Stampa con Linotype/Intertype

Su Youtube si può vedere un video di cinque minuti che mostra il funzionamento di una macchina per la composizione a caldo linotype. 

La macchina è stata fabbricata nella prima metà del Novecento, ma la sua invenzione risale alla fine dell'Ottocento. Fino a quel momento il tipografo che doveva impaginare un testo doveva prendere a mano i caratteri con le lettere in rilievo da utilizzare e comporre le parole in un compositoio. Dopo avere stampato il testo, ogni lettera doveva essere riposta a mano nel proprio scompartimento. Con la linotype invece bastava digitare il testo su una tastiera per comporre le parole. L'intera riga col testo in rilievo veniva fabbricata sul momento usando il metallo fuso, e le matrici tornavano automaticamente al proprio posto. La fase della composizione diventava molto più rapida, e non si correva più il rischio di restare senza caratteri. 

Il video è stato realizzato con montaggio professionale e musica di pianoforte in sottofondo, ma compaiono anche delle didascalie in italiano, cosa abbastanza rara visto che gran parte del materiale di storia della tipografia che troviamo sul web è in lingua inglese.

Mentre il titolo parla di Linotype e la descrizione accenna alla data del 1950, il titolo che compare nel filmato nomina la Intertype e cita l'anno 1925. 

In effetti il sistema è stato inventato da un tedesco in America, Ottmar Merghenthaler, e l'azienda venne chiamata Linotype da line of type, che significa riga di testo. La Intertype era un'azienda concorrente, che produsse poi macchine in grado di raggiungere lo stesso scopo e utilizzando le stesse matrici. 

La macchina era composta di 11 mila pezzi. Le sezioni principali erano 8: il magazzino delle matrici, la tastiera, il binario che portava alla fonderia, il compositoio, la fonderia, il crogiuolo, la pinza di recupero delle matrici e la vite di riporto delle matrici al magazzino di origine. 

Nel filmato si vede l'operatore che digita il testo sulla tastiera, leggendolo da un foglio appoggiato su un leggio. Le matrici scendono dal magazzino e vanno ad allinearsi nel compositoio a formare le parole. 

Le matrici erano blocchetti di metallo dalla forma particolare. Sul lato posteriore era incisa la lettera a cui si riferivano, orientata nel verso giusto: osservando attraverso un'apposita finestrella, il linotipista poteva leggere la frase che aveva appena digitato e assicurarsi che fosse giusta. 

Sull'altro lato, che non era visibile, la stessa lettera era incavata, in due versioni, ad esempio normale e grassetto, di modo che non era necessario cambiare matrice per passare da uno stile all'altro. 

Nel video vengono inquadrate le matrici sia da un lato che dall'altro. Ma per la seconda inquadratura vengono capovolte, per cui uno istintivamente può pensare che la forma delle lettere era ribaltata. In realtà no: orientandole nel verso giusto è possibile leggere normalmente le parole anche da questo lato; le lettere sulla riga metallica prodotta sulla base di queste matrici sono ribaltate, per poter ottenere la forma giusta nella fase di stampa sul foglio. 

Nelle immagini sembrerebbe che lo spazio sia una matrice come le altre. In realtà volendo ottenere un testo giustificato esistevano degli spazi particolari, composti da due cunei che scorrevano uno sull'altro, per potersi allargare o restringere a seconda delle esigenze. 

Con le linotype la giustificazione del testo era automatica, ma a differenza di quello che succede oggi con i computer, la sillabazione no: era il linotipista che doveva decidere quando interrompere la parola e andare a capo. 

Sul lato posteriore della macchina c'era il crogiuolo, che andava rifornito di barrette di piombo che venivano squagliate col calore. Un pistone pompava il metallo fuso sulle matrici dopo che erano state trasferite automaticamente nella fonderia. Il fatto che la riga di testo uscisse come un oggetto unico anziché come caratteri separati era utilissimo nell'impaginazione dei giornali, dove bisognava spostare a mano i vari paragrafi per dividere l'articolo in colonne. Questo sistema rendeva il testo molto più maneggevole, non si correva il rischio di far cadere letterine da tutte le parti. I lati negativi erano che per correggere un errore singolo bisognava ridigitare l'intera riga, e che tutto il testo non restava memorizzato da nessuna parte. Dato che le righe venivano squagliate di nuovo di giorno in giorno per avere la materia prima per il giornale del giorno successivo, se per qualche motivo era necessario stampare di nuovo lo stesso testo bisognava ridigitarlo da capo per intero. Questo non era un problema nel giornalismo, dove ogni giorno le notizie sono diverse, ma poteva esserlo nelle case editrici, dove periodicamente bisogna stampare nuove edizioni degli stessi libri (la Bibbia, per esempio). Per questo motivo, le case editrici si affidavano ad una macchina per la composizione a caldo completamente diversa, la Monotype, che si basava su caratteri singoli e memorizzava il testo composto su nastri di carta perforata, per poterlo comporre di nuovo in automatico in un secondo momento. 

