Orologi a sei ore

Mi era capitato di vedere qua e là, su edifici antichi, quadranti di orologi in disuso che indicavano soltanto sei ore. Non avevo mai fatto mente locale.

Scopro ora che esiste una pagina di Wikipedia che cataloga decine di esemplari sopravvissuti, soprattutto in Italia, fornendo per ciascuno anche la fotografia del quadrante e della facciata dell’edificio su cui si trova, oltre che il nome della città, della regione, dell’edificio ed eventualmente le coordinate.

A quanto pare il sistema che usiamo oggi, delle ore “francesi” o “spagnole”, è entrato in vigore solo sul finire del Settecento. Fino ad allora gli orologi venivano regolati in maniera tale che la ventiquattresima ora era quella del tramonto. Il sistema è stato abbandonato perché richiedeva aggiustamenti periodici, dato che l’ora del tramonto si sposta di parecchio, tra estate e inverno.

L’orologio inizialmente aveva solo una lancetta, quella delle ore. Tanto non c’erano aerei in partenza, o programmi tv, o altre operazioni per cui fosse importante conoscere con esattezza il minuto preciso.

Le 24 ore venivano smistate non in gruppi da 12, come sugli orologi a lancette che si trovano in vendita oggi, ma in quattro gruppi da sei. La lancetta doveva fare quattro giri al giorno anziché due.

C’erano dei vantaggi. Era più facile riconoscere l’ora dal suono delle campane: è difficile distinguere undici rintocchi da dodici, o peggio ventitré da ventiquattro. Con questo sistema invece bastava contare al massimo fino a sei. Difficile che qualcuno confondesse i sei rintocchi delle 12 coi sei delle 18. Questo sistema comportava anche una minore usura dei componenti, costi minori e meno guasti.

Il fatto che i numeri fossero ben spaziati tra di loro permetteva di fare una stima precisa dei minuti, tenuto conto che non c’era la lancetta apposita.

Quando è entrato in vigore il nuovo sistema, molti quadranti e meccanismi sono stati sostituiti, ma alcuni sono rimasti lì abbandonati, oppure sono stati adattati al nuovo sistema. Dice Wikipedia che l’orologio del Quirinale è fatto in questo modo. Lo inquadrano spesso in tv, ma non ci avevo mai fatto caso.

La stragrande maggioranza degli orologi di questo genere ha le ore scritte in numeri romani. Esiste un’unica eccezione tra quelli fotografati per Wikipedia: quello di Caldarola, nelle Marche, che è in numeri arabi abbastanza normali, forse un po’ rétro (il 5 ha il tratto superiore ondulato e con estremità a bottone).

Un’altra caratteristica ricorrente è quella che i numeri vanno disposti obbligatoriamente a raggiera con la parte bassa rivolta verso il centro. In pratica quelli del quadrante inferiore risultano capovolti. Negli orologi moderni la prima scelta è quella di mettere tutti i numeri in verticale, anche quando sono numeri romani. Tutt’al più, se si vogliono mettere a raggiera, si sceglie di metterli sempre dritti, ossia quelli della metà inferiore hanno la parte bassa rivolta verso l’esterno. Invece tra gli orologi a sei ore una cosa del genere è impensabile. 

In molti casi poi il numero 4 è scritto IIII anziché IV, per cui dritto o capovolto non fa comunque nessuna differenza, proprio come per gli altri numeri della metà inferiore: II e III.

A rigor di logica tutte le I dello stesso numero dovrebbero essere parallele, ma in alcuni casi vengono disegnate convergenti. Quando le cifre sono piccole, la cosa si nota di meno, ma quando sono grandi, viene fuori un effetto abbastanza buffo, come sulla Torre Civica del Castello di Macerata Feltria, in provincia di Pesaro e Urbino.

Tra un numero e l’altro può non esserci niente, oppure possono essere segnate le mezze ore, i quarti e anche delle frazioni ulteriori.

Alcuni quadranti sono semplici, altri hanno qualche illustrazione. L’orologio di Villa Torlonia, a Roma, è inserito all’interno di un affresco con i disegni dei dodici segni zodiacali e credo anche dei quattro venti. In alcuni casi il quadrante può essere disegnato su mattonelle o realizzato a mosaico, oppure può mancare del tutto: al palazzo comunale di Lucignano, Arezzo, i numeri sono realizzati in ferro e inchiodati su una nuda parete di pietre irregolari. Le mezz’ore sono marcate da gigli stilizzati. Al Castello Orsini di Nerola, Roma, il quadrante è un disco di ferro in cui sono stati ritagliati i numeri (ma montato capovolto). 

Altri orologi hanno i tratti semplicemente incisi nella pietra, o perché il colore se ne è andato, o perché non c’è mai stato.

