Siamo seri?

Il Tempo una volta era un giornale autorevole. Aveva tante pagine, corrispondenti, inviati. Lo sentivi pesante, tra le mani, ed era anche in formato più grande rispetto a oggi. Per giunta la sua sede era in un palazzo che si trova esattamente di fronte a Palazzo Chigi, e quindi a vista di Montecitorio, ossia nel centro del potere della capitale. E aveva il nome sulla facciata, non come altre redazioni che stanno oggi a Roma e che ci passi davanti senza sapere cosa sono. 

La crisi dell'editoria ha fatto danni. Lo sfogli oggi e difficilmente accanto ai nomi dei giornalisti trovi scritto "dal nostro corrispondente", "dal nostro inviato". Alcuni articoli non sono proprio firmati, e questo significa che è lo stesso giornalista che ne scrive più di uno, attingendo le informazioni dai comunicati e dalle agenzie. 

Nonostante questo, sfogliandolo si trovano una quarantina di nomi, per riempire 32 pagine, supplementi esclusi. Non sarebbe male come staff. Tuttavia... 

La prima pagina di ieri mi ha un po' rattristato. 

Il titolo era "Belly de nonno". 

E già qui... 


Che scelta tipografica è, questa del titolo di apertura della prima pagina di ieri?

In origine i quotidiani non avevano titoli. In seguito iniziarono a mettere titoli piccolissimi su una colonna. Sul finire dell'Ottocento, con l'arrivo della società industriale e della pubblicità, ogni quotidiano cercava di vendere più copie sottraendo lettori alla concorrenza, e iniziò a mettere in prima pagina titoloni che dovevano spingere all'acquisto anche chi non era intenzionato. Uno dei metodi per vincere era ottenere lo scoop, ossia la notizia che nessun altro aveva. Un altro metodo era quello del sensazionalismo, ossia gonfiare le aspettative per qualcosa che poi andando a leggere l'articolo non era poi così decisivo. 

Ma che vuol dire "Belly de nonno"? La scritta è in nero tranne quattro lettere della prima parola: "elly". Ed Elly è il nome con cui è conosciuta la segretaria del Pd Schlein (Elena Ethel, all'anagrafe) il cui nonno era favorevole alla separazione delle carriere di magistrati e Pm, ossia la riforma che è in discussione in questi giorni. 

Insomma, il titolo è usato per la polemica politica, e per influenzare gente che probabilmente già la pensa in un certo modo. 

Ma non è questo il problema. Il font utilizzato. 

A differenza di altri quotidiani che hanno acquistato dei font e li usano costantemente tutti i giorni, il Tempo varia da un giorno all'altro, utilizzando magari i normali caratteri fantasia di Windows, a seconda delle esigenze. 

E il titolo di ieri era in due font diversi. La parola elly era in un corsivo bold. Tutto il resto era in qualcosa che a prima vista sembrerebbe Hobo, o giù di lì. 

Visto che la scritta è inserita in un riquadro col fondo azzurrino, il contorno delle lettere nere è ricalcato in bianco, e quello delle lettere rosse è ricalcato in nero. 

Se andiamo sul sito della Adobe troviamo che l'Hobo è disponibile in uno stile soltanto: Std Medium. 

Qui è in Italic Bold. 

Che significa? Beh, immagino che abbiano modificato il disegno originale cliccando sui pulsanti Italic e Bold del loro software e così facendo hanno creato uno stile a cui il disegnatore non aveva pensato. 

Senonché è anche peggio. Io ce l'ho l'Hobo sul mio computer, è incluso nel software Microsoft. E posso benissimo metterlo in grassetto senza problemi. E la spaziatura tra le lettere resta accettabile, e il contrasto tra tratti spessi e tratti sottili resta equilibrato. 

Qui invece vediamo degli effetti indesiderati: la o della parola "nonno" tocca la n iniziale ma non tocca la n successiva. Così come l'ultima n si tocca con la o finale e non con la n che la precede!


Come mai lo spazio tra le lettere non è uniforme?

Provo a smanettare con le larghezze delle lettere in Word e con la spaziatura sperando di pasticciare qualcosa. In nessun caso riesco a ottenere un effetto come quello del Tempo. 

Un dettaglio che mi dà particolarmente fastidio è come si assottiglia l'inizio dell'arco della n sulla sinistra. Lo stesso discorso avviene per la o, dove il semicerchio inferiore è molto più spesso di quello superiore. 

