Conferenza sulla Nebiolo

Una conferenza in inglese sulla Nebiolo è stata tenuta nell'ambito della Herb Lubalin Lecture Series e caricata su Youtube da The Cooper Union. 

Ha totalizzato finora 1143 visualizzazioni, dura quasi due ore. 

Intervengono Marta Bernstein, James Clough, Alessandro Colizzi (del Politecnico di Milano) e Riccardo Olocco. 

La Bernstein inizia ricostruendo la storia della Nebiolo, che è stata la principale azienda italiana in campo tipografico. 

Le sue radici affondano alla prima metà dell'Ottocento. 

Nel 1852 era attiva a Torino una fonderia che si chiamava Narizzano. All'epoca quest'attività era soprattutto locale, dati i grossi costi di trasporto dei caratteri metallici in piombo. 

Nel 1878 Giovanni Nebiolo acquista la fonderia. Due anni dopo la trasforma in Società Nebiolo, insiemecon Lazzaro Levi, il cui fratello Giuseppe fu per parecchio tempo capo del reparto vendite. 

In quegli anni l'azienda inizia a stampare Archivio Tipografico, una rivista che doveva informare i tipografi di tutte le notità commerciali e tecnologiche nel campo e che venne diretta da Dalmazzo Gianolio fino al 1915. 

I numeri di questa rivista sono importantissimi per ricostruire la storia dell'azienda, perché ci permettono di capire quali caratteri la Nebiolo lanciò sul mercato e in che anno. 

I primi caratteri non erano originali, ma riproduzioni di quelli realizzati in Germania o in America. 

L'albero genealogico della Nebiolo ha un altro ramo che risale fino al 1838, quando viene fondata a Milano una piccola fonderia chiamata Commoretti, che produceva caratteri, anche originali, e presse da stampa. L'azienda diventa poi Urania, unificando le risorse di molte fonderie, di Milano ma anche di Bologna,  Roma, Firenze. Nomi che ormai sono dimenticati. Cucco e Gariglio di Roma ci dice niente? Alessandri di Firenze? Negroni di Bologna? Albé, Redarelli, Wilmant, Piazza, Rizzi, Zappa di Milano? 

Dopo questa fusione Urania era più grande di Nebiolo. 

Il direttore generale di Urania, Alberto Lobetti Bodoni, divenne poi direttore generale di Nebiolo dopo la morte di Lazzaro Levi, e Angelo Albé divenne poi direttore tecnico del reparto fonderia dei caratteri alla Nebiolo. 

Nel 1908 le due società, Nebiolo e Urania, si uniscono tra di loro chiamandosi Augusta. 

Lobetti Bodoni era parente del noto incisore vissuto tra Settecento e Ottocento. 

La Augusta ottenne i diritti per produrre il Bodoni della Atf disegnato sotto la direzione di Morris Fuller Benton. 

Dopo la guerra mondiale, nel 1920, la fusione diventa definitiva e il nome scelto è Nebiolo. 

Nel 1904 Raffaello Bertieri aveva scritto su Il Risorgimento Tipografico che era triste il fatto che l'Italia non avesse fonderie in grado di presentare novità e continuasse ad imitare il lavoro degli altri. Negli anni Venti proprio Bertieri diventa direttore artistico della Nebiolo e iniziò a creare nuovi caratteri ispirandosi alla storia del Paese. 

Tra il 1928 e il 1933 c'è un nuovo direttore ad Archivio Tipografico. Non si sa chi sia, forse Giulio Da Milano, ma la sua mano si nota. Se prima trovavamo in copertina caratteri serif con lettere organizzate in orizzontale da sinistra a destra e fregi e incisioni tipografiche dall'aspetto tradizionale, a questo punto vediamo sperimentazioni innovative: uso di caratteri sans serif, immagini, scritte oblique e così via. 

A questo punto della conferenza la parola va ad Alessandro Colizzi, che inizia a parlare dello studio artistico della Nebiolo alla fine degli anni Trenta. 

Il primo nome che si incontra è quello di Giulio Da Milano, seguito, sempre nello stesso decennio, da quello di Alessandro Butti, e nei decenni successivi da quello di Alessandro Novarese. 

Sono gli anni d'oro della fonderia: i nomi dei caratteri tipografici prodotti sono quelli che hanno fatto la storia della tipografia italiana del Novecento. 

L'attività di Novarese continua fino agli anni Settanta. 

Un altro nome che viene citato da Colizzi, saltando indietro verso la fine dell'Ottocento, è quello di Edoarto Cotti, che si occupò dello studio per le incisioni fotomeccaniche che venne allestito nella Nebiolo per produrre illustrazioni pubblicitarie, copertine, cartelli, calendari e quant'altro. 

Cotti sarebbe l'autore del Pastonchi, disegnato nel 1928 per Mondadori. 

I primi caratteri originali a cura di Bertieri furono Inkunabula, Ruano, Paganini e Sinibaldi. 

Prende la parola a questo punto Riccardo Olocco, che ha cercato inutilmente una foto di Alessandro Butti. Ha trovato solo degli scatti in cui lui si vede ai margini della foto, insieme ad altre persone. Non è mai il protagonista. 

Olocco spiega il metodo di lavoro di Butti e presenta alcuni dei caratteri disegnati da lui: Fluidum, Resolut, Landi Echo, Quirinus e Recta. 

Quest'ultimo rappresentava la risposta italiana all'Univers, e sebbene sia stato diffuso sotto la direzione di Novarese, il quale fu il responsabile del disegno di alcuni stili, la forma base delle lettere venne messa a punto da Butti. 

Infine, Olocco si sofferma sull'Augustea, nato dallo studio delle iscrizioni romane risalenti appunto all'epoca dell'imperatore Augusto. 