Ogni matrice della linotype/intertype aveva una serie di dentini particolare, che la manteneva agganciata al binario fino a quando non arrivava nella posizione giusta. Con questo sistema era possibile fare in modo che ogni lettera tornasse da sola nel proprio scompartimento. 

La Intertype è stata fondata nel 1911 da Hermann Ridder, con sede principale a Brooklyn, e ha chiuso nel 1957, fondendosi con la Harris Seybold. 

Il nome completo in origine era International Typesetting Machine Company. 

Dice Wikipedia che la dimensione massima in cui si poteva comporre era 30 punti, ma con qualche modifica si poteva arrivare a 60. 

La scadenza dei brevetti della Linotype fece sì che si potessero costruire macchine Intertype che erano pressoché identiche come struttura, pur con l'aggiunta di una cinquantina di brevetti migliorativi. 

L'azienda Intertype più tardi realizzò anche la prima macchina per la fotocomposizione. L'articolo di Wikipedia in italiano però sembra essere una traduzione automatica di un testo probabilmente inglese, fatta da qualcuno che non sapeva bene di cosa stava parlando e quindi ha trascritto senza capire. 

"La Fotosetter era la prima macchina per la composizione di foto e si basava sugli stessi standard della Intertype, si erano solamente sostituite le matrici in ottone con delle piccole pellicole negative al posto di usare il casting, quest'ultimo usato per esporre la carta fotografica". Eh?!?

Su un sito tedesco è possibile vedere le matrici del Fotosetter: avevano la stessa forma di quelle della Linotype, con tanto di dentini, ma la lettera si vedeva in trasparenza sulla faccia laterale. Anziché pompare il piombo fuso sul lato corto infatti qui veniva fatto passare un raggio di luce attraverso la finestrella con la forma della lettera. Una dopo l'altra le matrici passavano davanti al raggio di luce, e impressionavano la carta fotografica. 

Il sistema della composizione "a caldo" infatti si rivelò superato con il metodo di stampa offset, dove per mettere a punto le lastre per la stampa non serviva il piombo fuso, ma la foto di un testo. 

Il sistema delle matrici separate venne abbandonato presto, sostituito prima da lettere in trasparenza realizzate tutte sullo stesso supporto, di forma quadrata o a disco, e infine da un tubo catodico che visualizzava una lettera dopo l'altra senza spostarsi. Ridurre le parti in movimento aumentò di molto la velocità di composizione dei testi. 

Il Fotosetter venne inventato nel 1946. Su History Of Information si può vedere una brochure del 1950 con una foto della macchina. In gran parte è uguale a una linotype/intertype, anche se la parte di sinistra, quella dove dovrebbe trovarsi la fonderia, è diversa. 

In alto c'era il magazzino con le matrici, mentre sulla destra si possono vedere due casse con gli scompartimenti, come quelle dei tipografi che componevano a mano. Credo siano i caratteri speciali: non tutto entrava nel magazzino, in presenza di simboli strani il linotipista doveva prenderli a mano, a quanto ne so, e inserirli nel compositoio. 

Tra i vantaggi della fotocomposizione c'era quello di permettere di ingrandire o rimpicciolire il testo regolando l'ottica, ossia il sistema di specchi e lenti che proiettavano le lettere sulla carta fotografica. In precedenza i tipografi dovevano acquistare un font diverso per ciascuna dimensione nella quale volevano comporre. Con la fotocomposizione invece si acquistava un font e poi si ingrandiva o rimpiccioliva a piacimento, tra il limite massimo e il limite minimo previsti dalla macchina. 

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