Ipotesi? O usano un software che pasticcia un po' le cose, oppure questo non è l'Hobo della Adobe ma una imitazione di qualità inferiore. 

Mi viene in mente che potrei fare una ricerca su What Font Is, e cerco su Giornalone una versione digitale della prima pagina del Tempo. Orrore! Quella che si vede sul sito ha le lettere del presunto Hobo che sono disegnate con mano malferma. La forma base delle lettere è quella, ma non è la stessa versione che è andata in stampa. Come è possibile? Hanno disegnato questa scritta per non pagare la licenza del font? Hanno pubblicato la versione provvisoria della prima pagina online per poi rifinire i contorni in un secondo momento?

Questa è la versione che è finita su Giornalone. Perché le lettere sono disegnate con mano malferma?

E' una scelta tipografica seria questa? Un titolone in finto Hobo che dice "Belly de nonno" dovrebbe attirare lettori?

Sfogliamo il giornale. La sezione di Cultura e spettacoli del quotidiano si chiama "L'altro Tempo". Mentre la parola "Tempo" è scritta come nella testata, la parola "L'altro" e tutte le parole che compaiono sullo sfondo (cultura, cinema, teatro, musica, concerti, arte, mostre, eventi, libri, storia, mostre, moda, letteratura) hanno un aspetto familiare. 


Un font dall'aspetto familiare...

Infatti. E' Kristen Itc. Un altro dei font della dotazione standard Microsoft. Qui è bianco su fondo arancione e con ombreggiatura, ma se lo vedi in nero su fondo bianco sul sito di Myfonts è qualcosa che apparentemente potresti disegnare tu con un pennarello nero su un foglio. Gestendo in maniera personalizzata alcuni dettagli: in questo font la T e la R si toccano, mentre la gamba della R sfiora la O

Comic Sans? Magari!

Si potrebbe fare la stessa scritta a mano e gestire meglio le lettere che si toccano, dato che questo è solo il titolo della sezione e non va cambiato ogni giorno (questa è una schermata dal sito di My Fonts). 
 



A confronto col font precedente il Comic Sans è molto più ordinato.


Adesso io la sto facendo un po' troppo drammatica: a parte queste due stranezze il resto del giornale è impaginato in maniera tradizionale. I titoli possono essere in un normale serif (che What The Font identifica come Poynter Old Style Display Semi Bold, di Font Bureau) e un senza grazie che potrebbe essere Helvetica. 

Però se penso a tutte le chicche che si possono trovare sul Fatto Quotidiano, ad esempio, che pure è un giornale di piccole dimensioni, il lavoro fatto sul Tempo dal punto di vista tipografico mi pare un po' deludente. 

Un'ultima nota riguarda la prima pagina della sezione Economia, dove c'è l'intero listino del Mercato Azionario della Borsa Italiana, diviso in due colonne per l'intera estensione della pagina, a destra, lasciando spazio a sinistra agli articoli, tre colonne larghe o quattro strette. Per ogni azione viene fornito nome, prezzo, variazione sul prezzo di riferimento, prezzo medio ponderato e variazione dal 2021. 

Approssimativamente è un riquadro di 33 centimetri per 9. 

Chi lo legge? Immagino nessuno. La gente che investe in borsa ha le quotazioni in tempo reale sul cellulare. 

Però da un lato il giornale non vuole rinunciare a fornire anche questo servizio, dall'altro cerca di ridurne il più possibile l'ingombro, approfittando anche del fatto che la qualità di stampa di oggi è notevolmente migliore rispetto a quella di un tempo, per cui sul foglio non ci finiscono macchie di inchiostro a forma di lettere, ma scritte perfettamente distinguibili, quando ingrandite. 

Il trattamento è questo: si usano solo lettere maiuscole e senza interlinea. Le lettere della riga superiore sono praticamente appiccicate a quella inferiore, e a complicare le cose c'è il fatto che tra le due deve esserci una linea nera, altrimenti sarebbe impossibile sapere i numeri sulla destra a quale azienda si riferiscono. 

Metto un righello accanto a questo listino e viene fuori che tre righe occupano all'incirca quattro millimetri. 

Poco più di un millimetro per riga, lettere ingrandite fino al limite. Occhio alle intestazioni: ciano e magenta non sono allineati.

