Dieci tipi di carattere display dimenticati
La gran parte dei nuovi tipi di caratteri che vengono lanciati sul mercato ogni anno sono caratteri display, ossia quelli che si usano per i titoli e per i testi in grandi dimensioni. Questo perché sono più facili da disegnare, possono essere composti solo di maiuscole e contenere tutte le irregolarità possibili, e perché lasciano libero spazio alle sperimentazioni. Si possono aggiungere svolazzi, spessori o alterare le lettere per ottenere effetti innovativi. I font per testi lunghi invece non permettono la stessa libertà. Prima di tutto devono essere curati nei minimi dettagli, perché basta un tratto troppo spesso in una lettera per punteggiare tutta la pagina, o uno spazio eccessivo in una lettera per spezzare chissà quante parole. Ma poi metterci un tocco troppo creativo rischia di distogliere il lettore dal contenuto del testo.
In tutta questa sovrabbondanza di produzione di font display, ci sono alcuni disegni che sono stati abbandonati, perché dall'aspetto troppo rétro o perché sostituiti da altri caratteri di maggior successo.
Nel 2013 un certo Jim Felici ha scritto un articolo su Creative Pro elencando dieci font display di cui non esisteva ancora una digitalizzazione.
Si tratta di Atlantis, Chambord, Colonia, Condensa, Ile De France, Linea, Marso, Pssitt, Tempo e Oscar.
Alcuni di loro hanno un aspetto vintage, e non c'è da stupirsi per il fatto che non siano stati recuperati. Altri potrebbero essere tranquillamente usati ancora oggi, essendo simili a disegni già in circolazione. Ma proprio per questo sono stati abbandonati: se il Linea è quasi uguale all'Helvetica, perché non usare l'Helvetica? Se l'Atlantis è una specie di Futura, perché non usare il Futura?
Il nome più conosciuto credo sia quello del Tempo, che era molto utilizzato sulle pagine dei giornali, mi sembra intorno agli anni Sessanta, oltre che in altri contesti e poi è scomparso senza lasciare traccia.
"Il Tempo era uno dei cavalli di battaglia dei giorni della composizione in metallo, quindi è un mistero il motivo per cui dell'intera estensiva famiglia soltanto il Tempo Heavy Condensed è disponibile in formato digitale in questi giorni", scriveva l'autore.
L'ultimo font della lista, l'Oscar, è stato messo al di fuori dell'ordine alfabetico per motivi sentimentali. E la cosa ci interessa perché si tratta di un font italiano, disegnato da Aldo Novarese.
Molti dei caratteri di Novarese sono stati digitalizzati, ma non questo che risale al 1966.
Le lettere sono stampatelle, ma disegnate in maniera calligrafica, sembrano corsive ma l'asse è verticale.
"Quando la Fiat ha comprato la Nebiolo (voleva il ramo che produceva presse da stampa) ha smerciato qua e là il suo archivio di caratteri tipografici. Non sono stato capace di sapere quale è stato il destino dell'Oscar", scriveva l'autore.
Il quale si augurava che qualcuno facesse pressioni sui proprietari dei diritti per ottenere dei revival digitali.
Sono passati 12 anni, quasi, da quando è uscito quell'articolo. Chissà se nel frattempo si è mosso qualcosa.
Commenti
Posta un commento