Il carattere venne preparato anche in una versione "filettata", ossia con una parte delle aste in bianco per dare un'effetto di tridimensionalità. 

Peccato che sia più facile trovare conferenze in lingua inglese sulla tipografia italiana anziché in lingua italiana. 

Comunque, la parola passa a James Clough che parla di Microgramma ed Eurostile. "I 150 anni di Microgramma ed Eurostile", è il titolo del suo spezzone, che se preso alla lettera ci porterebbe indietro al 1871 quando in realtà il Microgramma è del 1952 mentre l'Eurostile è di dieci anni dopo. 

Tendenzialmente il disegno di base delle maiuscole è lo stesso, ma nel primo carattere non ci sono le minuscole che sono state aggiunte in seguito. 

La realtà è più complessa. La prima foto che viene mostrata nella conferenza mostra a confronto il Microgramma Bold e l'Eurostile Bold Extended come caratteri in metallo in corpo 36 punti. A parte il fatto che le lettere del secondo sono più larghe, c'è da notare che nell'Eurostile è previsto lo spazio per i tratti discendenti delle minuscole mentre nel Microgramma no. Ne consegue che nel Microgramma l'altezza delle maiuscole corrisponde col corpo del carattere, mentre nell'Eurostile le maiuscole sono più basse, a parità di corpo. 

Il Microgramma venne prodotto in cinque stili: Neretta, Stretta, Neretta Larga, Nera e Nera Larga. 

All'epoca era ancora il produttore che decideva in quali dimensioni produrre il carattere e mi pare di capire che in piccole dimensioni vennero prodotte su fusti dello stesso corpo lettere in dimensioni diverse per adattarsi alle diverse esigenze. 

Viene citata l'Ave Maria del Tipografo, che la Nebiolo riuscì a realizzare su un blocchetto di metallo di sei millimetri per nove, in maniera leggibile usando il Microgramma. 

Si parla poi del reparto che produceva i caratteri in legno, ossia quelli di grandi dimensioni, che non è molto preso in considerazione parlando nella Nebiolo, ma c'era. Il Microgramma venne realizzato anche in corpo 360, o 30 righe come si diceva all'epoca, laddove una riga equivaleva a 12 punti. Credo si stia parlando di punti Didot, quindi il risultato era il 6% più grande rispetto ai punti che conosciamo noi, in questo caso 9 millimetri in più. 

Versioni digitali dell'Eurostile sono state realizzate in tempi recenti, con l'aggiunta di nuovi pesi e anche del corsivo, che nell'originale mancava. 

La forma della O maiuscola è rettangolare, più larga che alta, ma con gli angoli arrotondati. Ricorda i finestrini dei vagoni progettati nello stesso periodo, o gli schermi delle prime tv a tubo catodico. 

Non è il primo font del suo genere. La Atf aveva lanciato il suo Bank Gothic già all'inizio degli anni Trenta. Anche quello era di sole maiuscole, i dettagli però rendono i due font facilmente distinguibili. 

Purtroppo in questi giorni Identifont ha qualche problema ed è spesso inaccessibile, quindi non posso avere un confronto visivo immediato. 

Anche lo Stationers Gothic Bold della American Monotype, rilasciato nel 1948, aveva caratteristiche simili, però difficilmente era conosciuto da Novarese, a differenza dell'altro. 

Forme simili erano state esplorate in altri campi: Clough mostra la foto di una tomba nella cattedrale di Bristol risalente al 1841, tra l'altro scattata dall'italiano Luciano Perondi. 

Una pietra tombale con caratteri molto simili a quelli del Microgramma è stata fotografata in un cimitero genovese. Risale al 1910. 

Ma caratteri senza grazie di impostazione rettangolare si trovano nello stesso cimitero su lapidi più antiche, anche 1875. 

E qui si spiega il motivo del titolo scelto da Clough per la sua presentazione: l'idea su cui si basano Microgramma ed Eurostile, alla lontana, è vecchia di almeno 150 anni. 

Gli ultimi minuti sono dedicati alle domande. 

Una riguarda i caratteri prodotti in origine dalle fonderie italiane. Non essendo disegni originali, come venivano acquisiti dalle altre fonderie? Purtroppo informazioni precise non ci sono. La Bernstein sostiene che possono essersi verificate tutte le possibilità: dalle copie senza autorizzazione, a versioni derivate, all'acquisto di matrici, agli accordi tra fonderie. 

Impossibile stabilire cosa è successo caso per caso, e talvolta è impossibile anche capire quale fonderia avesse avuto per prima l'idea, sulla base dei materiali che sono arrivati fino a noi. 

Colizzi dice che quando la Fiat ha acquisito la Nebiolo si è sbarazzata di tutto l'archivio storico, i caratteri, le matrici, per cui c'è rimasto ben poco tra cui cercare. 

Non è ben chiaro neanche quale fosse l'estensione della produzione di caratteri non latini della fonderia. E' comunque sicuro che vendesse qualcosa anche all'estero, soprattutto Medio Oriente e Asia, insieme con le macchine tipografiche. 

E produceva anche caratteri etiopici, dato che il Paese per un certo periodo fu colonia italiana. 

Il marchio Nebiolo è sopravvissuto per anni dopo la dismissione del settore tipografico, passando di società in società, nel campo della produzione di macchine industriali o dell'industria cartaria, prima di scomparire del tutto una ventina di anni fa. 

Su Google Fonts ci sono vari font ispirati in qualche modo a Microgramma/Eurostile. Il più famoso forse è il Michroma di Vernon Adams, disponibile in uno stile soltanto, relativamente leggero, sia maiuscole che minuscole. Scorrendo la lista ce ne sono altri, tra cui il Bai Jamjuree, di Cadson Demak, disponibile in versioni più leggere e più pesanti. 

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