Da dove provengono i numeri?
Tra i video consigliati dopo che ho visto il servizio dedicato da RobWords ai geroglifici egiziani ne è comparso uno dello stesso autore dedicato ai numeri.
Lì per lì non ci ho cliccato sopra, ma dopo avere scritto il post di ieri su come si contava usando i gettoni, che mi ha portato all'abaco di Gerberto e quindi all'arrivo in Europa dei numeri arabi di origine indiana mi è venuta curiosità di vedere come lo youtuber ha affrontato l'argomento.
La prima novità che viene fuori non riguarda la notazione numerica, ma il modo di contare sulle dita. A quanto pare negli Stati Uniti e in Canada viene insegnato alle persone a contare a partire dall'indice, mentre in Europa si comincia dal pollice.
In alcune parti dell'Asia si inizia dal mignolo mentre sembra che in Giappone si contano le dita piegate, non quelle estese, almeno fino a cinque!
In Cina si possono disporre le dita in maniera tale da ricordare il simbolo del numero corrispondente, e così facendo si può arrivare a 10 con una mano sola.
A quanto pare, le parole per indicare i numeri sono nate ben prima dei simboli corrispondenti.
Quando in Inghilterra si scriveva con le rune i numeri andavano scritti per esteso. I numeri romani vennero introdotti in seguito, ma comunque si tratta di un sistema basato non su simboli a sé, ma su normali lettere dell'alfabeto a cui viene associato un certo valore.
L'origine dei numeri indo-arabi viene fatto risalire al sistema brahmi, sviluppato all'incirca nel 300 avanti Cristo. Qui l'1 era una riga orizzontale, il 2 erano due righe, il 3 erano 3, mentre i numeri successivi assumevano configurazioni più complesse. Il 6 e il 7 in particolare avevano una conformazione simile a quella che hanno oggi.
Il secondo sistema che viene mostrato era in uso in India nell'876 dopo Cristo. Qui anche i numeri 1, 2 e 3 hanno delle forme simili a quelle moderne. Il 4 invece è ancora una specie di emoji Nastro capovolta. E compare anche lo 0, che è una novità.
I numeri usati dagli arabi occidentali erano molto più simili a quelli che usiamo noi, e infatti sono stati loro a farli conoscere agli europei, venendo in contatto con questi ultimi per motivi commerciali.
A questo punto lo youtuber presenta al-Kwarizmi, vissuto a Baghdad tra la fine del 700 dopo Cristo e la prima metà dell'800.
Dal suo nome deriva la parola "algorismo", da cui deriva "algoritmo", usata parecchio in epoca informatica. In origine, gli algoristi erano coloro che sostituirono gli abacisti, imparando a calcolare usando le cifre arabe anziché i gettoni sull'abaco.
Lo studioso arabo fu il primo a scrivere un trattato che dimostrava che il sistema indiano era molto migliore rispetto a quello romano.
Ma è il migliore in assoluto? Lo youtuber si pone questa domanda e inizia da qui una carrellata dei vari sistemi numerici messi a punto nel corso delle epoche in varie parti del mondo.
Gli egiziani avevano un simbolo diverso per ciascun ordine di grandezza, e lo ripetevano fino a nove volte. Quindi non avevano lo zero.
I babilonesi imprimevano sull'argilla cunei verticali per le unità e cunei ad angolo per le decine. Ma con questo sistema arrivavano fino a 59. Poi ripartivano dalle unità. Quindi scrivere 11 equivaleva a dire 61 unità (una sessantina più una unità). Per giunta non avevano uno zero.
I Maya invece, dall'altra parte del mondo, inventarono uno zero. Ma oltre a quello avevano solo il punto che indicava le unità e la linea che indicava le cinquine, e dopo 20 riutilizzavano da capo gli stessi simboli, in posizione diversa.
Un trattino indicava il numero 5, mentre un trattino seguito da uno zero indicava il numero 100 (cinque ventine più zero unità).
Gli Inca non scrivevano, ma usavano i quipu per memorizzare i numeri. Un quipu è un'insieme di cordicelle su cui venivano fatti vari nodi. Sulla stessa cordicella c'era un nodo per le unità, uno per le decine, uno per le centinaia e così via. L'1 era un nodo semplice, il 2 era un nodo doppio, il 3 triplo e così via. Per lo zero bastava lasciare vuota quella posizione, senza nodo.
Lo youtuber conclude che preferisce il sistema dei numeri arabi a quello dei numeri romani, come opinione personale. In realtà a quanto ne so sono proprio gli studiosi a dire che il sistema indo-arabo è il migliore, e non è ulteriormente migliorabile.
Parlando dei numeri romani, l'autore del video spiega perché si usa il metodo sottrattivo oltre a quello additivo. Anziché scrivere LXXXXVIIII per dire 99 si può scrivere IC. E' molto più pratico. Ma non per chi deve fare dei calcoli: non si possono mettere in colonna i numeri, né contare le occorrenze di ciascuna lettera, dato che a volte va aggiunta altre va sottratta a seconda della sua posizione relativa in ogni numero.
Inoltre si chiede se le lettere abbiano un significato. C può stare per cento e M per mille. Ma V? X? L? D? Nessuno sa di cosa siano l'abbreviazione e probabilmente non sono l'abbreviazione di niente, dice lui.
A quanto ho letto io, esistono delle teorie. V potrebbe essere la stilizzazione di una mano, per questo vale 5. X è una V ripetuta due volte, quindi vale 10. E qualcosa di simile si poteva azzardare anche per gli altri simboli.
Un grande assente nel filmato secondo me è il sistema binario, che in effetti si basa sullo stesso concetto dei numeri arabi, con la differenza che viene usata la base 2 anziché la base 10.
Può sembrare una scelta scomoda a prima vista, dato che per indicare un numero a una sola cifra come 9 servono quattro cifre: 1001.
Ma c'è da tenere conto che è stato adottato per far funzionare computer composti assemblando componenti che possono avere due stati: acceso e spento, come le lampadine.
Per ottenere il numero 9 con le lampadine, in base 10, servirebbero 9 lampadine, e tutte accese, mentre in base 2 ne bastano quattro, di cui solo la prima e l'ultima accesa (1001). Insomma, sui supporti informatici il sistema binario è più efficiente di quello decimale.



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