Taz
Mi è capitato tra le mani il settimanale Telepiù, edito da Mondadori, che contiene i programmi televisivi della settimana.
Nel titolo di uno dei programmi compariva una & particolare. Non formava nessun occhiello: a sinistra quella che sarebbe la E era formata da due tratti curvi, come fossero due c una sull’altra. Il tratto finale della c inferiore risaliva verso destra, e in teoria avrebbe dovuto toccare un tratto orizzontale, visto che questo simbolo nasce dalla legatura tra la e e la t della congiunzione latina et.
E invece il tratto che dovrebbe essere orizzontale qui era obliquo a salire.
Mando solo questa lettera a What Font Is e il sito non ha nessun dubbio: il primo risultato che fornisce è Taz Bold, seguito da molti altri font della stessa famiglia. Il primo di una famiglia diversa ha la & di forma totalmente differente, quindi è da escludere.
Dice Identifont che questo carattere è stato sviluppato inizialmente per i titoli del quotidiano nazionale tedesco basato a Berlino Tageszeitung, soprannominato Taz.
È disponibile in vari pesi, anche in versione condensata, e in una versione adatta ai testi di dimensione più piccola.
Gli anni indicati sono 1997 e 2010.
Nel 2007 il sito Typographica lo ha selezionato tra i suoi preferiti per quell’anno.
Non mi pare di averlo mai visto o sentito nominare, ma l’autore è famoso: Luc De Groot.
Forse chi non è del mestiere non ha mai sentito nominare il disegnarote olandese, ma basta fare i nomi del Calibri e del Consolas per evocare sensazioni conosciute. Sono entrambi forniti col software Microsoft, spesso come font di default (il Calibri nei programmi da ufficio, il Consolas in Blocco Note o dove è richiesto un monospace).
Tra i caratteri simili al Taz il sito consiglia Sophisto, FF Unit e Klavika. Il nome di quest’ultimo mi è rimasto impresso perché era in uso nella sovrimpressione del Tg1 Rai fino a qualche anno fa. Autore Eric Olson, Process Type Foundry.
Fonts In Use non fornisce nessuna informazione sul Taz, ma ha già collezionato quattro segnalazioni di usi.
Uno di questi è stato messo a punto da un museo fotografico olandese, che ha usato il carattere in maniera originale. Visto che le lettere sono state declinate in parecchi pesi diversi, sono state fatte delle scritte che cominciano con lettere pesanti che si trasformano in lettere sempre più leggere. Ad ogni riga successiva il passaggio alle lettere più leggere avviene prima, aggiungendo al tutto un effetto obliquo molto interessante.
La famiglia completa è composta da 128 font. Acquistarli tutti ovviamente influisce sui costi: laddove uno solo costa 45 euro (e 43 centesimi), l’intero pacchetto costa 1.372 euro (e 17 centesimi).
Fino all’Ottocento ogni tipo di carattere faceva storia a sé, per peso, larghezza e dimensione. Nel Novecento è nata l’idea di creare famiglie di caratteri che condividevano il nome e la forma base delle lettere ma potevano essere prodotti in vari pesi e in varie larghezze, oltre che in una dimensioni diverse.
Nella seconda metà del Novecento sono state messe in commercio famiglie di caratteri disponibili in una vasta gamma di pesi e larghezze. Il pioniere credo che sia l’Univers di Adrian Frutiger, 1957.
L’ultima frontiera della tipografia sono i font variabili, introdotti da pochi anni, nei quali non solo possono essere disponibili tutti i pesi e tutte le larghezze richiesti sul mercato, ma tra l’una e l’altra ci sono 100 livelli intermedi. E tutto è incluso in un file unico. Questo permette sia di creare degli effetti statici di transizione graduale in un testo stampato, sia animazioni di scritte in video, con parole che si allargano o si restringono, si appesantiscono o si alleggeriscono dolcemente conservando sempre le giuste proporzioni.
Su Google è possibile trovare molti font disponibili in tutta la gamma dei pesi, e i principali vengono forniti anche in versione variabile. Scegliere di installare il peso singolo o utilizzare il file variabile dipende soltanto dalle esigenze del momento e dalla disponibilità di un software adatto. Usando i font commerciali, anche la questione del budget diventa determinante. Acquistare un font variabile viene a costare quanto tutti gli stili che compongono la famiglia. Se anziché creare degli effetti particolari l’esigenza è quella di comporre un testo normale, al massimo con parole in grassetto e corsivo, non ha senso pagare anche per gli stili che non si dovranno usare.
Su Telepiù l’ora e il titolo di ogni programma sono tutti in maiuscolo grassetto. La descrizione è in un peso più leggero e contiene anche le minuscole. Le trame di film, telefilm e soap opera sono in corsivo.
Per quanto riguarda i simboli speciali, ne troviamo due: il pallino e la stellina.
Il pallino serve per specificare se il film è adatto ai minori o no. Ce n’è sempre uno, ma cambia il colore: rosso, giallo, verde.
La stella invece serve per dare un giudizio di qualità. È sempre rossa e viene ripetuta da 1 a 5 volte (Apollo 13 è un film da cinque stelle, come pure Pulp Fiction e Ritorno Al Futuro).
Nel Taz sicuramente c’è un pallino, è il glifo di valore unicode 8226, chiamato Bullet e disponibile in versione piccola o grande.
La stella mi pare che non ci sia.
Guardando nei glifi del font c’è qualcosa di simpatico: l’orma di un cane, ad esempio, o una lampadina illuminata.
La stella ha un suo valore Unicode: U+2605, chiamata Black Star. Nella posizione successiva troviamo la White Star, che è la versione outline, quella di cui si vede solo il contorno mentre l’interno è trasparente. I nomi Black e White si riferiscono al fatto che disegnando i caratteri tradizionalmente il nero è il colore dell’inchiostro e il bianco quello della trasparenza.
Mi pare che la stragrande maggioranza dei font non supporta questo glifo.
Su Google lo trovo nel Dela Gothic One di Artakana, in una versione un po’ gonfia.
Il mio browser attinge la forma dal Segoe UI Symbol.
Unicode ha previsto altri glifi con la forma della stella, sia di dimensioni più piccole o più grandi o con un diverso numero di punte, sia con vari effetti particolari (inserita in un cerchio, con un cerchio inscritto, con contorno comstock, outline a spessore variabile, con ombra o con effetto rosa dei venti).
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