla di pica inglese, ma solo di pica statunitense e pica informatica, che pure differiscono tra di loro. La prima è 4,217 mm, la seconda 4,233 mm.
Quest’ultima è in uso sui nostri computer. È pari a 12 dei nostri punti tipografici, ed è presente in molti software per l’impaginazione. In OpenOffice, ad esempio basta cliccare col destro sui righelli che compaiono nella finestra, sopra il foglio e alla sua sinistra, per ottenere un menù che permette di impostare la misura in pica.
Mentre nella pagina sul cicero si parla al maschile di “un pica inglese”, nella pagina sulla riga tipografica se ne parla al femminile: “la pica statunitense” e “la pica informatica”.
Il rapporto di 1,061 può sembrare insignificante, ma corrisponde a circa sei punti in più ogni cento. Che significa una riga in più o in meno ogni 16 circa, a parità di spazio.
Cioè: 16 cicero occupano all’incirca lo stesso spazio di 17 piche informatiche.
Il sito della Treccani offre solo la misura approssimata di quella che Wikipedia chiama pica americana, e non prende in considerazione altre definizioni.
La misura del punto pica della Treccani quindi non coincide con quella del punto in uso sui nostri computer.
Il primo significato della parola pica è gazza, nel senso di uccello. Sembra che nella chiesa inglese nel medioevo un libro di un certo tipo non meglio specificato si chiamasse pica. Nessuno sa però che cosa c’entrasse con le gazze.
Per impaginare i testi coi caratteri in metallo o legno i tipografi avevano degli strumenti chiamati tipometri, che non erano altro che righelli su cui erano indicate le misure in punti tipografici e in cicero, in Italia, o in piche, nei paesi anglofoni.
Anonima Impressori ha una collezione di tipometri col nome delle società che producevano caratteri e macchine tipografiche (Uranio, Nebiolo...), e nel 2015 ne ha prodotto anche uno col proprio logo, su carta Kraft 400g, che regalava ai visitatori del proprio laboratorio a Bologna.
Da notare che nella tabella di Wikipedia che si vede nella pagina dedicata al cicero, il nome cicero compare soltanto per il francese e il tedesco, mentre in italiano è sostituito dal termine lettura.
Probabilmente la nomenclatura italiana mostrata è quella che era in uso ai tempi di Bodoni, alla fine del Settecento. Il grande incisore italiano Giambattista Bodoni era appena dieci anni più giovane di Didot. Nel suo Manuale Tipografico, pubblicato postumo nel 1818, ancora non compaiono le misure in punti ma solo le denominazioni tradizionali.
Il termine parmigianina per la dimensione più piccola mai realizzata fino a quel momento, pari a circa 5 punti tipografici, lo scelse lui in onore della città in cui lavorava, Parma. Senza le tecniche e i macchinari dell’età industriale, produrre caratteri in quelle dimensioni richiedeva parecchia cura e abilità.
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