La macchina da scrivere cinese
In passato ho scritto vari post sulla macchina da scrivere cinese. Mi ricordo che facevo i calcoli di quanti caratteri potevano entrarci su ciascuno dei cilindri che componevano il meccanismo interno. Tre settimane fa una youtuber di nome Julesy ha realizzato un video in cui ricostruisce tutta quanta la storia.
L'ho visto tranquillamente sul cellulare. Poi l'ho cercato col computer per scriverci questo post. Sul cellulare il titolo era in italiano anche se i contenuti erano in inglese. E questa è una cosa che mi secca, perché il titolo è fuorviante. Sul computer anche l'audio del filmato era in italiano, tradotto in automatico e letto da una brutta voce sintetica. Per fortuna è possibile intervenire sulle opzioni per selezionare ancora l'audio originale. Comunque non mi piace il fatto che vogliano importi con la forza l'intelligenza artificiale, pur sapendo che allo stato attuale questa fa errori grossolani e comunque produce un risultato inferiore rispetto a quello originale. Va bene, se uno non parla una lingua è giusto che possa accedere alla traduzione, ma secondo me dovrebbe essere una scelta facoltativa, non un'opzione imposta di default.
Stranamente, mentre l'audio traduce correttamente la parola "character" con "carattere", i sottotitoli scrivono "personaggio", ossia forniscono una traduzione diversa e non corretta tenuto conto del contesto.
Evidentemente gli algoritmi della traduzione audio e della traduzione sottotitoli sono diversi.
La youtuber ricostruisce la storia delle macchine da scrivere cinesi dall'inizio, intercalando le inquadrature del suo viso con immagini di repertorio che raffigurano le cose di cui sta parlando.
Il filmato dura venti minuti. Ogni tanto la piattaforma ci schiaffa dentro messaggi pubblicitari a metà della frase.
Il primo tentativo che viene presentato venne realizzato da un missionario americano che si trovava a Pechino negli anni Settanta dell'Ottocento, di nome Devello Zelotes Sheffield.
La sua macchina da scrivere aveva i caratteri disposti su una specie di tavola girevole, in cerchi concentrici. Il foglio veniva messo sotto i caratteri. Sembra di capire che il carattere da stampare doveva essere inchiostrato individualmente, ma non viene spiegato come.
Il secondo tentativo si basava su quattro cilindri in grado di ospitare 1500 caratteri ciascuno, ma collegati con una tabella in cui i caratteri erano disposti in file e colonne.
Di questa macchina non vengono mostrate foto ma solo disegni. La si vede da lontano solo in una fotografia dell'inventore che dimostra come usarla. L'inventore si chiamava Zhou Houkun, veniva da Shangai ma aveva studiato negli Stati Uniti. Tornò in patria quando un'azienda si offrì di produrre la macchina che aveva progettato, ma si rese immediatamente conto che con la tecnologia disponibile l'industria cinese non era in grado di produrre componenti della qualità necessaria.
Dopo avere tentato con altre aziende cinesi, decise che sarebbe stato meglio tornare negli Stati Uniti per produrre lì la sua macchina. Ma economicamente la cosa non era sostenibile: nel 1916 un'ora di lavoro in America veniva pagata quasi quanto una giornata di lavoro in Cina.
Il personaggio successivo che viene presentato è Shu Zhendong. Di lui non è disponibile nessuna foto sul web.
Dato che il principale problema costruttivo che il suo predecessore aveva trovato erano i cilindri, questo nuovo inventore eliminò i cilindri stessi dal progetto.
Nella nuova versione i caratteri stessi venivano disposti su un piano rettangolare. L'operatore con una mano spostava l'intera superficie per far arrivare il carattere scelto nella posizione giusta, mentre con l'altra mano premeva un tasto. Mentre nelle macchine da scrivere ogni lettera aveva il suo martelletto, qui il martelletto era solo uno, che prendeva di volta in volta il carattere scelto per batterlo sul foglio.
