Font e località
Andy Murdock, cofondatore del sito The Statesider, ha dedicato il periodo del Covid a ricercare tutti i font dedicati a località geografiche negli Stati Uniti d'America.
Ha raccontato nel suo blog che fino al 1984 non aveva mai sentito la parola "font". Quell'anno acquistò un Macintosh, dove il carattere di default era chiamato Chicago. Anche gli altri font avevano nomi di città: Monaco, Londra, San Francisco, Cairo.
Da lì ha collegato le due idee, caratteri tipografici e geografia, e ha iniziato a fare la ricerca città per città, Stato per Stato, fermandosi solo quando ha riempito completamente la cartina. Sicuramente continuando a cercare verrebbe fuori molto di più.
Ha provato tutte le città della canzone "Route 66" e ne mancano solo due. Ha provato a cercare i territori dipendenti dagli Usa, ha notato che mancano i font dedicati ai parchi nazionali, così come ci sono stati americani a cui ancora nessuno ha dedicato un carattere tipografico.
La sua prospettiva è americanocentrica, e quindi non analizza le radici profonde di questo legame tra città e font. Che riguardano l'Italia e il diciannovesimo secolo.
Tutto va fatto risalire all'incisore italiano Giambattista Bodoni, il quale ha casualmente inventato i nomi dei caratteri tipografici.
All'epoca i font non avevano un nome proprio, ma venivano venduti con un nome generico che indicava la dimensione (canone, canoncino, garamone, garamoncino, testo, testino...) seguito da un numero, che indicava il font ma non significava niente. Ad esempio il testino numero 2 poteva essere la versione Semi-Bold del numero 1, mentre il garamoncino numero 2 poteva essere la versione Condensed del numero 1. Non c'era nessuna pianificazione originaria, i singoli font venivano prodotti separatamente a seconda delle esigenze e poi numerati.
Senonché Bodoni realizzò un catalogo in cui ogni font era utilizzato per impaginare la descrizione di una città diversa. Con sua sorpresa, i tipografi iniziarono a mandargli le ordinazioni non sulla base del nome generico e del numero, bensì col nome della città.
Quando poi mise a punto il suo Manuale Tipografico, che raccoglieva tutto il lavoro della sua vita, anche se in ogni pagina c'era lo stesso testo in latino tratto da un'orazione di Cicerone, Bodoni decise di conservare la nomenclatura coi nomi delle città, perché ormai i tipografi ci erano abituati. Decise di dare nomi di città anche ai font più recenti, anche se non li aveva mai usati per impaginare la descrizione di una città.
Insomma, la Apple non ha inventato niente da questo punto di vista, si è soltanto inserita in una tradizione molto più antica.
Ai tempi di Bodoni non esisteva il concetto di famiglia di caratteri tipografici come lo conosciamo oggi. Oggi si stabilisce un disegno di base per tutte le lettere, dopodiché se ne può realizzare una versione più larga o più stretta, più pesante o più leggera, anzi, più di una visto che molte famiglie di caratteri sono disponibili in una vasta gamma di pesi da light a black. Quindi al nome del typeface ci si aggiungono delle parole generiche che permettono di capire qual'è il ruolo del singolo stile nella famiglia. Nella famiglia Roboto troviamo Roboto Regular, Roboto Italic, Roboto Thin, Roboto Thin Italic, Roboto Condensed Regular, Roboto Condensed Bold Italic... Senza contare il fatto che ciascuno di questi font può essere usato in qualunque dimensione.
All'epoca di Bodoni invece ogni progetto riceveva un nome a sé. Ad esempio Malta era il nome di un carattere in dimensione lettura. Chi voleva un carattere nella stessa dimensione ma più largo non poteva acquistare un Malta Extended, che non esisteva, ma doveva richiedere un Messina. Non c'era nulla nel nome che facesse capire la dimensione e le proporzioni, per questo Bodoni inserì in ogni pagina lo stesso testo: l'unico modo per rendersi conto delle differenza di larghezza era vedere quali parole della prima frase c'entravano nella prima riga.
Inoltre non era possibile acquistare caratteri Messina più grandi o più piccoli, perché la dimensione era fissa.
Il doppio della dimensione lettura era canoncino. Chi aveva bisogno di un carattere di dimensioni doppie da usare in combinazione col Messina doveva quindi andare nella sezione dei canoncini e sceglierne uno che fosse compatibile: Sinigaglia, Recanati, Rovigo, Volterra, Carmagnola, Tolentino o Frascati.
Chi cercasse questi font in versione digitale resterebbe deluso, perché non risultano. Infatti non sono altro che varianti dello stile Bodoni, che si differenziano dalle altre per particolari spesso impercettibili. Un lettore moderno che dovesse sfogliare le centinaia di pagine del manuale di Bodoni avrebbe l'impressione di vedere sempre lo stesso font ripetuto fino allo sfinimento. Non a caso qualche designer che ha comprato alla cieca una ristampa del manuale di Bodoni su Amazon l'ha rimandata indietro e ci ha scritto anche una recensione negativa.
Comunque il concetto di famiglia di caratteri tipografici all'epoca di Bodoni era ancora una novità, e lui fu un innovatore anche in questo campo. I tipografi sfogliavano il suo manuale, sceglievano un carattere romano da acquistare, e poi andavano a cercare un italico da accoppiarci. E scoprivano che non c'era una sezione dedicata ai corsivi. Così bisognò scrivere nell'introduzione che ad ogni romano era già accoppiato un corsivo. Ad esempio la pagina dedicata ai caratteri Frascati nelle prime righe è scritta in tondo, nelle ultime è scritta in corsivo.
Per noi può essere una cosa scontata, ma c'è da ricordare che inizialmente il corsivo era un carattere tipografico a sé, non usato per evidenziare le parole nei testi in tondo o romano, ma usato per impaginare interi libri.
Volendo si può fare lo stesso gioco fatto dal blogger americano usando le città italiane. Vado su Fonts In Use e faccio qualche ricerca. Roma: è un sans serif disegnato da Thomas Lincoln per Canada Type nel 2001 usando le metriche del Trajan. Milano: è un display rétro ultra-ornato disegnato da David Quay per Letraset nel 1985. Firenze: ITC Firenze è un display elegante con forte contrasto disegnato nel 1970 da Tom Carnase per la ITC. Messina: Messina Serif è un progetto recente, 2015 di Luzi Gantenbein per Luzi Type. Torino: carattere Nebiolo del 1908. Napoli: grottesco con varianti in stile Futura prodotto chissà quando dalla fonderia De Luca. Verona: copia del Munder Venezian realizzata nel 1923 da Stephenson Blake.
E così via. Non mi capitano nomi di designer italiani. Chissà se c'è qualcuno che ha dedicato il proprio lavoro a una qualche città meno conosciuta. Bisogna solo mettersi d'impegno a cercare.
L'ultima località che trovo è Montecatini, 2017, Louise Fili Rachel Michaud e Nick Misani, maiuscole ispirate ai manifesti turistici italiani di inizio Novecento.




Commenti
Posta un commento