Manifesto ottocentesco /1

Sul web sono stati caricati molti manifesti ottocenteschi impaginati in una maniera che è notevolmente bizzarra, secondo i nostri standard.

Tra il Quattrocento e l’Ottocento i tipografi si occupavano solo della stampa dei libri, quindi le fonderie producevano caratteri ben proporzionati e adatti allo scopo. Ma nell’Ottocento venne inventata la pubblicità, quindi l’obiettivo non era più quello di garantire una lettura placida e tranquilla ma di attirare l’attenzione dei passanti distratti, anche con la forza se necessario.

E visto che la stampa a colori richiedeva tempo e costava troppo, e visto che spesso era difficile inserire illustrazioni nei manifesti, tutto il lavoro doveva essere fatto dai caratteri tipografici.

Quindi iniziarono ad essere realizzati caratteri mostruosi, strettissimi o larghissimi, con aste sottili e grazie ultra spesse, o addirittura senza grazie, cosa che nei secoli precedenti non si era mai vista.

Si iniziarono a progettare grazie dalle forme bizzarre, biforcute ad esempio, e caratteri dotati di spessore, ombra, o ultra-decorati all’interno delle aste.

Un singolo manifesto poteva essere composto con parecchi di questi font, dato che il messaggio veniva diviso in più righe e bisognava restringere le parole lunghe e allargare le parole brevi per farle entrare nella pagina. Di più: si allargavano le parole corte per farle diventare più larghe delle parole lunghe che magari erano in dimensione minore, in maniera tale da avere un testo centrato ma con righe larghe e righe strette alternate.

Il manifesto che mi è capitato davanti agli occhi si apre con la scritta “Full Moon.”, col punto finale, in caratteri che ricordano il Playbill. Credo sia una crociera di una serata, di sabato, al costo di 40 centesimi, su un vaporetto su cui si sarebbe esibita una band.

Comunque: la mia idea è quella di chiedere a What Font Is di identificare i caratteri usati, per vedere se sono stati digitalizzati o se ce ne sono di simili. Già, perché non tutti i caratteri presenti sui cataloghi dell’epoca sono stati digitalizzati. Anche perché non c’era l’idea di famiglia di caratteri come ce l’abbiamo oggi, in cui è lo stesso disegno che deve essere riprodotto in tutte le dimensioni con le stesse proporzioni. A quei tempi il disegnatore poteva fare scelte diverse a seconda della dimensione a cui lavorava, per cui il disegno di ogni lettera poteva non essere lo stesso.

Ad esempio, il carattere usato per scrivere “Full Moon.” ed “Excursion”, tutto in maiuscolo, è caratterizzato dal fatto che ha aste più sottili e tratti orizzontali pesanti nella fascia superiore e inferiore, anche quando si tratta solo di grazie. 

Lo stesso vediamo nella riga in piccolo con la data. Ma appunto, la scritta è piccola, il font è un altro, le proporzioni sono diverse per quanto riguarda il contrasto, la larghezza delle lettere, e perfino le forme: qui la O è ovale anziché avere tratti verticali rettilinei ai lati.

Per la scritta Full Moon What Font IS suggerisce al primo posto Egyptian Bold, seguito da Norfolk JNL e più giù AT Branding Iron, tutti acquistabili su My Fonts.

In realtà al terzo posto c’è il Wood Tuscan Condensed, ma come dice il nome si tratta di un tuscan, ossia un font che pur avendo le stesse caratteristiche in termini di spessori e proporzioni, ha delle grazie biforcute e delle punte a mezza altezza che gli danno un aspetto completamente diverso.

Il sito permette di tarare la ricerca anche solo sui font di Google, ma il servizio è a pagamento.

Comunque si può cercare tra quelli gratis per uso personale, che se è il caso vengono elencati anche nella ricerca generale.

Quindi il sito ci suggerisce anche Wood Print di Elo Marc, scaricabile gratuitamente da Dafont.

Un font che fa parte di questa famiglia si trova anche su Google Fonts, è lo Smokum, ma i suoi tratti sottili sono troppo sottili e le O hanno una forma troppo rettangolare, con segmenti di contorno che sono rettilinei in alto e in basso.

Ora, proviamo a identificare anche gli altri font.

(segue)

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