Il Resto Del Carlino

 

Tra i principali giornali italiani, il Resto Del Carlino è quello che ha il nome più insolito.

Non è un nome collegato con la comunicazione di notizie (Corriere di..., Gazzetta di..., il Messaggero di...), né un nome istituzionale (La Repubblica, La Nazione...), né è qualcosa collegato col giornalismo (La Stampa, il Giornale, Il Fatto, La Notizia...), o con il passare del tempo (Il Tempo, Avvenire, ...Oggi, ...Today, Sole 24 Ore).

La pagina di Wikipedia dedicata dedica un paragrafo all’ “Origine del nome” prima ancora di parlare della storia, dei direttori, delle firme e della diffusione.

Nel 1885 a Firenze circolava un giornale di nome “Il Resto al Sigaro”, venduto nelle tabaccherie al prezzo di 2 centesimi. Visto che il sigaro costava 8 centesimi, pagando con una moneta da dieci si potevano ottenere i due prodotti. Alcuni intellettuali bolognesi decisero di proporre un’idea simile nella loro città, dove la moneta da 10 veniva chiamata col nome di una vecchia moneta di epoca pontificia, il carlino, appunto.

Secondo Wikipedia c’era anche un modo di dire locale per cui “dare il resto del carlino” significava “dare a ciscuno il suo avere”, “regolare i conti”, e per estensione “pungolare i potenti e fustigare i prepotenti”.

Il nome che compare sul primo numero era “Il Resto... del Carlino”. “I puntini di sospensione al centro del nome erano ironici”, scrive l’enciclopedia. Il giornale aveva “un tono originale, scanzonato e bizzarro”. Gli altri giornali bolognesi avevano nomi tipo “La striglia”, “La Frusta”, Lo Scappellotto”. Il formato era piccolissimo 19x29 cm, meno di un A4. I giornali seri erano più grandi e costavano cinque centesimi, più del doppio. Ma questo giornale non doveva fare concorrenza alla stampa seria, bensì fornire un resoconto veloce dei fatti del giorno a chi non aveva tempo di leggere i grandi giornali.

E la grafica della testata è abbastanza improbabile, secondo i nostri standard.

La si può vedere su Wikipedia. Su Abe Books ne stanno vendendo una copia al prezzo di 716,11 euro.

La data è 20 marzo 1885. Fra poco compirà 140 anni.

Le lettere sono disegnate a mano, con svolazzi e gocce da tutte le parti. Uno stile indefinibile. Neanche tuscan. Le lettere hanno altezze sempre diverse. E per giunta lo sfondo è scarabocchiato e quindi il testo è difficilmente leggibile. “Il” addirittura è scritto in bianco su fondo nero. E a completare il tutto c’è il disegno di una donna che manda sbuffi di fumo da un sigaro, credo.

Su Wikipedia si può vedere una prima pagina del Resto al Sigaro di Firenze. Anche qui abbiamo lettere disegnate a mano in maniera irregolare, senza gocce e svolazzi ma sovrapposte fra di loro e quindi ancora più confuse. Lo sfondo è reso grigio da tante linee oblique, e il disegno raffigura un uomo con barba e cappello che emette tutto quel fumo col sigaro in bocca.

In entrambi i casi c’è una moneta da 2 centesimi raffigurata nella testata e la pagina è suddivisa in 3 colonne separate da linee verticali.

I titoli sono poco più grandi del testo, sempre su una colonna e su una sola riga.

Il primo Resto del Carlino si apre con un riquadro con due “Dispacci Stefani”, laddove Stefani era la principale agenzia di stampa italiana, oggi Ansa. Sotto troviamo due riquadri intitolati “Stampa italiana” e “Stampa estera”, scritti in caratteri più piccoli, che rassumevano notizie varie prese da altri giornali.

Poi segue l’editoriale, a caratteri più grandi, in uno stile che ricorda il Century. Il titolo è: “?...”

“Il punto interrogativo che scriviamo in fronte al primo articolo sta a sintetizzare la curiosità dei lettori riguardo al come e al perché della nostra pubblicazione”, è l’attacco del pezzo. La pagina si chiude con la rubrica “Per posta” ossia “nostre corrispondenze”, con un articolo da Roma.

Dal punto di vista tipografico notiamo una certa varietà. Gli articoli principali abbiamo detto sono in Century, c’è un font più piccolo per la rassegna stampa, e in entrambi i casi c’è frequente uso del corsivo.

I nomi delle città all’inizio dell’articolo, e la data non separata dalla virgola ma seguita dal punto, sono in neretto, prima del trattino lungo.

La firma dell’editoriale è “I redattori.”, tutto in maiuscolo e col punto finale.

Un po’ di varietà si trova nei titoli delle rubriche.

“Dispacci Stefani” è scritto in un maiuscoletto in cui le iniziali hanno un tratto che si allunga in basso a sinistra. Le due rubriche di rassegna stampa hanno il nome in un senza grazie stretto sottile.

Quel poco che possiamo vedere del titolo dell’editoriale ci fa capire solo che il punto è a forma di trattino. Il “Per posta” finale è tutto maiuscolo, praticamente slab, o egizio, come si diceva all’epoca.

Noto pure che quando nell’editoriale dicono “Due Centesimi” lo scrivono in senza grazie grassetto. E poi c’è in alto il serif display stretto con cui danno l’indirizzo della redazione, e quello più largo sopra con la dicitura “Politico-Quotidiano.

All’incirca troviamo le stesse cose sul Resto Al Sigaro, con città e data in grassetto, stavolta però separate dalla virgola, dimensioni dell’editoriale più grandi rispetto alle notiziole, dicitura “Dispacci Stefani” in caratteri senza grazie. 

La testata del giornale bolognese cambiò quasi subito: Wikipedia ne mostra varie copie dell’Ottocento in cui comunque la testata è fatta con caratteri irregolari disegnati a mano, ma senza gocce e svolazzi, senza fumo di sfondo e senza illustrazioni. Già nel 1886 l’impaginazione era a cinque colonne e notiamo un’impostazione più moderna.

Col passare del tempo i caratteri sono diventati sempre più composti.

Oggi il nome è scritto in caratteri ispirati ai senza grazie geometrici, con a a un solo piano come quella del Futura.

Il Resto Del Carlino fa parte della rete QN Quotidiano Nazionale, e dovrebbe essere ancora oggi nella top ten dei quotidiani più venduti in Italia. Gli ultimi dati che ho visto lo danno al settimo posto, ma non sono i più recenti.

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