Il blackletter e i nazionalisti

Sul sito 99percentinvisible si può ascoltare un servizio di 37 minuti in inglese, o leggerlo sotto forma di articolo, che ricostruisce a grandi linee la storia del blackletter e il suo legame con i movimenti di estrema destra tedeschi.

Il punto di partenza è la notizia che su un autobus di Dresda qualcuno aveva affisso un foglio con la scritta “Questo autobus è guidato da un autista tedesco”. Di sicuro era un messaggio dei nazionalisti contro gli immigrati. Il font scelto era in stile blackletter, che evidentemente è legato con quella parte politica.

L’articolo in questione risale al 2020.

Partendo da questo episodio si ricostruisce la storia dello stile. Nel medioevo era molto più comodo scrivere in questo modo, tenendo conto delle tecnologie disponibili. Era anche una questione di moda, tant’è vero che quando gli umanisti iniziarono ad appassionarsi alla storia dell’antica Roma, in Italia ma non solo, riscoprirono anche le forme delle lettere che erano state abbandonate nel corso del medioevo.

Quando Martin Lutero sostenne la riforma protestante in polemica con Roma, la contrapposizione fu anche tipografica, coi protestanti che usavano il blackletter mentre i cattolici usavano le lettere antiche (romane).

I nazionalisti tedeschi quindi puntarono su questo stile quando la nazione era divisa, e continuarono a sostenerlo dopo l’unificazione.

Quando arrivarono al potere i nazisti negli anni Trenta del Novecento, usarono frequentemente font blackletter nella loro propaganda.

Ma a quanto dice l’articolo, questo stile a Hitler non piaceva, per cui nel 1941 si arrivò alla decisione di abbandonarlo e puntare sulle lettere romane.

Tuttavia questo stile è ancora un elemento caratteristico dell’identità nazionalista di destra, e di tanto in tanto ricompare.

Ovviamente non tutto ciò che è in blackletter è nazista, dice l’articolo: molti quotidiani anche prestigiosi hanno la testata in blackletter. Per non parlare dei localini caratteristici nei centri medievali, oppure di quei prodotti che vogliono richiamarsi a una lunga tradizione, ad esempio gli alcolici. E anche in alcuni generi musicali si può usare il blackletter senza essere sospettati di simpatie naziste. Esiste un’organizzazione che insegna agli studenti a leggere i testi in “Deutsche Schrift”, per motivi pratici: molti documenti dei secoli passati sono scritti in questo modo, gli storici hanno bisogno di decifrarli, e spesso non solo loro.

Per quanto mi riguarda, l’articolo è scritto un po’ troppo alla lontana, e parla di Fraktur e blackletter come se fossero sinonimi. Dal punto di vista tipografico non è proprio così. Il Fraktur infatti è uno stile ben preciso che si distingue da altri blackletter, come si può vedere in una tabella che compare nella stessa pagina e che confronta le lettere del Fraktur con quelle dello Schwabacher, del Rotunda e del Textur.

Il Fraktur è tipicamente tedesco, con quella S in cui il tratto inferiore sale al disopra della lettera come fosse una C, mentre la A ha una forma che ricorda la scritta 2l.

Quello che la tabella chiama Textur è molto popolare perché per molto tempo è stato l’unico blackletter disponibile al grande pubblico, diffuso insieme al software Microsoft con il nome di Old English. Che significa: vecchio inglese.

Che è appunto lo stile che sta alla base della testata di molti quotidiani mondiali, dal New York Times al Sidney Morning Herald fino all’italiano Il Messaggero.

Ma che viene usato anche dai neonazisti: il cartello sul bus di Dresda era appunto scritto in Old English, non in un Fraktur tedesco. Così come era stata impaginata in Old English la copertina di un’edizione del Mein Kampf che circolava anni fa tra gli estremisti italiani.

Insomma, è strano che i sostenitori di qualcuno che aveva dichiarato una guerra all’ultimo sangue agli inglesi poi si ritrovino ad utilizzare un font inglese nella loro propaganda.

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