Lugrasimo

Secondo Google Translate la parola fancy si traduce con fantasia oppure voglia, immaginazione, capriccio, estro, stravagante, gusto, ghiribizzo, decorato, eccetera.

Ma in Google Fonts Fancy è una categoria che comprende font calligrafici.

Comprende al momento 97 tipi di carattere, il più popolare dei quali è il Dancing Script, di Impallari Type, seguito da Lobster, stesso autore, coi tratti più pesanti, e dal Great Vibes di Robert Leuschke.

Leuschke ha fornito al sito parecchi calligrafici. È suo anche il meno popolare della categoria, il Puppies Play, con lettere un po’ ballonzolanti e con svolazzi arricciati, poco adatto per l’uso web.

Al penultimo posto c’è l’Estonia, sempre suo, un cancelleresco all’antica coi contorni imprecisi, buono per stampe in dimensioni medio grandi ma che non fa un buon effetto su monitor e display.

Col nuovo sistema di classificazione del sito, sotto il nome di ciascun font compare l’elenco di tutte le categorie di cui fa parte. L’Estonia si trova in Appearance – Distressed, in Feeling – Active, Feeling – Artistic, Feeling – Vintage e in Calligraphy – Informal, oltre che in Feeling – Fancy, appunto.

Il sito permette di organizzare la lista anche per ordine di arrivo, e l’ultimo ad essere stato aggiunto è il Lugrasimo, di The Doc Repair Project e Astigmatic.

È qualcosa che mi ricorda le lettere medievali, non blackletter, ma con asse inclinato in avanti.

È pensato come alternativa al Lucida Calligraphy. Basato sul Fondamento, un calligrafico che riproduceva la calligrafia foundational, creata da Edward Johnson all’inizio del ventesimo secolo.

“Le lettere sono chiare e facilmente leggibili, basiche e formali”, dice la descrizione.

È già usato da 5.200 siti web, nell’ultima settimana i server di Google lo hanno servito 887 mila volte.

Il riferimento al ventesimo secolo mi ha un po’ spiazzato. Dico: vuoi vedere che ho preso una cantonata nel vederci qualcosa di medievale?

E invece no. Trovo sul web un pdf di cinque pagine che parla proprio del lavoro di Johnston, dicendo che è ispirato a manoscritti del nono e decimo secolo, in particolare il salterio Ramsey, in minuscola carolingia.

In pratica il periodo di riferimento è quello in cui la minuscola è stata inventata. Gli antichi romani non ce l’avevano, scrivevano i libri tutti in maiuscolo. Nel corso del medioevo è stato poi elaborato lo stile gotico, con linee dritte e spezzate e la minuscola carolingia è stata messa da parte, almeno fino a quando alla fine del medioevo è stata riscoperta e usata dagli umanisti, e poi è diventata la base dei caratteri tipografici per la stampa, tecnica appena inventata.

Insomma, le lettere carolinge sono leggibili con maggiore facilità rispetto a quelle gotiche perché la loro forma base è la stessa delle lettere che usiamo ogni giorno.

Ovviamente sui manoscritti d’epoca c’è qualcosa che un po’ ci infastidisce. Nel pdf si può vedere una pagina del salterio Ramsey.

Le lettere si toccano tra di loro, in gran parte dei casi non c’è spazio tra una e l’altra. A volte più che toccarsi si fondono in un unico glifo, cambiando forma: ad esempio vediamo che la r dopo la o assume la forma rotunda, un po’ come la parte di destra di una R maiuscola.

Ci sono inoltre molte abbreviazioni: la sillaba per è semplicemente una p con un tratto orizzontale che la sottolinea, intersecando il tratto discendente.

Le abbreviazioni si usavano ancora ai tempi di Gutenberg, obbligando i primi tipografi a dover realizzare molti più caratteri rispetto alle lettere dell’alfabeto esistenti.

Nella pagina in questione si vede l’inizio di una preghiera bibllica: “Benedite sole e luna il Signore, benedite stelle del cielo il Signore...”. Visto che è molto ripetitiva, la parola “Signore”, in latino, viene abbreviata “dno” (o “dni”, al genitivo), con una tilde tra la n e la lettera seguente, e “benedite” diventa “ben”, con una tilde sulla n.

Interessate notare che il titolo della preghiera è scritto in caratteri diversi rispetto al testo. E non si tratta di un maiuscolo, semmai un maiuscoletto realizzato con la forma delle maiuscole romane.

Ricordiamo che stiamo parlando di un manoscritto, quindi non ci sono particolari complicazioni per l’amanuense nel disegnare varianti delle varie lettere. Il titolo dice “Hymnus Trium Puerorum”, laddove la T e la parte di destra di una R maiuscola sono fuse insieme. L’amanuense risparmia inchiostro e spazio, quindi per lui è più semplice scrivere così, mentre in tipografia questa sarebbe una complicazione, perché l’incisore dovrebbe realizzare un punzone in più con la legatura TR.

La preghiera in questione è il “Cantico dei tre giovani” che fa parte del libro di Daniele, capitolo 3, versetto dal 51 in poi.

Nel pdf si possono vedere poi gli studi di Johnston, e un trucco per disegnare le lettere: reggere due matite legate insieme con la stessa mano, tenendo le punte inclinate di 30 gradi rispetto alla linea di base. Una delle due andrà a disegnare il contorno destro del tratto, l’altro il contorno sinistro. Non dico interno ed esterno perché in lettere come la o le due linee si incrociano.

Visto che stiamo parlando di calligrafia e non di tipografia, il documento dà anche indicazioni sull’ordine in cui vanno disegnati i vari tratti a mano, e la direzione in cui bisogna muovere la penna.

Ad esempio la g è composta di quattro tratti: prima si fa una mezzaluna con la parte inferiore sinistra dell’occhiello, poi un tratto zigzagante che chiude il cerchio e scende sotto la linea di base, poi si aggiunge l’orecchio, e infine, sorpresa, l’aggiunta della parte orizzontale al termine della linea di base, ma procedendo da sinistra a destra.

Il Ligrasimo non è una digitalizzazione del lavoro di Johnston, quindi si notano varie differenze. Ad esempio il fatto che la a è a un piano anziché a due.

Guardando l’anteprima del Lugrasimo su Google Fonts trovo qualche dettaglio che non mi ispira troppo. Nella parola “resulted” la s è troppo vicina alla e più che alla u. Certo, nella scrittura a mano le irregolarità sono la norma, ma nell’uso tipografico la cosa non mi convince.

Il salterio Ramsey è un manoscritto famoso. Non ricordo dove, ma da qualche parte ho già visto altri font ispirati direttamente a quest’opera.

Secondo Cathopedia oggi il manoscritto inglese si troverebbe in Germania, presso l’abazia di Saint-Paul du Lavanttal, salvo alcune pagine che si trovano a New York.

Negli anni Novanta ne è stata pubblicata una copia facsimile, dice il sito.

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