Font e pirateria, la storia segreta

La settimana scorsa Linus Boman, uno youtuber con 182 mila iscritti, ha pubblicato un video di 20 minuti dedicato alla storia segreta della pirateria di font. 

Il punto di partenza è l'iconico spot del 2004 contro la pirateria musicale e cinematografica, che veniva mandato in onda in tv, ma anche inserito nei dvd. Rimase nell'immaginario collettivo perché era la tesi era discutibile. Si rivolgeva allo spettatore dicendo "non ruberesti una macchina" mentre veniva inquadrato un losco individuo che rubava un'auto, proseguiva poi facendo l'esempio di altri oggetti che lo spettatore non avrebbe mai rubato, per concludere che quindi non bisognava neanche "rubare" film o canzoni, ovvero procurarsene delle versioni pirata. Ovviamente lo spot era stato attaccato frontalmente da chi notava che se rubi una macchina il proprietario rimane senza, mentre se "rubi" una canzone il proprietario non rimane senza. Stiamo tutto il giorno a sentire la musica dalla radio accesa o dai canali tv: cosa cambia se sentiamo la stessa canzone dall'mp3 pirata?

Comunque la novità venuta fuori di recente è che il font embedded nei Pdf sul sito della campagna ufficiale non è l'FF Confidential di Just Van Rossum, come dovrebbe essere, ma l'XBAND Rough. Che è idenico in tutto e per tutto, ma è una versione pirata. 

Non ruberesti mai una macchina, dicevano, ma intanto loro hanno "rubato" un carattere tipografico. 

Partendo da qui Boman ricostruisce la storia della pirateria nel mondo dei caratteri tipografici, dicendo che però i confini non sono molto netti. 

I font secondo la legge americana non sono considerati lavori artistici, ma oggetti funzionali. Le leggi che tutelano il design fissano tempi molto brevi e sono di difficile applicazione. Ovviamente è vietato fare la copia di un file e redistribuirla identica, e anche il nome del font è tutelato. 

Tuttavia nel corso della storia ci sono stati dei casi dubbi, primo fra tutti, dice Boman, quello che riguarda Matthew Carter, che è un designer rispettato, autore di Verdana e Georgia. Non uno che viene guardato come un ladro di auto. 

Dopo avere lavorato per Linotype, Carter fondò la Bitstream, insieme al suo collega Mike Parker. Molti dei lavori di Bitstream sono considerati cloni di font di Linotype, pressoché uguali ma venduti con nome alternativo: l'Helvetica diventava Swiss 721, l'Eurostile diventava Square 721 e l'Univers diventava Zurich. 

Fino all'arrivo della Bitstream un font poteva costare 50 dollari. L'azienda mise in vendita cd con 500 font allo stesso prezzo.

Inoltre molti di questi font venivano inclusi di default in Corel Draw, un software che faceva concorrenza ad Adobe Illustrator e Photoshop. La dotazione di chi lo acquistava era di 750 font. 

Chi accusa Bitstream dice che arrivò a copiare metà di quello che era all'epoca il catalogo della Linotype. 

In seguito Bitstream denunciò un'azienda che vendeva dei Cd pieni di font attinti al suo catalogo e rinominati, e vinse la causa. 

Tuttavia si venne a creare sul mercato una corsa a chi vendeva di più al prezzo minore, con Cd che contenevano anche 1000 o 5000 font a un prezzo irrisorio. Ben prima che iniziasse la distribuzione gratuita sul web. 

I font sono file di piccole dimensioni. A differenza delle canzoni o addirittura dei film, che richiedono parecchio tempo per il download e connessioni veloci, possono essere scaricati facilmente in poco tempo. Quindi, oltre a fare uso delle consuete reti peer to peer, si diede vita a interi siti web pieni di font pirata, che ancora oggi appaiono tranquillamente nei risultati dei motori di ricerca. Cercando l'Xband Rough con Google lo si trova disponibile su varie piattaforme. Evidentemente le leggi non permettono di chiuderle subito, e per una che chiude un'altra ne apre. 

Il problema però non è nato in epoca digitale. All'epoca dei caratteri in metallo non era alla portata di tutti produrre la copia di un carattere tipografico: non bastava fare copia e incolla come su un computer. Tuttavia le aziende si facevano concorrenza tra di loro, e le leggi erano meno dettagliate rispetto ad oggi. Inoltre il mercato tipografico tendeva ad essere locale. Una cassa di caratteri in piombo non poteva essere spedita da un Paese all'altro senza un notevole costo aggiuntivo, per cui le fonderie locali imitavano i lavori che vedevano negli altri Paesi per produrne delle copie da vendere sul posto. Era sgradevole certo, pur non essendo concorrenza diretta. Oggi, col web è tutto più interconnesso. 

Una parte del discorso di Boman tocca anche la questione dei revival. Si parla di revival quando un disegnatore crea una versione digitale di un carattere che ha fatto la storia della tipografia, che risale magari a qualche secolo fa. Se l'autore è morto, e pure i suoi eredi, come si può parlare di diritto d'autore?

Per fare la copia digitale di un font digitale basta un semplice click. Digitalizzare un font ottocentesco invece significa svolgere un lavoro complesso, pari a quello di disegnare un font originale. 

Non si tratta solo di ricalcare le lettere, cosa che oggi può essere fatta in automatico da un software. Bisogna curare i dettagli, adattare il disegno alle nuove tecnologie, aggiungere funzionalità che all'epoca erano impossibili (la crenatura), aggiungere nuovi pesi e stili. 

Un font digitale già esistente può essere usato a piacimento, un font in metallo non può essere usato in digitale se non se ne crea da zero una versione adatta. E non può essere usato neanche in metallo se i caratteri originali sono andati perduti e ci sono rimaste solo le stampe.

Mi pare di capire che la linea difensiva di Bitstream si appoggi anche su questo aspetto, ossia sulla digitalizzazione di caratteri che la Linotype non aveva trasposto in digitale in una versione di qualità. Però non mi è chiara la timeline, visto che le informazioni che riesco a trovare sul web sono ben poche. 

Lo Swiss 721 risale al 1982. C'era una versione digitale dell'Helvetica in quell'anno? Quali formati di caratteri tipografici erano in circolazione? 

La Linotype in quel decennio produsse macchine specifiche per la fotocomposizione basate sul tubo catodico. I font non erano più oggetti fisici, ma informazioni salvate in memoria. Ancora in formato bitmap? Può essere. I formati TrueType e OpenType sono arrivati solo negli anni Novanta, mentre il PostScript Type 1 arrivò solo nel 1984, due anni dopo la prima versione dello Swiss 721. 

Il video di Boman è stato visualizzato oltre 160 mila volte e ha già raggiunto mezzo migliaio di commenti. 

Tra l'altro c'e chi fa notare che il font originale previsto per la campagna contro la pirateria, l'FF Confidential, è stato ottenuto digitalizzando scritte ottenute coi timbri con lettere componibili, ossia con un font esistente realizzato da qualche disegnatore anonimo che non ci ha guadagnato un bel niente e e non viene neanche citato. 

Nel video c'è anche un accenno al dibattito in corso a proposito dell'intelligenza artificiale, e che riguarda il fatto che le grandi aziende si appropriano del lavoro di disegnatori, fotografi, scrittori e giornalisti per permettere ai loro software di funzionare, il tutto senza pagare niente a nessuno. Anche quella deve essere considerata pirateria?

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