Sistema di numerazione ebraico

In OpenOffice cliccando col destro sulle celle selezionate e poi col sinistro su Formatta Celle si possono scegliere varie opzioni che variano in base alla lingua.

In Italia si usa il punto per separare i gruppi di migliaia mentre si usa la virgola prima dei decimali Chi parla inglese è abituato a fare il contrario. In Svizzera si usa l’apostrofo indifferenziato per le migliaia. In India le migliaia vengono separate a gruppi di due. In Nepal la forma dei numeri è completamente diversa da quella a cui siamo abituati, e la stessa cosa avviene in una manciata di altre lingue al mondo.

Il software è anche in grado di effettuare delle conversioni. Ad esempio, passando una data dal formato italiano a quello thailandese, viene fuori che il 2025 in realtà è il 2568, visto che i thailandesi contano dall’inizio dell’era buddista, 543 avanti Cristo.

Parlando di date, qualcosa di strano avviene anche per la conversione in lingua ebraica dove compaiono al posto dei numeri delle parole apparentemente sconosciute.

L’analyzer di FontSpace ci può fornire i codici e i nomi in inglese di ciascuna delle lettere usate: tav, shin, pe, hebrew punctuation Gershayim e he.

Che parola è? Come si legge?

In realtà non è una parola, ma un numero. Gli antichi ebrei infatti non conoscevano il sistema posizionale e nemmeno le cifre distinte dalle lettere. Avevano assegnato un valore specifico alle lettere del loro alfabeto: prima le unità, poi le decine, poi le centinaia. E si fermavano lì.

Ovviamente si tratta di un sistema obsoleto, inadatto per la matematica, che però è sopravvissuto almeno per un uso: per indicare l’anno, come ci spiega l’articolo di Wikipedia in lingua italiana.

Solo che il conteggio del calendario ebraico parte dalla creazione del mondo, quindi l’anno attuale ha un valore oltre il 5700, troppo alto per i numeri a disposizione.

Così nell’uso comune si omettono i primi cinquemila anni, lasciando solo il resto, col sistema delle lettere dell’alfabeto, da destra a sinistra, con l’accortezza di aggiungere un “doppio apostrofo” prima dell’ultima cifra per far capire che si tratta di un numero. Il gershayim, come lo chiama Font Space.

Controlliamo con l’aiuto della tabella di Wikipedia. Tav vale 400, shin vale 300, pe vale 80, he vale 5.

400+300+80+5=785.

Abbiamo calcolato giusto?

Wikipedia ci dice che l’anno ebraico attuale è il 5785, e ci fa vedere anche la notazione ebraica. Ma ci dice anche che è cominciato il 2 ottobre scorso e finirà il 22 settembre dell’anno prossimo.

Insomma, non è corretto dire che il 2024 corrisponde al 5785 del calendario ebraico, perché in gran parte è stato il 5784. Così come gli ultimi mesi del 2025 saranno già contati come 5786. La corrispondenza non è perfetta, la data di inizio dell’anno ebraico non si ripete sempre uguale tutti gli anni visto che viene seguito il ciclo metonico di 19 anni anziché basarsi sulla posizione astronomica del sole.

Quindi, l’anno prossimo l’anno si scriverà in ebraico nello stesso modo tranne per l’ultima lettera, che sarà vav anziché he.

Nel 2029 basteranno solo tre lettere per indicare l’anno tav-shin-tzadi, perché tzadi vale 90.

E nel 2039 ne basteranno due: tav-tav, ossia 400+400, perché sarà l’anno (cinquemila)ottocento dalla creazione.

La corrispondenza tra numeri e parole nell’ebraico antico ha dato vita a tutta una serie di speculazioni sui significati che possono essere stati nascosti nelle sacre scritture, dove ci sono numeri che potrebbero corrispondere a parole, o parole messe lì per simboleggiarne altre dallo stesso valore numerico.

La disciplina che studia i significati nascosti delle parole collegati col valore numerico delle lettere che le compongono si chiama gematria. Nel corso dei secoli sono stati elaborati vari metodi, come sommare il valore dei nomi delle lettere che compongono una parola, o magari solo la penultima lettera del nome, o moltiplicare, o elevare a potenza..

Non mi pare che ci siano esempi clamorosi dai risultati ottenuti in questo campo. Gli esempi che si trovano sul web il più delle volte lasciano il tempo che trovano in chi non è particolarmente appassionato.

Il famoso numero del diavolo, 666, si dice che potrebbe essere nato da un’operazione del genere, essendo il risultato della somma dei valori numerici delle lettere che componevano un certo nome o una certa parola.

Nel corso dei secoli sono state fatte varie ipotesi, magari forzando un po’ la grafia per adattarla al risultato desiderato, ma non si può dire con certezza a cosa si riferisse l’autore dell’Apocalisse quando ha tirato fuori quel numero.

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