Lindt
A Natale mi è capitata fra le mani una barretta di cioccolata Lindt. Ovviamente anziché che concentrarmi sul contenuto ho iniziato a fare caso alle scelte tipografiche della confezione.
Si fa presto a dire packaging, come se fosse un ambito neanche lontanamente paragonabile all’editoria. In realtà molte scelte sono le stesse, in materia di font, margini, composizione, illustrazioni, colori eccetera, con l’aggiunta di tecniche che altrove sono impensabili.
Non serve certo un particolare spirito d’osservazione per notare la preziosità del lavoro: la prima cosa che si vede è il marchio di fabbrica stampato a lettere d’oro, con sottolineatura in oro e drago alato in oro.
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La scritta in lettere dorate è un tocco di stile. |
Non solo si può ammirare a vista, ma anche al tatto, perché la scritta è in rilievo. Sul lato interno si possono notare i tratti incavati dove sull’altro lato c’è l’oro.
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Il retro della scritta dorata. Si riconosce il drago al centro, la linea sotto e la t sulla destra (ribaltata). Sì, lo so, mi è venuta un po' mossa, bisognava rifarla... |
Le scritte e decorazioni riflettenti, dorate, argentate, o di colori particolari a piacere (blu, rosso, viola...) compaiono solo sulle confezioni più eleganti ma c’è un’altra caratteristica che distingue il packaging da altri prodotti editoriali: la presenza di colori personalizzati.
Una normale rivista a colori si può stampare utilizzando semplicemente gli stessi colori di base che si usano nelle stampanti da ufficio: ciano, magenta, giallo e nero.
La tecnica è quella dell’halftone: l’immagine viene scomposta nelle sue quattro componenti, ognuna delle quali viene disegnata mediante una griglia di puntini più grandi o più piccoli a seconda se il colore deve essere più intenso o più chiaro. Ogni colore ha la sua griglia disposta con un angolo diverso, per evitare che si creino effetti spiacevoli.
Con questo sistema possono essere ottenuti tutti i colori necessari a far sì che una foto sembri normale ad un osservatore.
Ma le riviste devono pubblicare foto sempre diverse, mentre la confezione di un prodotto non solo ha sempre la stessa immagine, ma di solito ha un colore di sfondo che non è il bianco e ha magari altri colori che si ripetono, collegati con l’azienda o con il prodotto specifico.
Quindi vengono aggiunti uno o due colori al processo di stampa. Si può fare perché le presse industriali vengono assemblate in maniera modulare. Anziché avere soltanto quattro componenti una di seguito all’altra ce ne possono essere cinque o sei o di più.
Di solito oltre alle grafiche preparate per il pubblico viene stampato in un angolo anche un insieme di segni che servono agli operatori per capire se i colori si sovrappongono alla perfezione e se c’è qualche problema in uno degli inchiostri. Quando è possibile questi dettagli di servizio vengono tagliati via dal prodotto finito, ma spesso rimangono.
Nel caso della cioccolata in questione la cosa mi stupisce perché anziché di cinque o sei caselle colorate ne trovo 10!
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I colori primari sono quei quattro al centro. I primi due a sinistra li vediamo in uso su questa confezione, gli ultimi tre invece non sembrano esserci. E allora perché compaiono nel test? |
Quattro sono per i colori di base: ciano, magenta, giallo e nero. Una è per il bianco, ossia il colore di sfondo.
Quindi i colori personalizzati sono cinque: il marrone scuro e il marrone più chiaro, che, dato che il prodotto è la cioccolata, sono usati come colore di sfondo globale e in combinazione per creare lo sfondo delle etichette e qualche sfumatura.
Gli altri tre sono rosso, verde e blu scuro. Che destano qualche perplessità perché in questa confezione non compaiono. Che ci stanno a fare? Non è colore che si spreca?
Evidentemente servono per qualche altra cosa.
I gusti di ogni tipo di cioccolata sono caratterizzati ognuno da un colore diverso. Quella che ho io ha una striscia color verde acqua. Non è uno dei colori personalizzati: basta guardarla all’ingrandimento e si vede che si tratta di un halftone, una combinazione di vari colori.
Dalla parte opposta della stessa facciata della confezione c’è un’altro insieme di quadratini di test degli inchiostri. Sono sette, stavolta, in gradazioni di grigio più chiare e più scure.
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Il grigio è ottenuto con la tecnica dei mezzitoni, ma non solo con l'inchiostro nero bensì con una combinazione dei vari colori disponibili. Di nuovo, scusate per la qualità della foto. |
Se le guardiamo all’ingrandimento, si nota che non sono ottenute dosando il nero, ma tutti gli inchiostri contemporaneamente.
Un’ultima nota per quanto riguarda il font scelto per il marchio Lindt. È una calligrafia a lettere unite, inclinata in avanti, in uno stile conosciuto come corsiva inglese. Ispirata alla scrittura a mano, ma molto, molto formale.
Mi ricorda il Palace Script, con la differenza che il font ha i tratti sottili molto più sottili di quelli usati da Lindt.
Per quanto riguarda la concezione delle lettere: la L di Lindt si attacca alla i in basso mentre quella del Palace punta all’estremità superiore della lettera; la n di Lindt ha un tratto rettilineo e uno curvo, mentre nel Palace la forma è quella a due gobbe; infine sulla confezione di cioccolata la d e la t hanno la stessa altezza mentre nel font la d è più alta.
Altra differenza notevole: per Lindt le minuscole sono più alte di mezza maiuscola mentre nel Palace no.
Per chi cercasse un’alternativa gratuita online, il Pinyon Script di Nicole Fally penso sia la scelta più appropriata tra quelle disponibili su Google Fonts.
Le lettere richieste sono concepite come quelle del Palace, ma i tratti sono più esuberanti. Per evitare problemi la L non si lega alla i né in alto né in basso.
A parità di corpo, il Pinyon occupa molto più spazio rispetto al Palace, e le minuscole sono più grandi anche in proporzione con le maiuscole. Una n minuscola di Pinyon è alta il doppio di una di Palace, a parità di corpo.
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