Bopomofo
Il bopomofo è un alfabeto creato per essere utilizzato nella traslitterazione del cinese standard a fini pedagogici e didattici. Oggi a Taiwan è utilizzato anche per l’inserimento della scrittura sulle tastiere informatiche, insieme a cangijie e dayi.
In Cina si usa invece il pinyin, basato sulla traslitterazione latina.
Il nome bopomofo e quello delle prime quattro lettere: bo, po, mo, fo.
L’invenzione risale al dicianovesimo secolo, quando in Cina si voleva insegnare la fonetica del mandarino a tutta la popolazione. Infatti nel Paese si parlano diverse lingue pur condividendo la stessa scrittura. Lo stesso simbolo viene pronunciato in maniera diversa da persone diverse, che parlando non si capiscono ma scrivendo sì. È un po’ come con le emoji: se un cinese mi spedisce l’emoji di un’automobile io le do un nome diverso rispetto a quello a cui sta pensando lui, perché non parlo cinese, ma penso allo stesso oggetto.
Ecco: visto che nella scrittura cinese non c’è nessun legame tra la forma del carattere e la sua pronuncia nelle varie lingue, serviva un sistema fonetico per indicare la pronuncia.
Il principio è all’incirca lo stesso dei kana giapponesi, dice Wikipedia in Italiano, anche se in quel caso si tratta di sillabari e non di alfabeti.
La forma dei grafemi deriva dagli ideogrammi cinesi. L’ideogramma che indica il sole, che si pronuncia ri, è stato utilizzato per la lettera r.
L’enciclopedia in italiano non dice esplicitamente quante lettere compongono questo alfabeto, ma mostra una tabella che ne contiene 37. Prima vengono le consonanti a partire da BPMF, poi vengono le vocali o gruppi di vocali o vocali e consonanti, tra cui troviamo ar, ang, eng, er.
Tutti i segni sono molto semplici da fare, rispetto agli ideogrammi cinesi: al massimo sono tre tratti. Visto che è importante l’ordine con cui vengono tracciati, Wikipedia disegna in rosso il primo tratto, in verde il secondo e in blu il terzo.
L’articolo contiene anche delle tabelle di confronto con altri sistemi di romanizzazione: Pinyin, Tongyong pinyin, Wade Giles (che fanno uso tutti e tre di lettere romane) e bopomofo, detto anche zhuyin fuhao.
Per quanto riguarda il sistema dayi invece il link è rosso: Wikipedia in italiano non ha niente in proposito.
A dire la verità neanche quella in inglese.
Wiktionary conosce la parola e ne spiega il significato generico.
Il metodo non è citato sotto questo nome nella pagina di Wikipedia in inglese dedicata alla traslitterazione del cinese.
L’articolo cita il Guanhua zimu, sviluppato nell’Ottocento dal cinese Wang Zhao, i kana taiwanesi, le lettere di pronuncia tao, la scrittura phags-pa, gli alfabeti manchu e mongolo, lo xiao’erjing (che usa la scrittura araba), la cirillizzazione (alfabeto cirillico), il braille (per i ciechi) oltre a romanizzazione e bopomofo.
Per quanto riguarda il concetto di grafema, si può leggere la pagina che Wikipedia dedica all’argomento, che dice solo una piccola parte di quello che c’è da dire ma contiene comunque un numero spropositato di spunti.
Il grafema è “un segno elementare e non ulteriormente suddivisibile che costituisce l’unità minima dei sistemi di scrittura”.
Non sempre i grafemi corrispondono ai fonemi. Ad esempio il suono gn nella parola gnomo è un solo fonema ma composto da due grafemi.
Ad ogni grafema possono corrispondere vari grafi, ossia forme: la a del Futura è diversa da quella del Garamond.
Inoltre un grafema può avere delle varianti chiamate allografi: le maiuscole sono allografi dei grafemi minuscoli, ossia forme particolari che si usano a seconda del contesto, ad esempio all’inizio di una frase o in caso di nomi propri.
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