Conferenza sull'automazione del kerning
Sul sito dell'ATypI è stato pubblicato due anni fa il video di una videoconferenza sul tema del presente e futuro dell'automazione del kerning in tipografia.
Tra i partecipanti c'era anche l'italiano Igino Marini, famoso per avere realizzato alcune versioni digitali di font risalenti a qualche secolo fa, disponibili gratuitamente su Google Fonts (caratterizzati dal nome che inizia per IM Fell, dove le prime due lettere sono le iniziali del disegnatore mentre il nome Fell è quello di chi all'epoca aveva raccolto i caratteri in questione).
In questo caso, Marini è stato invitato perché si è occupato di iKern, un sistema che rende più rapide le scelte in materia di spaziatura.
Sul sito ufficiale del progetto si può vedere una foto di Marini davanti a tre monitor su cui compaiono scritte delle sequenze di lettere che servono appunto per verificare il kerning: "AVATAYAWAKOXON" si legge sugli schermi.
Il kerning nei font digitali è praticamente un'istruzione che avvicina due lettere fra di loro per fare in modo che le parole non sembrino spezzate. Normalmente dopo avere disegnato ogni lettera si deve scegliere con cura il valore della spalla destra e della spalla sinistra, ossia della distanza tra l'estremità della lettera e l'inizio dello spazio bianco della lettera successiva. Dato che le lettere dell'alfabeto hanno conformazioni molto diverse, bisogna stabilire un valore diverso caso per caso. Tuttavia esistono delle lettere per cui non è possibile nessuna soluzione accettabile quando si combinano con altre lettere particolari. In quel caso il disegnatore deve definire un "kerning pair" o coppia di crenatura, e stabilire di quante unità le due lettere devono essere avvicinate tra di loro quando sono consecutive (intervenendo sulla spalla destra della prima lettera).
Chiaramente si tratta di un'attività laboriosa e che richiede tempo. Marini ha cercato di automatizzarla quando lavorava ai suoi font, e lo stesso hanno fatto altre persone.
Nella conferenza viene mostrato il funzionamento di uno dei software che sono stati realizzati (Kern On). Non basta cliccare su un pulsante e aspettarsi un risultato perfetto. Bisogna lavorarci un po' per fornire gradualmente al software i parametri che servono. Si forniscono ad esempio alcune coppie di lettere che non bisogna crenare e poi si iniziano a vedere i risultati. Quando le scelte che vengono fuori non sono di gradimento del disegnatore, basta alterare il valore con un apposito cursore, e il programma utilizzerà quest'informazione per regolarsi nei casi simili. All'inizio possono venire fuori delle cose strane, come dei kerning positivi quando non ce n'è nessun bisogno, ma basta lavorarci sopra un po' per risistemare il tutto.
Quando il software riceve istruzioni contraddittorie, lo segnala e permette all'utente di scegliere quale delle due bisogna escludere.
Toshi Omagari ha lavorato invece a un software chiamato Bubble Kern.
Il nome deriva da un contorno chiamato bubble che bisogna disegnare intorno alle lettere e che serve al software per capire quando deve avvicinare due lettere tra le quali rimane troppo spazio vuoto.
Altri software permettono al disegnatore di raggruppare le lettere a seconda delle caratteristiche che hanno sul lato destro e su quello sinistro. In questo modo la scelta fatta per una lettera si applica automaticamente a tutte quelle che fanno parte del suo stesso gruppo.
Programmi specifici permettono di contrassegnare con un colore diverso le lettere di ciascun gruppo in maniera tale da avere un quadro di insieme immediato, e di provare rapidamente tutte le combinazioni possibili, in modo da giudicare ad occhio i risultati.
Ai tempi dei caratteri in metallo la crenatura vera e propria si applicava soltanto in casi particolari, ad esempio scritte display visto che c'era bisogno di pezzi speciali che andavano prelevati appositamente. Al limite si poteva limare o segare il materiale in eccesso per poter avvicinare a forza due lettere. In epoca digitale invece la crenatura viene applicata in automatico in ogni caso, anche nei testi di piccole dimensioni.
Marini racconta che quando lui ha iniziato ad affrontare il problema del kerning nei suoi font ha subito cercato in giro qualche software che avesse già risolto il problema. Ma siccome non ha trovato nulla che facesse al caso suo, ha iniziato a lavorarci sopra, sfruttando la sua mentalità da ingegnere. Gli ci sono voluti anni però per arrivare ad un risultato che fosse accettabile.
La sua conclusione è che non bisogna lavorare separatamente a spaziatura e crenatura, usando magari la seconda per risolvere i problemi che si sono creati nella prima, ma bisogna vedere i due processi come un tutt'uno.
Prima ci si concentra sulla posizione reciproca delle lettere e poi si trova una formula in grado di ottenere quel risultato.
Alcuni degli indicatori che si trovano nel suo software sono stati aggiunti in fase di sviluppo e sono rimasti lì non perché siano utili per sistemare il font ma perché gli permettono di capire cosa succede nel programma, nel caso qualcosa dovesse andare storto.
Peccato che deve esprimersi in inglese, che non è la sua lingua madre (e nemmeno la mia), ma purtroppo in lingua italiana c'è ben poco materiale e ben poco interesse per questo argomento, sul web.
Anche un altro partecipante racconta delle complicazioni che ci sono quando si va a cercare di realizzare una interfaccia utente che sia funzionale, dopo avere trovato l'algoritmo adatto.
A fine video si intravede dell'hardware che viene usato per regolare il kerning, credo sia qualcosa di fai da te, non in commercio.
E ci si si chiede se il senso di lettura sia importante nelle valutazioni che riguardano il kerning.
Ho chiesto al Copilot di Microsoft di sintetizzare il contenuto del video, in italiano. Il risultato è pressoché incomprensibile per chi non sappia di cosa si sta parlando: "da fare bolle invece di dati di kerning (momento ironico intorno al minuto 15)".
"Il tono della discussione è informale ma tecnico, pensato per designer di font, sviluppatori e ricercatori del campo", dice Copilot.
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