Numeri a volontà
I numeri che usiamo noi vengono detti arabi perché gli europei li hanno appresi dai libri di matematica scritti dagli arabi, ma in realtà sono stati inventati in India.
Oggi sono usati nella stessa forma pressoché in tutto il mondo, indipendentemente dal sistema di scrittura adottato. Se ci capita tra le mani un giornale cinese o indiano magari non siamo in grado di capire cosa c’è scritto e neanche di riconoscere le lettere, ma qua e là riconosceremo l’aspetto familiare dei numeri.
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Un articolo di economia dal sito di Dainik Jagran, il principale sito di informazione indiano. Completamente illeggibile a parte... i numeri, facilmente riconoscibili nel testo. |
E il fatto che i numeri siano comuni a differenti scritture non è il solo aspetto sorprendente. L’altra caratteristica particolare è che agli stessi simboli sono associati nomi differenti. Se un indiano ci dice il prezzo di un souvenir nella sua lingua non riesce a farsi capire, neanche scandendo una cifra alla volta. Ma se ce lo fa vedere scritto, è già nella nostra lingua!
Tuttavia la questione è molto più complicata, perché gli stessi numeri arabi o indiani che dir si voglia hanno assunto forme completamente diverse in epoche diverse e in Paesi diversi. E se le forme che si usavano inizialmente in Europa sono andate perdute, sostituite da quelle attuali, quelle di altri popoli hanno meritato un loro spazio su Unicode.
Basta andare su FontSpace ed effettuare una ricerca con lo strumento Unicode Character Explorer. Se filtriamo in base alla parola “digit” vengono fuori 850 risultati.
I primi della lista sono delle varianti dei nostri numeri da usarsi in matematica (in versione Bold o Outline) oppure nella grafica (all’interno di un cerchio pieno o vuoto).
Ma tutti gli altri risultati, a gruppi di dieci, riguardano la versione delle cifre arabe in uso nelle forme di scrittura più sconosciute e impensate.
Ci sono i numeri indo-arabi, detti anche persiani che sono stati usati nel Vicino Oriente.
E poi i counting rods, per esempio, i numeri mende kikakui, forse usati in Sierra Leone e Liberia, i numeri adlam, che arrivano dall’Africa occidentale. Gli spigolosi numeri nko, di nuovo dall’Africa.
Dal Bangladesh arrivano i numeri bengali. Dal Punjab, tra India e Pakistan, arrivano i numeri gurmukhi. Ancora dall’India arrivano i numeri gujarati, oriya, tamil, telugu, kannada e malayalam.
E anche saurashtra, brahmi, sora, sharada, sundanese, modi, takri, warang, lepcha, ol chiki, masaram gondi, mro.
Dallo Sri Lanka arrivano i numeri sinhala e dalla Tailandia i numeri thai. Questi due sono imparentati tra di loro: in entrambi i casi il numero 1 ricorda un po’ una @, a parte il fatto che il tratto circolare procede in senso orario.
Dal Laos arrivano i numeri lao. Poi possiamo vedere i numeri tibetani usati da popoli diversi, quelli birmani, pure in diverse versioni, e i numeri vai (Liberia), cham (Vietnam e Cambogia), etiopi, mongoli, limbu e newa (Nepal), i numeri copti (Egitto), osmanya (Somalia), sinhala (Sri Lanka), ahom (Tailandia), hmong (tra Cina, Vietnam, Tailandia e Laos).
Insomma, tanta roba dall’Asia, qualcosa dall’Africa.
America e Oceania hanno applicato pressoché ovunque il sistema europeo, quindi nulla di strano.
Ce n’è abbastanza per lasciare disorientati, ma io direi di aggiungere un altro po’ di materiale.
Perché cercando “numeral” sullo stesso sito vengono fuori quei sistemi che non corrispondono a quello posizionale decimale che usiamo oggi. Troviamo ad esempio i numeri romani, che si basavano sulle lettere IVXLCDM (Unicode ha dedicato vari codici sia alle versioni isolate dei segni, anche in versione minuscola, sia alle versioni composte per cui XII si può scrivere con un solo glifo). Troviamo l’antico sistema di numerazione italico pre-romano (con la V rovesciata e 50 come valore massimo. Troviamo il sistema di numerazione Hangzhou, con tutte le cifre da 1 a 10 incluso, più un simbolo per il 20 e uno per il 30.
Infine troviamo i numeri Maya, che è vero che si basavano solo sul punto e sulla linea ma Unicode include tutte le combinazioni da 0 a 19, visto che il sistema era in base 20 (per scrivere 21 bastava scrivere 1 1, quindi basta ripetere i simboli forniti).
Abbiamo finito? In realtà no. Alcuni popoli antichi usavano le lettere del normale alfabeto al posto dei numeri: gli ebrei, e in misura minore anche greci e arabi. In questo caso basta procurarsi i loro alfabeti.
Infine, mi mancano i numeri cinesi, quelli che si possono vedere sulle tessere del gioco mahjong. Questi sono disseminati nel blocco Unicode CJK, e in effetti ne esiste anche una versione più complicata, meno comune.
Per chi vuole avere un’idea dell’evoluzione dei numeri arabi dalla forma primordiale a quella che conosciamo noi, Wikipedia offre varie foto e tabelle interessanti, tra cui un piccolo albero genealogico con le principali varianti derivate dalla radice comune.
Tempo fa avevo cercato sul web qualche prodotto che facesse uso di sistemi di numerazione strani. Ho trovato poca roba, tra cui vari orologi. Qualcuno ha anche provato ad inventare sistemi per personalizzare il tastierino numerico dello smartphone usando le cifre tradizionali del proprio Paese.
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