Provo a fare una misurazione su un numero maggiore di righe per ottenere un risultato più accurato. Abbiamo 39 righe in 54 millimetri. 

Ossia righe da 1,38 millimetri circa. Che equivalgono praticamente a 4 punti tipografici. 

Che non è il corpo del carattere, ma l'interlinea. Nel senso che in un font digitale il la maiuscola è solo una frazione del corpo. Nel Bahnschrift Condensed ad esempio, le maiuscole sono circa il 70% del corpo: il resto è spazio bianco da riservare agli accenti e ai tratti discendenti delle eventuali minuscole. Quindi per avere maiuscole alte 4 punti bisognerebbe impostare il font a una dimensione maggiore e poi ridurre l'interlinea per eliminare spazio bianco tra una riga e l'altra. 

Mi pare che ai vecchi tempi i giornali non scendessero sotto il corpo 5.5, e anche qui potremmo stare su quelle dimensioni lì (il dato preciso non si può sapere senza avere il font digitale in uso). 

Questo non significa che impostando un testo in quella dimensione sul nostro computer otterremmo qualcosa di leggibile. Due sono i fattori che contano: quale font scegliamo e che tipo di stampante abbiamo. Sul monitor invece non ci sono problemi, tanto si può sempre ingrandire. 

Un'altra osservazione ancora: la stampa a colori dei quotidiani si basa sul metodo della quadricromia. L'immagine di ogni pagina viene scomposta in quattro colori di base (ciano, magenta, giallo e nero), e ogni componente genera una lastra che viene montata in una parte diversa della rotativa. I colori vengono applicati sul foglio uno alla volta, e le varie parti della macchina devono essere regolate con estrema accuratezza, oltre al fatto che macchine più precise possono costare di più. 

Fare le regolazioni richiede tempo e costa, perché bisogna stampare delle copie di prova, fermare le macchine, vedere in quali direzioni i colori non sono allineati, regolare e far ripartire il tutto. Ma nei quotidiani c'è la fretta di completare il lavoro, perché le copie vanno smistate e caricate sui furgoni per essere consegnate alle edicole della regione entro l'alba, e lo stesso centro stampa può avere altri quotidiani da stampare nella stessa notte. Inoltre nessuno si aspetta di trovare delle foto di qualità sulla carta di giornale. Quindi alcune pagine possono venire fuori peggio di altre, specie se hanno meno foto o sono meno importanti o se qualcosa va storto nella rotativa. 

Nel mio caso sulla prima pagina di economia c'è un disallineamento tra ciano e magenta. E siccome le etichette degli articoli e le linee di separazione dovrebbero essere della stessa tonalità di blu della testata (non un colore puro) abbiamo scritte blu con una specie di ombra magenta da un lato. Le intestazioni delle sezioni del tabellone con le varie lettere dell'alfabeto, essendo molto piccole, sono praticamente sdoppiate e i due colori si toccano solo in parte. 

La qualità delle immagini è comunque accettabile, mentre non c'è nessun problema per quanto riguarda articoli e titoli, che sono in inchiostro nero puro. 


L'intestazione della stessa pagina dove c'è il listino a confronto con quella della pagina successiva (in alto). Sulla prima ciano e magenta sono disallineati di forse un quarto di millimetro. Sull'altra si sovrappongono alla perfezione. Nessun problema per le scritte in nero, realizzate con un solo inchiostro senza bisogno di correzioni. 


Nella pagina col listino c'è una foto del ministro Urso. Qui vediamo un dettaglio del viso, largo circa un centimetro, su carta. Anche se i colori non sono allineati, il personaggio è comunque riconoscibile per cui la qualità di stampa è tutto sommato accettabile. 


Un ingrandimento della E della testata del Tempo, in prima pagina. Il colore del logo si ottiene con parecchio ciano e un po' di magenta. Qui i due colori sono disallineati in maniera minima per cui si possono vedere i puntini di magenta spuntare sotto le forme. Per gran parte della sua storia, la testata del giornale era in nero come tutto il resto. In seguito è stato scelto un colore distintivo mentre molti giornali hanno preferito lasciare in nero il loro nome (Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa), scegliendo colori caratteristici solo per linee, tabelle o elementi aggiuntivi. I colori distintivi nella stampa sono sempre ottenuti in quadricromia, mentre nel packaging si possono usare dei colori puri. 

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