Big Ben
Qual è l’orologio monumentale più famoso al mondo?
Non so se esiste una classifica, ma di sicuro il Big Ben di Londra è uno dei monumenti mondiali più facilmente riconoscibili.
Eppure fino a un attimo fa non avrei saputo dire come sono fatti i numeri che si trovano sul quadrante. Ci avete mai fatto caso?
Faccio una ricerca con Google, e a prima vista mi pare che non ci siano numeri, ma solo le linee delle ore. Non sarebbe mica una cosa strana: molti orologi da polso a lancette, anche costosi, sono disegnati in questo modo.
Ma l’apparenza inganna. Su Wikipedia si può vedere una foto molto ravvicinata del quadrante e i numeri ci sono. Numeri romani, ma in stile gotico, quindi riconoscibili a malapena.
I numeri I, II, e III possiamo facilmente immaginarli: uno, due e tre trattini affiancati. Ma quando ci avviciniamo al V, ci aspettermmo di trovare dei tratti obliqui. E invece no, perché la V gotica è fatta di due tratti verticali molto ravvicinati, paralleli, che si toccano appena, in basso.
E quando arriviamo verso il dieci, dove ci aspetteremmo di trovare l’incrocio di due tratti obliqui, ecco un’altra sorpresa: la X gotica viene fatta con un solo tratto verticale tagliato a croce da un tratto orizzontale, e solo alle due estremità si diramano appena i tratti divergenti.
Insomma, da lontano sull’orologio si vedono solo tratti verticali, e solo conoscendo il sistema di numerazione romano si riescono ad interpretare quei segni che a un profano potrebbero sembrare semplici decorazioni.
Vado su Identifont, tra le Unusual Features, per vedere se tra i font con una x barrata ce n’è uno che somiglia a quello usato sull’orologio londinese. Ma la lista è deludente. C’è solo una manciatina di font con questa caratteristica, di cui solo un paio di gotici: un Fraktur e un blackletter inglese, il Monotype Engravers Old English, che è famoso sì, ma ha il tratto orizzontale della x all’altezza dell’incrocio tra due tratti obliqui a croce di Sant’Andrea. Nulla a che vedere con quello che si vede sull’orologio.
Ho cercato direttamente tra le minuscole perché le maiuscole gotiche sono molto ingombranti, hanno ragnatele varie o tratti aggiuntivi che rendono le lettere irriconoscibili. La I maiuscola è tutto tranne che un trattino verticale.
Che si fa in questi casi?
Potrei tentare col riconoscimento automatico ma in questo caso mi ispirano di più i vecchi sistemi.
Vado su Dafont e inizio a scorrere la lista dei gotici medievali.
I primi della lista hanno la x fatta a forma di x, finché arrivo al Gothic Godness di Woodcutter, che ha una x con lungo tratto verticale, sembra quasi una r, ma senza tratto orizzontale. La v non è fatta da lunghi tratti paralleli, e la i ha il puntino.
Il punto sulla i non c’è sempre stato ma è qualcosa
che è stato aggiunto alle lettere gotiche solo in un secondo
momento, per esigenze di chiarezza. I font digitali si rivolgono a un
pubblico moderno, così tendono a fornire tutte le funzionalità che
un moderno font deve avere, dai puntini sulle i ai numeri arabi ai
segni di interpunzione moderni, che all’epoca non c’erano o
avevano una forma diversa.
L’English Towne di Dieter Steffmann pure ha il tratto orizzontale sulla x e una v con tratti paralleli, ma il tratto centrale della x è obliquo anziché verticale e c’è il puntino sulla i.
Il Germanica di Paul Loyd ha una x interessante, ma sulle i c’è un puntino tondo altamente improbabile.
Il Jsl Blackletter di Jeffrey S. Lee ha una x irriconoscibile, ma senza trattino, e delle i con un piccolo accento al posto del punto.
Il Tabor Sinfonia ha il tratto verticale sulla x, ma la v non è composta di tratti paralleli.
L’Anglo Text di House of Lime è simile a quello che ci serve. Anche qui c’è il punto sulle i, e questa lettera ha parecchio spazio intorno: se sul Big Ben la scritta VIII è un blocco unico, con più spazio nella V che tra le lettere successive, in questo font lo spazio è molto di più, specie tra le i (ma non tra la v e la i).
Tantissimo spazio anche nell’English Gothic, 17th c. di Fight the Dragon, ma le lettere sarebbero quelle, punto a parte.
Noto anche il Barloesius Schrift, di Peter Wiegel, molto nero.
Il DK Balckminster di Hanoded corrisponde alla descrizione. Anche qua c’è il punto: noto che in nessuno dei font incontrati finora ci sono i senza punto, evidentemente è una cosa impensabile.
Trovo uno appresso all’altro il 1454 Gutenberg Bibel di John H. Schmidt e il Gutenberg Textura di Dieter Steffman. Nel primo il punto è a mezzaluna con la gobba in alto, nel secondo è a diamante, ma entrambi sono ispirati al font disegnato dall’inventore della tipografia.
L’unico font senza punti sulla i che noto è il Westdelphia di Iconian Font, con x come quella che cerchiamo, anche se in effetti i tratti della v sono un po’ obliqui e il disegno non è troppo curato.
Comunque di x con tratto verticale unico ce ne sono tante, da Gutenberg in poi, non è affatto una soluzione insolita, tra i gotici, anche se oggi è poco apprezzata. Deve essere così anche tra i font commerciali, solo che Identifont non se n’è ancora accorto.
Tanto per curiosità, imposto
l’anteprima anche con le maiuscole, e trovo il risultato migliore:
Gothferatu di Jeff Bensch. Le I non hanno il punto, la V è di tratti
paralleli, la X ha un tratto verticale e uno orizzontale, con un
piccolo svolazzo in basso.
Il nome Big Ben in origine era quello della campana, dice Wikipedia, ma si è poi esteso anche all’intera torre o solo all’orologio.
La torre non è quella di una chiesa, ma del palazzo di Wenstminster, dove si riuniscono entrambe le Camere del Parlamento.
È stata costruita tra il 1834 e il 1858.
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