Alexandre de Rhodes
Alexandre de Rhodes è stato un missionario gesuita francese, forse di origine ebraica, vissuto nella prima metà del Seicento, che ebbe un ruolo importante nell'evangelizzazione del Vietnam.
Wikipedia ne mostra un ritratto, con barba e capelli lunghi.
Tra le altre cose, si occupò di sistemare un alfabeto adatto a trascrivere la lingua vietnamita, basandosi sui lavori di Gaspar Do Amaral, Antonio Barbosa e Francisco da Pina. Quest'ultimo è l'unico dei tre ad avere una pagina dedicata su Wikipedia in inglese.
De Rhodes scrisse un catechismo e una grammatica con dizionario, entrambi pubblicati nel 1651 a Roma.
Il missionario preferiva usare le lettere dell'alfabeto latino anziché le lettere nom. A lungo termine, la sua scelta si è dimostrata vincente dato che al giorno d'oggi la lingua vietnamita si scrive appunto usando le lettere latine, con l'aggiunta degli opportuni diacritici quando servono.
Wikipedia in inglese dedica un articolo alla storia della scrittura in Vietnam.
Le parole della lingua vietnamita derivano dal cinese, quindi in passato per trascriverle venivano usati i caratteri cinesi, han, in combinazione con altri caratteri originali vietnamiti, nom.
La scrittura cinese, chu han, venne utilizzata fino al diciannovesimo secolo, ad eccezione di due brevi periodi nel Quattrocento e a fine Settecento quando due dinastie decisero di puntare sui caratteri vietnamiti, chu nom.
Quest'ultima forma di scrittura è stata messa a punto a partire dal tredicesimo secolo, anche se poteva essere in uso già da qualche secolo, pur non essendo rimasti reperti che lo dimostrino.
La scrittura latina invece viene chiamata chu quoc ngu. Qui lo scrivo senza segni aggiuntivi, ma ci sono ben sei diacritici da usare volendo scrivere queste parole correttamente: entrambe le u sono sovrastate da una tilde e seguite da una sorta di apostrofo, mentre sopra la o c'è un accento a forma di semicerchio combinato con un accento acuto.
Per circa due secoli questa scrittura fu comune soltanto tra i cattolici.
Nel 1910 entrò a far parte del programma di educazione obbligatoria messo a punto dai dominatori francesi.
I nazionalisti continuarono a usare il chu nom fino alla prima guerra mondiale, ma il primo quotidiano in chu quoc ngu risale al 1865. Si chiamava Gia Din Bao.
Varie minoranze nel corso dei secoli hanno usato altre forme di scrittura per scrivere parole vietnamite, ma i loro sistemi non hanno mai preso piede al di fuori delle loro comunità.
Su Wikipedia si può vedere anche la prima pagina di una copia del Gia Dinh Bao datata 1866.
C'è un primo paragrafo di tre righe non diviso in colonne, una tabella con dei numeri divisa in tre colonne, e poi il testo dell'articolo suddiviso in due colonne separate da una linea verticale. Nessuna illustrazione, solo qualche decorazione tipografica per sottolineare i titoli, e righe di vario spessore per isolare la testata. Nessuna immagine.
Anche se tutto il testo del giornale è perfettamente leggibile in quanto scritto con lettere latine, pur coi dovuti diacritici, la dicitura col nome della pubblicazione in lettere latine serif moderne (nel senso di stile didone) si trova solo al disotto della dicitura in caratteri cinesi, che è in dimensioni maggiori.
Il nome cinese del giornale è di soli tre caratteri, uno per ciascuna parola, Gia Dinh Bao.
Il giornale venne pubblicato a Saigon dal 1865 al 1910.
Dice Wikipedia che fino all'inizio del diciannovesimo secolo nel Paese si continuò a stampare incidendo nel legno i caratteri cinesi, per cui il giornale in questione era molto innovativo per l'epoca.
Chi non ha idea di che cosa significava incidere i caratteri nel legno può vedere su Youtube un video di un paio di minuti realizzato da China Daily e caricato da China Culture, con audio in inglese.
In pratica si prendeva una tavoletta di legno, si scriveva il testo in caratteri cinesi, ma rispecchiati, si incideva poi in tutte quelle parti in cui non c'erano i tratti delle lettere. Poi si inchiostravano le parti in rilievo usando dei tamponi, ci si appoggiava sopra il foglio e si strofinava sulla sua superficie per fare in modo che l'inchiostro venisse trasferito sul lato inferiore.
Sembra che questa tecnica sia stata messa a punto per la produzione di testi buddisti.
Le differenze con la tecnica tipografica messa a punto da Gutenberg in Occidente erano varie: l'uso del legno non permetteva la produzione in serie mediante stampi, come avveniva in Europa dove si usava il metallo fuso come materiale di base; il legno era più deperibile del metallo, quindi non era adatto a grandi tirature; le lettere venivano realizzate tutte sullo stesso blocco, e quindi non potevano essere riassemblate per comporre testi diversi come avveniva per i caratteri mobili usati in Europa. Infine mancava la pressa da stampa dove bastava un gesto per trasferire tutto l'inchiostro. Qui l'operazione richiedeva tempo, e rischiava anche di rovinare ciò che era scritto sul lato posteriore della pagina.
Il filmato è montato secondo tecniche giornalistiche, quindi si sofferma su ogni dettaglio soltanto per un paio di secondi, aggiungendoci poi immagini che non c'entrano niente: tramonti, lanterne, gente che cammina. Tutto troppo veloce per rendersi veramente conto di come funzionava la procedura.
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