35 anni Dutch Type. La questione ParaType. Font in guerra

Ho dato un’occhiata agli ultimi messaggi di Paratype su X. L’ultimo tweet risale al settembre 2022. diceva semplicemente “poetic” e mostrava un filmato di un asterisco tra due parentesi quadre. I glifi cambiavano forma al variare dei valori di un qualche asse variabile. I raggi dell’asterisco passavano gradualmente da circolari a triangolari, le parentesi potevano essere normali serif con contrasto o qualcosa di slab o forse sans.

Che font è? Non si sa.

I messaggi ricevuti sono una fogna di hate speech: “assassini!”, “amanti del genocidio”, “sponsor del terrorismo”, “postate una svastica, invece”, “evitate i nazisti russi”, e così via.

Paratype è una fonderia russa.

Vista la reazione provocata sotto un post apparentemente innocuo, evidentemente hanno deciso che era inutile continuare a utilizzare questa piattaforma, senza entrare nel merito.

Comunque X consiglia tra gli account da seguire quello di una fonderia che naviga in acque più tranquille: Dutch Type Library, che quest’anno deve celebrare i 35 anni di attività.

La vigilia di Capodanno ha pubblicato la foto del numero 35 visualizzato in un software per il disegno dei caratteri. Sulle linee di contorno sono visibili tutti i punti di controllo delle linee di Bezier.

Oltre a nuovi font in arrivo quest’anno, sono previste anche alcune pubblicazioni e una conferenza, probabilmente l’autunno prossimo.

Il post non ha ricevuto commenti.

I follower sono 4.113, al momento.

Non metto nessun link al post dato che X ha iniziato ad impedire agli utenti non iscritti la visualizzazione anche degli ultimi tweet pubblicati dagli utenti. Lascia vedere solo per un attimo la testata e poi attiva il redirect al login.

Fonts In Use non ha mai ricevuto nessuna segnalazione relativa ai font di Dutch Type Library.

Per contro, Paratype è inclusa in 2587 segnalazioni, ma il dato è ingannevole: il nome compare nella scheda del Futura (1113 segnalazioni), del News Gothic (311), del Cooper Black (258) e di altri font celebri di altre fonderie (tra cui l’Itc Garamond).

Il sito spiega anche da dove sono nate le polemiche di due anni e mezzo fa: “Notare che nel settembre del 2022 la direttrice della Paratype Ltd, Anna Yakupova ha parlato a favore dell’annessione dei territori occupati dell’Ucraina da parte della Russia. Per questa ragione, abbiamo smesso di linkare il loro sito”.

Il link puntava ad un tweet di un utente che il 28 settembre di quell’anno condivideva lo screenshot di una conversazione avvenuta su Telegram.

“Mentre chiacchieravamo, il nostro Paese è cresciuto e mi congratulo con tutti per questo”, diceva la Yakupova, dopo avere saputo i risultati del referendum in Donbass. “I referendum sono terminati, i risultati sono evidenti. Bentornati in Russia”.

Diceva l’utente su X:“ la comunità del type design deve tenere conto di questo. Per favore non lavorate con ParaType e non usate i loro font”.

Apparentemente nessun sito di informazione ha mai approfondito questa storia.

Purtroppo il clima di guerra fa arrivare le sue ripercussioni anche nel mondo tipografico.

Ad aprile 2022 i siti della Monotype risultavano inaccessibili da indirizzi Ip russi.

La notizia è finita anche nella cronaca nazionale italiana, raccontata da giornalisti che non ne capivano granché e che comunque non hanno più dato aggiornamenti sugli eventuali sviluppi.

“Dopo le sanzioni al vocabolario dei cocktail (non potete più bere un Moscow mule bensì un Kiev mule) arrivano i cartellini rossi dei font”, scriveva il Messaggero. “Ci sono i proprietari di alcuni caratteri tipografici che hanno disabilitato ai russi le loro lettere dell’alfabeto. Si tratta di stili tipografici abbastanza famosi e molto usati: Times New Roman, Arial, Verdana, Tahoma e Helvetic”.

Effettivamente l’Helvetic è famosetto.

L’articolo citava un anonimo portavoce di Monotype che, intervistato dall’agenzia di stampa russa Tass, diceva: “Mi dispiace dire che, considerando le attuali circostanze delle sanzioni e delle relazioni internazionali con la Russia, non siamo in grado al momento di gestire alcuna relazione commerciale con le aziende russe o le loro filiali. Continueremo a tenere d’occhio la situazione e ad aggiornare la nostra politica di conseguenza”.

Nessuno ha stimato il danno economico subito dall’azienda per aver dovuto rinunciare a tutta la clientela nel Paese.

L’articolo dice che già nel maggio 2016 il ministro delle comunicazioni russo aveva chiesto di eliminare font stranieri dai computer degli enti ufficiali.

Dopo l’annessione della Crimea nel 2014 Monotype aveva tagliato i ponti con lo Stato russo, rifiutandosi di fornire font al Ministero della Difesa.

Dopo l’inizio della Guerra nel 2022, Monotype aveva pubblicato sul suo account Instagram ufficiale un post in cui aveva incoraggiato a fare donazioni nei confronti di varie associazioni ucraine e aveva condiviso opere di alcuni artisti ucraini, in alcune delle quali campeggiava la scritta “pace” sui colori giallo-blu della bandiera.

Il blocco del sito non ha avuto pressoché nessuna conseguenza per gli utenti comuni, spiega Il Messaggero, ma ha influito sulle case editrici e le aziende coinvolte nella produzione di software. Dice anche che in caso di necessità lo Stato potrebbe ricorrere a licenze forzate.

Il Fatto Quotidiano scriveva poche righe quando ancora non era arrivata nessuna conferma ufficiale da parte di Monotype in merito a restrizioni in corso.

Come terzo risultato Google mi dà un articolo di Rivista Studio non datato, dal titolo a effetto “Putin non potrà più scrivere in Times New Roman”.

A quando risale? Probabilmente al decennio scorso, visto che si parlava di misure approvate dal Congresso americano che impedivano di stringere accordi con società legate agli apparati di difesa del Cremlino, che non influivano sulle attività delle normali società commerciali.

L’articolo diceva che la decisione era “un problema serio” e che “l’inconveniente causerà problemi di compatibilità difficili da quantificare”.

Per quanto ne so, una qualunque pagina web può essere visualizzata anche senza avere installato il font giusto, e lo stesso discorso vale per un pdf senza font embedded. E se il font installato sul computer dell’utente ha le stesse metriche del font mancante, non si creano particolari problemi nell’impaginazione, a parte il cambiamento di aspetto delle lettere. Lo sperimentano tutti i giorni gli utenti Linux, dove non c’è il Times New Roman, ma anche gli utenti di Android, dove non pure non ci sono font Monotype.

Insomma, i documenti vecchi sono comunque leggibili e per quelli nuovi basta scegliere un font che già esiste. Senza contare che senza un trattato internazionale per far rispettare la legge, al limite ognuno può fare come vuole.

Insomma, le aziende occidentali hanno perso clienti, e quando le sanzioni dovessero essere abolite, non riusciranno a riconquistarli perché questi hanno scelto nuovi fornitori.

Ma il danno economico non è niente. La devastazione maggiore è quella tra i rapporti umani.

A proposito. C’è almeno un’altra guerra in corso. E non sono arrivati messaggi accorati e appelli da parte di Monotype.

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