Questa fu la prima macchina da scrivere prodotta in serie a livello industriale. Venne molto usata nel Novecento, e oggi la si può vedere nei musei, anche in Italia.
I caratteri disponibili sul piano erano 2500. Una piccola parte di quelli esistenti in Cina, ma scelti tra i più usati. Inoltre la disposizione dei caratteri veniva studiata in maniera tale da rendere più veloci e più semplici le operazioni di scrittura. Certo, cercando un carattere bisognava sapere dove trovarlo sulla griglia, ma quelli più usati erano messi in posizioni più facilmente accessibili, ognuno vicino a quelli coi quali e più ra più spesso associato nelle parole.
L'inventore successivo che ci viene presentato è Lin Yutang.
Il sistema inventato da lui si basava su una tastiera con un numero di tasti limitatissimo, comparabile a quelle occidentali. Visto che nei caratteri cinesi l'ordine con cui si disegnano i tratti è fisso, lui aveva dedicato alcuni tasti al primo tratto da disegnare (le prime tre file) e altri tasti all'ultimo (altre due file). Dopo avere digitato il primo e l'ultimo tratto, compariva in una finestrella un elenco di otto caratteri con quelle caratteristiche. Un tastierino numerico permetteva di scegliere quello giusto.
Il sistema non ci sembra così insolito, visto che il completamento automatico delle parole che abbiamo sul cellulare funziona pressoché nello stesso modo: digiti solo alcune lettere della parola (le prime) e in alto compaiono le parole che corrispondono a quel criterio (le più usate tra quelle che iniziano in quel modo).
Per qualche strano motivo, il tastierino numerico non aveva i numeri disposti nell'ordine che ci aspetteremmo.
Erano su una fila nell'ordine: 87651234. Quattro da 8 a scendere e quattro da 1 a salire.
Le dimensioni della macchina da scrivere cinese erano simili a quelle delle macchine da scrivere occidentali, ma il meccanismo interno era diverso. Qui c'erano sei tamburi con sei cilindri ognuno con otto lati per cilindro su ciascuno dei quali comparivano 29 caratteri.
Mi pare che avevo trovato qualche informazione più precisa su come funzionava l'Occhio Magico, ossia il display su cui vedere i caratteri da scegliere, ma non ricordo più niente in proposito.
7.000 dei caratteri disponibili erano completi. A questi si aggiungevano 1700 componenti fonetiche e 70 radicali che combinandosi tra di loro permettevano di assemblare circa 90 mila caratteri aggiuntivi.
Purtroppo per l'inventore, la situazione politica del suo Paese era molto instabile e nessuna azienda occidentale voleva correre in rischio di finanziare la produzione di un prodotto destinato ad un mercato che era in realtà devastato. Lui perse un sacco di soldi, e alla fine dovette cedere il brevetto alla Linotype che voleva solo imparare qualcosa per migliorare le proprie macchine.
Si parla infine di Thomas Caldwell che ha creato un dispositivo chiamato Sinotype, per il Mit, quando le tecnologie informatiche cominciarono a prendere piede al posto di quelle meccaniche.
Tanto per rendere l'idea del pessimo lavoro fatto dalla IA, vi prendo una frase a caso dell'audio italiano che Youtube mi ha proposto come default: "Alla fine Scegiun modificò il progetto per rendere tutti i caratteri nel letto di carattere visibile mobili. E invece di essere collegati alle barre dei caratteri, ogni carattere visibile allo spettatore era la barra dei caratteri effettiva del carattere".
Apparentemente è un nonsense. In italiano "mobili" andava messo subito dopo "rendere" per essere comprensibile. Inoltre nella traduzione diventa strano qualcosa che nell'originale non è strano: quando in inglese si dice "typebar of the character", in italiano la parola "carattere" è la traduzione sia di "type" che di "character". E mentre l'audio dice la frase successiva, "Quando si preme la leva sul carattere..." i sottotitoli in italiano dicono "Quando si preme la leva sul personaggio...".
Insomma, qualità del risultato: infima.



Commenti
Posta un commento