La tacca del carattere in metallo

Su Wikipedia, nella pagina dedicata al carattere tipografico, si può vedere un disegno con la nomenclatura di tutte le parti di un carattere in metallo.

Era questo un blocchetto in lega a base di piombo, su un lato del quale emergeva in rilievo la forma rispecchiata della lettera.

Il metodo inventato da Gutenberg a metà del Quattrocento prevedeva che un tipografo prendesse, a mano, lettera per lettera, i caratteri necessari a comporre un testo, prelevandoli dagli appositi scompartimenti di una cassa e allineandoli nel compositoio.

Una foto del compositoio si può vedere sul blog Typefoundry, su Blogspot, con alcune righe di testo già composte.

Il compositoio era un piccolo oggetto in metallo, con una parte mobile per regolare la lunghezza della riga.

Non poteva ospitare il testo dell’intera pagina, ma solo di poche righe per volta.

Una volta composte, queste dovevano essere trasferite sul banco dove si accumulava piano piano tutto il testo, che poi poteva essere tenuto insieme con uno spago prima di essere fissato nella forma da inchiostrare.

La foto si trova in apertura di un post del gennaio 2012, molto lungo, in cui ci si lamenta un po’ della mancanza di informazioni sulla tipografia dei secoli passati. Le tecniche inventate da Gutenberg sono rimaste quasi invariate per quattrocento anni. Con la rivoluzione industriale sono stati inventati dei meccanismi in grado di automatizzare la produzione di caratteri e la composizione dei testi. Con la Monotype e la Linotype inventate a fine Ottocento, il tipografo digitava sulla tastiera il testo da comporre, e la macchina fondeva sul momento i caratteri necessari.

Questi sistemi automatici sono rimasti in uso fino agli anni Settanta del Novecento, e anche nel decennio successivo, prima che venissero introdotti computer in grado di impaginare e memorizzare i testi.

Nel disegno su Wikipedia la freccetta numero 2 indica una parte del carattere che in italiano si chiama “tacca”.

È una parte incavata, una fossetta di forma semicilindrica, che si trova su uno dei lati corti del blocchetto metallico raffigurato.

Serviva per fare in modo che il tipografo capisse al tatto quale era l’orientamento giusto del carattere, senza bisogno di guardarlo. Utile ad esempio per distinguere una p da una b, o un 6 da un 9.

In inglese la tacca si chiama “nick”.

L’articolo su Typefoundry notava che nelle illustrazioni sull’Enciclopedia di Diderot la tacca si trovava sotto la lettera, anziché sopra.

Perché avrebbe dovuto trovarsi sopra? Perché, ci dice il blogger, vari Paesi avevano fatto scelte diverse, e mentre i caratteri francesi avevano la tacca sopra, quelli inglesi ce l’avevano sotto.

Visto che l’Enciclopedia di Diderot è un testo francese, ci si sarebbe aspettata l’immagine di caratteri concepiti alla francese.

Dice il post che in Italia, a giudicare dalle forme ancora esistenti appartenute a Bodoni, la tacca era sotto, come in Inghilterra.

Quando si allineano i caratteri nel compositoio, la parte di sotto è quella che resta a vista.

Il post va avanti a lungo con questa questione, mettendoci anche fotografie di caratteri d’epoca.

E tocca anche un’altra questione interessante: quella della f crenata.

In tipografia digitale il kerning o crenatura è una numero che viene associato a una specifica coppia di glifi e che indica di quante unità devono essere avvicinati quando sono consecutivi, per evitare di lasciare uno spazio eccessivo tra l’uno e l’altro.

Il fatto che alcuni tratti di una certa lettera vadano ad invadere lo spazio di un’altra lettera non ha nulla a che vedere con la crenatura, e non richiede nessun accorgimento particolare.

All’epoca dei caratteri in metallo invece si parlava di kerning quando una parte dell’asta di una lettera andava a sovrapporsi al blocchetto della lettera precedente o successiva.

Si trattava di qualcosa che richiedeva accorgimenti particolari, e che rendeva i caratteri più fragili. In caso di tensioni troppo forti, c’era il rischio di spezzare il tratto che sporgeva.

La lettera più problematica perché di uso più comune era la f, che ha una forma che tradizionalmente interferisce con le lettere alla sua destra. Volendo disegnare un tratto che si allungava troppo in avanti era necessario creare anche tutte le legature con le lettere in cui quello spazio è occupato da un tratto: la l, la i col puntino, o un’altra f.

Alcune fonderie invece puntarono su disegni in cui l’estremità superiore della f non si allungava in avanti, e tanto più dovettero farlo con l’invenzione della linotype dove non era proprio possibile fare lettere con kerning.

Prima la fotocomposizione e poi il computer hanno fatto sparire questo tipo di limitazione, e al giorno d’oggi, specie nei serif, la f rattrappita, o non crenata secondo la terminologia dell’epoca, è stata in gran parte abbandonata.

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