Anche le lancette possono essere più semplici oppure di forme fantasiose, talvolta con l’estremità piantata al centro, altre volte costruite come l’ago di una bussola, fissato a metà, con una punta di freccia a un’estremità e un contrappeso dall’altra parte. All’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, rione Borgo, Roma, la lancetta è a forma di lucertola, mentre a Palazzo Rondinini, Campo Marzio, sempre Roma, è un serpente arrotolato al centro e proteso con la testa e la coda in direzioni opposte.

Nella lista è finito anche un intruso: l’orologio della chiesa di San Matteo a Borgo Velino, Rieti, che è da 12 ore con il 12 in basso i numeri disposti in senso antiorario.

Sull’orologio di Santa Croce del Sannio, provincia di Benevento, di cui è rimasta solo la cornice, i numeri sono disposti in senso antiorario e non spaziati in maniera costante.

Per quanto riguarda le lettere romane disegnate, si varia parecchio nello spessore dei tratti, nella larghezza delle lettere, e nella dimensione, ottenendo effetti completamente diversi.

Una cosa che sicuramente non mi aspettavo di trovare è qualche scritta in caratteri senza grazie. Al Seminario Vescovile di Città di Castello, Perugia, c’è un orologio coi numeri romani senza grazie disposti a raggiera, le mezz’ore divise in quattro quarti ciascuna, due lancette e la data 1899. Molto oltre la data in cui questo sistema è caduto in disuso. Ma sono pressoché senza grazie anche le cifre di quello di Padergnone, Bergamo, che pure sembra più antico e non ha nessuna divisione intermedia tra un’ora e l’altra. A Castel San Niccolò, Arezzo, sono stati utilizzati caratteri senza grazie le cui aste si restringono verso la base.

Sull’orologio della chiesa dei Santi Settimio e Stefano di Palazzo, frazione di Arcevia, Ancona, c’è scritta la data: MDCCXIIII (1714), ma non è questa la sua unica particolarità. Il fatto è che si tratta di un orologio da 12 ore, solo che i numeri vanno da I a VI, e poi di nuovo da I a VI.

Al palazzo Albergati di Zola Predosa, Bologna, l’orologio è al centro del soffitto, in una specie di cupola.

Al duomo di San Giorgio Martire a Caccamo, Palermo è stato montato un normale orologio da 12 ore all’interno della cornice in pietra in cui sono indicate le sei ore del vecchio sistema.

A furia di scorrere le immagini di orologi da sei, ci si inizia ad abituare e a chiedersi come mai non li facciano tutti così. E anche a notare al volo quando c’è qualcosa di strano.

L’orologio della chiesa di Santo Strato a Posillipo, Napoli, arriva fino a VII, con I allineato in alto anziché a destra del numero centrale come è sui normali orologi.

Non mi sembra che si siano mai contate le ore fino a sette, che per giunta non è un numero divisore di 24 quindi scombinerebbe tutti i calcoli.

È un assurdo errore o ci sarebbe magari una storia dietro questo orologio? Non è che segna magari il giorno della settimana?

La chiesa ha due torri campanarie: sull’altra c’è un orologio normale.

Gli orologi da sei ore non sono i più strani che i turisti possono trovare in giro per l’Italia.

Vicino a San Marco a Venezia o in piazza della Loggia a Brescia ce ne sono due da 24 ore, col 24 posto sulla destra, poco più in alto di dove noi mettiamo il 3.

In questo caso l’ora indicata era sicuramente quella italica, dove il 24 segnava il tramonto.

Per noi il mezzogiorno capita sempre alla stessa ora e il tramonto quando è inverno capita prima mentre quando è estate capita più tardi. All’epoca il tramonto capitava sempre alla stessa ora, le 24, ma il mezzogiorno capitava a ore diverse nei vari periodi dell’anno. Quando venne introdotta la riforma da parte delle autorità, le persone comuni si sentirono molto disorientate, tanto erano abituate al vecchio sistema.

Su internet si vendono un sacco di prodotti originali, ma a quanto pare non ci sono orologi da sei ore, né da parete né tanto meno da polso. Si possono trovare quelli da 24, ovviamente col 24 posto in alto, non a destra come quelli antichi.

E si possono vedere le foto di quelli che erano stati realizzati quando era circolata la proposta di abbandonare i multipli di 12 e contare le ore fino a 10, sempre nel Settecento. 

Un altro articolo di Wikipedia dedicato all’ora italica dice che il sistema di contare le ore dal tramonto si diffuse a partire dal quattordicesimo secolo soprattutto in Italia, ma anche in Boemia, Slesia e Polonia. 

Ma questo non implica l’uso di quadranti da sei anziché quelli da 12 o da 24.

Infatti il primo articolo di Wikipedia segnala solo quattro orologi col quadrante da sei all’estero: uno all’Italian Forum Cultural Center di Sydney, uno a Ragusa in Croazia, e due al Palazzo Nazionale di Mafra in Portogallo.

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