Film muto sulla Monotype
Sul sito dell'Università di Reading si può vedere un film muto di quasi un'ora realizzato nel 1925 e dedicato alla Monotype.
L'azienda produceva macchine per la composizione dei testi da stampare. Se da quando Gutenberg aveva inventato la tipografia a metà del Quattrocento fino all'Ottocento il tipografo doveva prendere i caratteri mobili uno alla volta per impaginare un testo, col sistema inventato dalla Monotype bastava digitare le parole su una tastiera per memorizzarle su un nastro. In seguito, leggendo il nastro, una macchina fondeva istantaneamente tutti i caratteri necessari.
Il film si apre con inquadrature della fabbrica della Monotype che si trovava a Redhill, nel Surrey, a 20 miglia da Londra, in Inghilterra.
Ogni tanto dei cartelli neri con una scritta bianca all'interno di una cornice bianca spiegano il contenuto delle immagini. Interessante il font utilizzato, un serif a spessore costante, dalle forme rétro e con qualche svolazzo qua e là. A sorpresa, ogni tanto il carattere cambia, senza motivo.
Mentre oggi un documentario del genere si farebbe con tante brevi inquadrature dei dettagli montate in maniera frenetica, all'epoca l'operatore faceva una carrellata panoramica molto lenta, inserendola poi nel filmato così com'era, senza stacchi.
Ci si concentra poi sulle varie fasi della lavorazione dei singoli pezzi.
Si nota la presenza di cinghie che collegano i vari macchinari a qualcosa in alto. Evidentemente non avevano un motore proprio ma erano tutti collegati allo stesso motore centrale.
Chiaramente non c'erano robot all'epoca: erano operai in carne ed ossa che dovevano montare e smontare i pezzi nelle macchine più diverse, e lavorarli con trapani e strumenti appositi.
L'assemblaggio poi veniva fatto a mano.
Dopo 12 minuti vediamo finalmente la macchina compositrice che viene testata.
Nei minuti successivi viene assemblata la macchina fonditrice, che è completa al minuto 17.
Le immagini successive invece documentano le operazioni che vanno dal disegno delle lettere alla produzione delle matrici. Si vedono dei pantografi che servono per cambiare le dimensioni del disegno, ma poi si tratta di incidere a mano su una copia di grandi dimensioni, e di sottoporre il tutto a bagni con sostanze particolari.
I punzoni venivano realizzati con apparecchiature industriali che dovevano essere manovrate a mano con estrema precisione, ricalcando i contorni del disegno. Andavano poi induriti e rifiniti.
Dai punzoni si passava alle matrici, che pure andavano rifinite e testate.
Il "font" completo era una griglia costituita da 225 matrici singole.
Si perde il conto di quante macchine vengono inquadrate.
Siamo quasi a mezz'ora di documentario, e la cinepresa va ad inquadrare il processo di produzione della carta. Il supporto su cui veniva memorizzato il testo era un nastro di carta che veniva perforato dalla macchina compositrice per essere trasferito nella fonditrice.
A questo punto, già che c'era, l'operatore ha ripreso anche gli operai e le operaie che vanno a mensa e la loro uscita dallo stabilimento, a piedi o in bicicletta, a fine giornata. Si vede anche una moto, ma nessuna macchina.
La prima e unica automobile che viene inquadrata è quella del Duca di York, di cui viene documentata una visita allo stabilimento. Gli operai vengono passati in rassegna come fossero militari.
Sua Maestà prova anche a scrivere qualche parola sulla tastiera della monotype, con qualcuno che gli indica di volta in volta il tasto da premere. C'è da dire che la tastiera della macchina era ben diversa da quelle a cui siamo abituati, quindi anche noi avremmo qualche difficoltà a trovare le lettere giuste.
La frase composta era "Auguro alla monotype ogni successo - Albert." scritta tutta in maiuscolo. Venne poi stampata, con aggiunta a mano la dicitura che precisava che era stata composta da Sua Altezza Reale eccetera.
Il duca poi assisté al lavoro della macchina fonditrice che realizzava i caratteri che lui aveva digitato. Infine risalì in macchina davanti a tutti gli operai schierati che salutavano calorosamente. Alla partenza della macchina, alcune operaie la seguirono di corsa per un breve tratto.
Siamo quasi a quaranta minuti di documentario.
Inquadrature della macchina compositrice e di quella fonditrice, e delle operazioni di test del prodotto finito.
C'è un cilindro che credo che abbia a che fare con la giustificazione, collegato col singolo font, ma non ho capito bene di che si tratta.
Con la monotype si potevano anche impaginare dati divisi in colonne, regolando la larghezza delle stesse sempre in maniera analogica: bisognava spostare alcune barrette metalliche da fissare poi con un bullone.
Si poteva alterare la posizione dei caratteri sulla matrice senza spostare i tasti della tastiera: bastava intervenire su un componente che si trovava al disotto di quest'ultima.
I buchi sulla carta perforata nella macchina fonditrice funzionavano perché erano attraversati da un getto di aria compressa.
La matrice (cioè il font completo) conteneva 225 matrici (cioè i singoli glifi) perché era una griglia di dimensioni 15x15.
Poteva stare nel palmo di una mano ed era facilmente sostituibile.
Dato che ogni lettera ha una larghezza diversa, lo stampo era costruito in modo da regolarsi istantaneamente alla larghezza voluta di volta in volta.
La velocità di una macchina fonditrice era di 160 caratteri al minuto.
Il documentario mostra come si svolgeva il lavoro di composizione e stampa con questo sistema. Le righe di testo che venivano fuori dalla monotype dovevano essere stampate usando un tirabozze per poter individuare e correggere gli errori prima di passare alle fasi di stampa vera e propria.
I libri non venivano stampati una pagina per volta: nel filmato si vede una cornice che contiene 4x8 pagine composte in metallo. E' alta quasi quanto una persona. La stampa avveniva in un colpo solo su un foglio che poi doveva essere ripiegato cinque volte per formare il fascicolo, che poi veniva tagliato ai bordi per separare i fogli.
Dopo la stampa, tutti i caratteri venivano "gettati nel cestino". Il materiale ovviamente non andava sprecato: venivano tutti fusi in una fornace per formare delle barrette che sarebbero servite poi per alimentare le macchine fonditrici per produrre altri testi.
Acquistando appositi pezzi, era possibile adattare la monotype a produrre caratteri di dimensioni più grandi, linee o marginature.
La Monotype manteneva anche delle scuole per formare gli operatori delle sue macchine compositrici o fonditrici.
Segue una carrellata di inquadrature delle stanze piene di apparecchiature Monotype allestite da varie istituzioni, come la Oxford University Press.
"Un operatore di una tastiera monotype mantiene facilmente una velocità di 15 mila ens all'ora", dice uno dei cartelli del film muto, senza specificare cosa intende per ens. Dovrebbe trattarsi di un'unità di larghezza corrispondente alla lettera n, che non si usa più.
Il documentario è stato caricato dal sito nell'ambito di una ricerca sul ruolo delle donne nella società. "E' interessante notare che, mentre la prima sezione del film dedicata alla fabbricazione delle macchine mostra solo uomni al lavoro, i dipartimenti di disegno delle lettere e fabbricazione delle matrici mostrati al minuto 17:30 sembrano essere popolati esclusivamente da donne.
L'articolo nota anche che nelle immagini si vedono gli operai uomini e le operaie donne a mensa separatamente, come se ci fossero diversi locali, o lo stesso locale venisse usato in momenti diversi dai due gruppi.
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